Carabinieri

INTERROGATO IL CARABINIERE CHE UCCISE IL LADRO: “NON VOLEVO SPARARE”

Interrogato l’appuntato accusato di omicidio colposo per aver sparato il 24 febbraio, all’albanese di 35 anni, è quanto riporta il seguente articolo a cura di Paola Paganelli per il Resto del Carlino.

«Non volevo sparare». Lo ha ripetuto ieri durante l’interrogatorio in procura l’appuntato dei carabinieri accusato per aver sparato e ucciso un albanese di 35 anni, il 24 febbraio a Monte San Giusto. Il militare è indagato per il reato di omicidio colposoconnesso all’eccesso di legittima difesa. Quel pomeriggio, la pattuglia era stata chiamata un via Don Minzoni per una serie di tentati furti. Quando i militari notano una Fiat Brava che risultava rubata a Terni, si appostano per vedere chi sarebbe andato a prenderla. Poco dopo arriva un uomo, che sale in tutta fretta a bordo.

I carabinieri – come prevede il regolamento – estraggono le pistole e intimano l’alt. Ma l’uomo non si ferma. A quel punto sarebbe partito il colpo di pistola, che avrebbe perforato il montante dell’auto e raggiunto il fuggitivo alla testa: due giorni dopo l’uomo è morto. Dalle impronte digitali, si è scoperto che si trattava di Klodjan Hysa, un albanese di 35 anni già noto alle forze dell’ordine con diversi alias e numerose denunce per furto. Per chiarire come siano andate le cose, e valutare le eventuali responsabilità, il sostituto procuratore Enrico Riccioni ha disposto l’autopsia sulla vittima, per capire la traiettoria del proiettile, e una perizia balistica, per ricostruire in base al tragitto fatto sempre dal proiettile e capire così la posizione dell’appuntato e quella del fuggitivo. Sia i risultati dell’autopsia fatta dal medico legale Antonio Tombolini, sia la perizia balistica eseguita dall’avvocato Sandro Evangelisti con l’ingegnere Carlo Frezzotti, sono stati consegnati in procura.

Una volta avuta una ricostruzione di come potrebbero essere andate le cose, il procuratore capo Giovanni Giorgio e il sostituto Riccioni hanno convocato l’indagato, che ieri pomeriggio ha dato ufficialmente la sua versione. L’interrogatorio è durato circa 45 minuti. Il militare, difeso dall’avvocato Pietro Siciliano, ha ripetuto di aver impugnato la pistola per intimare l’alt con la destra, e di aver tentato di aprire lo sportello con la sinistra.

L’albanese però era partito di corsa andando contro di lui, e il collega della pattuglia, per toglierlo dalla traiettoria dell’auto, lo aveva strattonato all’indietro facendogli perdere l’equilibrio, e così sarebbe partito il colpo. Le parole del militare saranno messe a confronto con i risultati della perizia, che per ora sono top secret ma che, a quanto sembra, potrebbero dare ragione all’indagato e, dunque scagionarlo. Le procedure seguite dalla pattuglia sarebbero state comunque conformi alle regole dell’Arma.

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