Esercito

Il capo dell’Esercito Masiello: «Prepariamoci alla peggiore delle ipotesi: il prossimo fronte sarà l’Africa»

La Svolta dell’Esercito Italiano: Un Nuovo Approccio alla Difesa Moderna

La rivoluzione nell’Esercito italiano parte da un dettaglio: le tute mimetiche hanno sostituito le classiche divise anche negli uffici di via XX Settembre. Un segnale forte voluto dal generale Carmine Masiello che, a nove mesi dal suo insediamento come capo di Stato maggiore, sta guidando una trasformazione epocale: dalle tecnologie al mindset, nulla sarà più come prima. L’obiettivo? Un esercito pronto alle sfide del futuro.

Il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, annuncia una radicale trasformazione della cultura militare italiana per affrontare le sfide emergenti del panorama geopolitico globale.

Ritorno al Futuro della Preparazione Militare

«Oggi bisogna prepararsi all’ipotesi peggiore. È un ritorno al passato, perché quando mi sono arruolato eravamo formati alla prospettiva di un conflitto totale», dichiara il generale Masiello in un’intervista a Repubblica. Ma il ritorno alle origini richiede un approccio innovativo: «Oggi però ci vogliono militari diversi: le guerre attuali mettono in discussione lo stereotipo del militare come figura improntata alla rigidità».

La Sfida del Cambiamento Culturale

La trasformazione più significativa riguarda la mentalità dell’istituzione. «C’è bisogno di una capacità di adattamento che è in contrasto con i canoni dell’organizzazione gerarchica. E questo è il passo più difficile: cambiare la cultura dell’Esercito», sottolinea Masiello. Il generale evidenzia la necessità di superare l’approccio tradizionale: «Dobbiamo uscire dall’approccio degli ultimi venti anni che era quello dell’approntamento, ossia della preparazione solo in vista di una specificazione missione, in Libano o altrove. Ora il cambio degli scenari mondiali impone di passare da approntamento a addestramento. Bisogna essere pronti all’ipotesi peggiore e quindi sapere fare tutto: avere la capacità di fronteggiare situazioni nuove, il che impone di pensare fuori dagli schemi. Dobbiamo spingere le nostre donne e i nostri uomini a esplorare strade nuove, dal punto di vista della riflessione e delle procedure.  Ad esempio, in addestramento bisogna imparare a sbagliare: gli errori sono costruttivi. Scenari complessi richiedono flessibilità per misurarsi con l’imprevisto: sapere rischiare, uscire dalla comfort zone. Solo i valori dell’Esercito sono immutabili: restano la nostra forza. Si è visto in ogni crisi: noi ci siamo e non ci fermiamo mai, nonostante le difficoltà, perché dentro abbiamo un fuoco che ci ha portati a scegliere questa vita e a essere pronti a fare tutto per il Paese, fino all’estremo».

Visione Strategica e Nuove Frontiere

Guardando al futuro, Masiello delinea le priorità: «Lo sforzo più significativo che stiamo facendo è pensare a quali saranno le sfide dei prossimi 15-20 anni». L’attenzione è rivolta su due fronti principali: «Noi stiamo assistendo a una rivoluzione militare e ci vuole un approccio che non può essere evoluzionario. E’ lo spirito con cui cerco di formare i futuri quadri. Noi come gli altri eserciti occidentali ci siamo ritrovati impreparati davanti alla situazione che si è verificata in Ucraina e ora stiamo correndo per reagire. Reagire all’Ucraina e prepararsi all’Africa. Penso che sarà un problema grosso. Per vincere però non bisogna reagire ma agire. Lo sforzo più significativo che stiamo facendo è pensare a quali saranno le sfide dei prossimi 15-20 anni. Lavoriamo su due binari: reazione e proattività».

«Come dice il ministro Crosetto, dobbiamo occuparci di Africa perché sicuramente l’Africa si occuperà di noi. La sfera del nostro interesse nazionale, il cosiddetto Mediterraneo allargato, si spinge fino a Sahel. E dobbiamo concentrarci su questo continente, che è quello del futuro ma su cui c’è l’attenzione di tanti: è arrivato il momento che l’Italia e l’Europa comincino a occuparsene seriamente».

Innovazione Tecnologica e Modernizzazione

Sul fronte tecnologico, l’Esercito sta investendo significativamente nella cybersicurezza e nella digitalizzazione. «Sulla cyber abbiamo una certa tradizione e siamo confidenti di potere contrastare le offese. Abbiamo creato il 9° reggimento Rombo che è il nostro fiore all’occhiello: sintetizza le capacità cibernetiche con quelle per operare nella dimensione elettromagnetica. Per me è una priorità: è la punta diamante del futuro tecnologico dell’Esercito. In quel reggimento c’è l’Unità 23 in cui sono concentrati i cervelli migliori, quelli che hanno la capacità di vedere gli sviluppi e realizzare gli strumenti necessari. Nella selezione del personale stiamo molto attenti a individuare chi ha specifiche competenze sui computer e software. E diamo un punteggio incrementale ai concorsi a chi ha già il patentino per i droni. Stiamo facendo una sforzo enorme: c’è bisogno della dronizzazione della forza armata. Abbiamo appena chiuso un contratto per cominciare a equipaggiare due brigate con qualche centinaia di droni. Ne serviranno tanti: vanno distribuiti fino alle unità più piccole e devono entrare nel modo di pensare fino al livello tattico. Il problema è come tenerli aggiornati. Un mio omologo mi ha detto: “Il drone ha una vita tecnologica di 5-6 mesi, poi bisogna pensare ad altro”. Questo con le nostre regole crea un problema; oserei dire che dobbiamo riflettere come produrli in proprio e comunque sfruttare al massimo capacità dei nostri ragazzi e ragazze».

Il contrasto alla disinformazione

«Guardi questa mail arrivata sulla mia posta elettronica: è il messaggio di un sedicente soldato russo che scrive in perfetto italiano di combattere in Ucraina per la pace e di amare il nostro Paese… Il problema c’è. Stiamo sviluppando iter formativi per i nostri quadri, ma solo all’interno del mondo militare. Abbiamo un reggimento comunicazioni operative, il “Pavia”, che ha le skills per aiutarci in questa attività. In fondo eravamo abituati alla guerra informativa: orientare gli atteggiamenti della popolazione era qualcosa che facevamo durante le missioni di pace per creare consenso intorno ai nostri contingenti. Dobbiamo però imparare a difenderci, soprattutto sui social: serve un’azione informativa ed educativa per il nostro personale».

Verso un sistema misto tra volontari brevi e professionisti

«Parlare di numeri è sempre difficile. Ritengo che 10mila in più non bastino ma questo non vuol dire che bisogna creare strumento di professionisti di non so quante migliaia di donne e uomini. Il discorso è politico e mi limito alle valutazioni tecniche: penso che ci siano attività che non richiedono soldati professionisti con una preparazione approfondita e lunga come l’attuale. A livello di Stato maggiore dell’Esercito stiamo ragionando su sistema di tipo misto: quali incarichi possono essere affidati a volontari che restano in servizio per un anno? Ad esempio possiamo formarli solo per il contributo alla sicurezza di Strade Sicure. Queste riflessioni sono collegate alla creazione di una riserva, dimenticata dopo la fine della leva: invece serve perché l’Ucraina insegna c’è bisogno della capacità di prolungare gli sforzi a lungo. Penso appunto a un sistema misto: volontari in ferma breve, che poi alimentano la riserva e questo costituisce titolo preferenziale per entrare stabilmente nelle forze armate. Ciò permetterebbe di aumentare l’organico in maniera meno onerosa».

Trasformare la selezione

«Trasformare la selezione è stata una delle mie priorità. – sottolinea Masiello a Repubblica – Abbiamo modificato i parametri dei concorsi per i volontari in ferma iniziale, la cui immissione in servizio contribuisce all’abbassamento età media. Non c’è più la barriera delle prove fisiche: stiamo adottando un sistema, già usato da altri eserciti, che è di accompagnarli una volta arruolati a raggiungere nei primi tre mesi la forma fisica di cui abbiamo bisogno. Le cose vanno meglio: il concorso del 2025 ci ha dato 3200 idonei, un numero altissimo che non si vedeva da tempo e ci ha obbligato ad aumentare le infrastrutture per l’addestramento usando la base del 9° reggimento alpini all’Aquila. Nei primi quindici giorni un decimo degli idonei lascia: perché vogliono affermarsi diversamente, perché non sono abituati ai ritmi della caserma o non sono interessati alla vita militare. In sintesi, nei primi quindici giorni prende forma la dialettica tra la passione o l’ambizione personale e le regole della vita militare. Non è un problema: chi sceglie questa vita deve sapere che ci sono regole da accettare. Questi volontari in ferma iniziale – tre anni di servizio rinnovabili per altri tre – vanno tutti nelle unità operative, perché da giovani devono fare il soldato sul serio».

Le idee non gradi

«Questa è una mia fissazione: ridurre distanza tra centro e reparti, mettere lo Stato maggiore al servizio delle unità. In un’organizzazione gerarchica non è semplice: c’è bisogno del convincimento e del coinvolgimento di tutti. Ci sono diverse iniziative: ho creato una casella di posta elettronica chiamata “Meno burocrazia” a cui tutti possono scrivere e sono arrivati tanti suggerimenti, soprattutto sugli aspetti organizzativi e procedurali. Tante proposte le stiamo concretizzando, ad esempio sulla logistica. Poi in ogni reparto è stato introdotto un responsabile dell’innovazione, che può essere un ufficiale o un graduato: l’importante è che abbia la capacità di guardare avanti. E questa figura si interfaccia con il comandante del reggimento Rombo: può fare arrivare le idee al vertice. L’ultima iniziativa che ho inventato si chiama “un caffè con il capo”: ogni settimana incontro cinque-sei tra soldati, sottufficiali e ufficiali che abbiano meno di quarant’anni, ossia quelli che intercettano le novità. All’inizio sono intimoriti, poi ci togliamo le giacche con i gradi e si sciolgono: da ogni colloquio esco con idee sulla formazione, sulle aspirazioni, sull’organizzazione. Cose che non sarei mai riuscito a immaginare, perché dal vertice non si riescono a vedere e attraverso la gerarchia non sarebbero mai arrivate sulla mia scrivania».

Infodifesa è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale

Cosa Aspetti? Al costo di meno di un caffè al mese potrai leggere le nostre notizie senza gli spazi pubblicitari ed accedere a contenuti premium riservati agli abbonati – CLICCA QUI PER ABBONARTI

error: ll Contenuto è protetto