Difesa

IN LIBIA PARTONO 200 PARÀ CON IL SAN MARCO. PINOTTI: “LIBIA CI CHIEDE AIUTO”

(di Vincenzo Nigro) – Curare i militari libici che combattono l’Isis a Sirte “è un obbligo morale, come è nostro dovere rispondere alla richiesta di aiuto del governo libico “. La ministra della Difesa Roberta Pinotti oggi presenta alle Camere i piani del governo per schierare in Libia 100 medici e infermieri militari protetti da 200 paracadutisti della Folgore.

Pinotti in questi giorni ha pianificato con il suo Stato maggiore la missione che era stata chiesta ormai da mesi all’Italia dal governo di Serraj. Richiesta avanzata prima al premier Renzi, poi al ministro degli Esteri Gentiloni e da ultimo anche al sottosegretario agli Esteri Enzo Amendola a Tripoli il 9 agosto. Proprio ad Amendola il governo Serraj e soprattutto i capi di Misurata avevano consegnato una lettera del Consiglio presidenziale con tanto di bolli e timbri ufficiali quasi a implorare l’Italia: aiutateci, il numero di morti e feriti sta piegando le città che combattono l’Isis, innanzitutto Misurata. E l’Italia alla fine ha deciso questo intervento medico-militare proprio per scongiurare un collasso di Misurata. Il Ministro della Difesa insiste: “I militari del Governo di accordo nazionale stanno combattendo il terrorismo anche per noi, non possiamo girarci dall’altra parte. Li abbiamo curati in Italia, abbiamo inviato medicinali, li sosterremo anche in Libia”.

La missione parte quindi come risposta a un appello umanitario, ma si svolge in un Paese che da 5 anni è in preda a una pericolosissima guerra civile. Per questo la Difesa ha deciso di impegnare anche un nucleo di 200 parà della Folgore. Ma i 100 sanitari con le stellette avranno anche la copertura aerea della portaerei Garibaldi e dei caccia dell’Aeronautica schierati nelle basi di Trapani, Gioia del Colle e Sigonella. Il “teatro” in cui si svolgerà il lavoro di medici e infermieri verrà sorvegliato dall’alto anche dai droni dell’Aeronautica militare, e a terra dal 186esimo reggimento della Folgore. “La Libia è un Paese in guerra, ma anche un Paese in cui i fronti cambiano repentinamente, le minacce possono essere molto pesanti: dovevamo proteggere al meglio i nostri medici”, dice una fonte del Ministero della Difesa. A Palazzo Baracchini ricordano quando tre anni fa a Tripoli una missione di addestramento della polizia libica di Esercito e Carabinieri italiani venne stata costretta a riparare alla meglio dopo un assalto alla base in cui avvenivano gli addestramenti, con il rischio di vedere saccheggiate anche le armi utilizzate. E c’è poi il tragico esempio della folla di jihadisti e militanti che quattro anni fa assaltò il consolato Usa di Bengasi uccidendo l’ambasciatore e altri 3 americani, un esempio di come “in Libia la minaccia non possa essere fronteggiata semplicemente come in un ospedale italiano, con dei metronotte alla sbarra”, dicono alla Difesa.

Pinotti e Gentiloni quindi oggi alle 13 presentano i loro piani alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato; confermeranno che il luogo in cui schierare l’ospedale è la base dell’accademia aerea di Misurata, compound già occupato dalle forze speciali americane, britanniche e italiane. Nel pomeriggio, non appena saranno terminati i lavori parlamentari, il Ministero della Difesa darà ordine alla nave San Marco della Marina Militare di dirigere verso la Libia dal porto di La Spezia, dove sono stati caricati mezzi e uomini della Folgore e della Sanità militare.

Il vero problema è che, con un tempismo quasi sorprendente, mentre l’Italia decide di schierare di fatto la Folgore a protezione di Misurata, all’Est la milizia del generale ex gheddafiano Khalifa Haftar ha attaccato i porti petroliferi che erano controllati da una milizia alleata del governo centrale. Sabato aveva lanciato un’offensiva per conquistare i terminal di Zueitina, Brega, Sidra e Ras Lanuf. Ieri secondo informazioni ancora non confermate la milizia delle Guardie petrolifere di Ibrahim Jadran avrebbe riconquistato Ras Lanuf e Sidra, mettendo in fuga i mercenari sudanesi e ciadiani che combattono per il generale.

A Tripoli il Consiglio presidenziale ha denunciato gli attacchi del generale che “minano la riconciliazione “, dando incarico al ministro della Difesa Bhargati (ufficiale ed ex collega di Haftar) “di chiamare tutte le unità militari a far fronte all’aggressione contro le installazioni ed i porti per riprenderli ed assicurare la loro protezione”. Una nuova fase nella guerra civile di Libia è molto probabile, anche se tutti lavoreranno per evitarla. Il colpo basso di Haftar ormai ha fatto passare in secondo piano la lotta ai terroristi dell’Isis. In Libia ormai si combatte apertamente per una cosa soltanto: il petrolio.

Repubblica

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