(di Luigi Chiarello) – L’Italia è un vaso di coccio tra bocce di ferro? I militari hanno il mal
di pancia perché il governo vuole tagliare i fondi alla difesa? Se solo l’Isis
ci invadesse farebbe un sol boccone dello Stivale?
Questi luoghi comuni, a leggere gli analisti di Credit Suisse, sono
panzane, pinzillacchere, puro vittimismo disfattista.
La verità signori è che, capacità nucleare a parte, l’Italia è la seconda
potenza militare europea. Per dotazioni convenzionali viene dopo la Francia, ma
precede addirittura Regno Unito e Germania. E al mondo, l’Italia si colloca
addirittura al settimo posto, ex aequo con la Corea del Sud, ben prima di Israele
e Turchia, ad esempio.
Siete caduti dalla sedia? Anche noi, ma questi dati giungono da un
freschissimo report sulla fine della globalizzazione redatto dal Centro di
ricerca di Credit Suisse, che ha incrociato i suoi dati con i ricercatori del
Sipri, un istituto internazionale indipendente di ricerca sulla sicurezza
globale con sede a Stoccolma, e con gli outlook del Global Firepower, un
valutatore sulle capacità mlitari delle potenze mondiali.
Il report è credibile? Come già detto, nell’epoca del nucleare, le forze
convenzionali non sono l’unico indicatore della forza militare. Ma va anche
sottolineato che sull’atomica vige una specie di duopolio. Infatti, secondo il
report 2015 del Sipri, Russia e Stati Uniti hanno ancora in pancia oltre il 90%
delle scorte mondiali di armi nucleari. La guerra fredda, di fatto, non è mai
finita.
In relazione alla credibilità degli indicatori, poi, molto banalmente e
un tanto al chilo, si potrebbe obiettare che gli svizzeri sono neutrali, quindi
un dubbio sulla loro capacità di valutare le dotazioni militari è lecito, oltre
che istintivo. Ma, pregiudizio per pregiudizio, non si può certo negare che le
banche svizzere abbiano una consolidata esperienza nel misurare l’affidabilità
dei clienti in base ai loro asset. O anche dei loro concorrenti. E gli Stati,
spesso, sono sia l’uno che l’altro.
In ogni caso, tornando al report, Credit Suisse confessa subito che
«determinare la forza degli eserciti moderni non è un’impresa da poco». E in
effetti, normalmente è un lavoro per servizi segreti. Senza contare che,
spesso, i corpi militari assolvono a una miriade di funzioni, che esulano dai
loro compiti e che divergono da paese a paese in base a necessità specifiche.
Così, per riuscire a classificare le potenze militari, ponendole in una
relazione coerente tra loro, Credit Suisse ha creato un indice di forza
militare ponderato, basato su sei elementi chiave consistenti nelle dotazioni
necessarie per affrontare una moderna guerra convenzionale. E cioè: personale
militare attivo, mezzi di terra (tanks), aerei, elicotteri d’attacco,
portaerei, sottomarini.
La super potenza americana. In base a questi parametri Credit Suisse ha
stilato una graduatoria, un G20 della potenza militare mondiale. La superiorità
militare degli Stati Uniti rispetto ai rivali ne risulta confermata. Al secondo
posto c’è ancora la Russia, la Cina si colloca al terzo, mentre al quarto posto
spunta un’altra sorpresa: il Giappone.
La flotta americana conta su 13.900 aerei, 920 elicotteri d’attacco, 20
portaerei e 72 sottomarini. E supera di gran lunga quella delle altre due
superpotenze. Gli Usa nel solo 2014 hanno speso per la difesa 610 miliardi di
dollari, uno sforzo economico di molto superiore alla somma delle spese
militari effettuate dalle altre nove nazioni che compongono la top ten di
Credit Suisse.
Il limite del report e la debolezza tedesca. Detto ciò, nel report Credit
Suisse confessa anche un limite del suo indice di potenza militare: sebbene
questo consenta ad oggi un confronto tra le capacità dei singoli paesi, non
tiene conto delle serie temporali. E questo non permette letture storiche, ne
misurazioni tra i tassi di crescita delle capacità militari delle singole
nazioni.
Balza agli occhi, poi il caso tedesco: nonostante l’elevata capacità
economica, la Germania si colloca molto in basso nella classifica militare.
Il motivo? Credit Suisse spiega che il risultato è dovuto alla scarsa
flottiglia di portaerei e sottomarini in dotazione ai tedeschi. Due parametri
questi che pesano molto nel calcolo della media ponderata che determina
l’indice. E che è così costruito: il personale attivo pesa per il 5%, i tanks
per il 10%, gli elicotteri d’attacco per il 15%, la flotta aerea per il 20%, le
portaerei e i sottomarini per il 25%.