Difesa

I PRINCIPALI PROGRAMMI DELLE FORZE ARMATE ITALIANE

(di Franco Iacch per Gli Occhi della Guerra) – Nell’ultimo piano presentato alla Commissione della Difesa alla Camera, l’Esercito italiano ha formulato la richiesta per l’acquisizione di un veicolo blindato di nuova generazione e di un elicottero d’assalto. Nello specifico, le richieste riguardano l’acquisizione del Centauro II ed una versione aggiornata dell’elicottero A-129 Mangusta.

I programmi dell’Esercito: Il Centauro II

L’Esercito italiano propone l’acquisto di una prima tranche di undici carri armati Centauro II di pre-serie, seguiti da 39 veicoli di produzione. Oltre all’acquisizione, previsti dieci anni di assistenza logistica. L’acquisizione per un valore di 53 milioni di euro potrebbe finalizzarsi entro il 2023. Dotato di un cannone di ultima generazione da 120/45 mm, con freno di bocca integrato pepper box e sistema di caricamento automatico, il Centauro II rappresenta la logica evoluzione del Centauro, il primo antitank ruotato 8×8 nel mondo con un cannone ad alta pressione. Il Centauro II ha una potenza di fuoco pari a quella dei più moderni carri armati da battaglia ed è in grado di sparare tutte le munizioni di ultima generazione da 120mm NATO, APFSDS e multiruolo. Per garantire la massima mobilità è dotato di un motore di ultima generazione, un nuovo cambio automatico e di un sistema elettronico di frenaggio e controllo. Seppur mantenendo la trasmissione ad H, elemento caratteristico della famiglia Centauro, il telaio è stato modificato per garantire una migliore protezione antimina e anti IED, add-On balistici di ultima generazione installati sullo scafo che assicurano la massima protezione contro i proiettili ad energia cinetica. Anche la torre segue il concetto di protezione modulare mediante add-on balistici. Le munizioni situate nello scafo e nella torre sono separate rispetto alla zona dell’equipaggio da setti separatori a prova di esplosione, pannelli pre-intagliati per contenere gli effetti di una deflagrazione e sistemi dedicati anti-esplosione per garantire all’equipaggio maggiore sicurezza. La torre del Centauro II è dotata di ottiche di ultima generazione per il comandante e il mitragliere e di una serie di sistemi di comunicazione e di commando e controllo cha assicurano la massima consapevolezza della situazione. Sulla torre può essere installata una Hitrole Light RCWS in grado di aumentare la flessibilità in scenari other-than-war, garantendo la massima protezione dell’equipaggio. Ottantaquattro Centauro sono stati venduti in Spagna e nove in Oman, mentre 141 veicoli italiani in eccesso sono stati acquisiti dalla Giordania.

Exploration and Escort Helicopter

L’Esercito italiano ha presentato richiesta anche per il programma Exploration and Escort Helicopter, per lo sviluppo di un sostituto dell’A129 Mangusta, che inizierà ad essere ritirato dal servizio nel 2020. Le Forze Armate italiane chiedono un prototipo, tre velivoli di pre-serie ed una piattaforma con Capacità Operativa Iniziale entro il 2025. Anche i velivoli di pre-serie dovranno essere successivamente aggiornati con Capacità Operativa Iniziale. Costo della prima fase del programma stimato in 487 milioni di euro. L’elicottero da Esplorazione e Scorta A129 Mangusta fu sviluppato inizialmente con funzioni anticarro, armato con missili filoguidati TOW e razzi da 81 mm. Ha avuto il suo battesimo del fuoco in Somalia durante l’operazione Restore Hope (1992-1994) sempre nella versione anticarro, ma armato anche di mitragliatrici da 12,7 mm installate in appositi pod subalari. Ha partecipato alle operazioni in Albania nel 1997, nella Repubblica di Macedonia ed in Kosovo (1998-2000) oltre che nei recenti teatri in Iraq e Afghanistan. Secondo le specifiche, il nuovo Mangusta dovrà essere in grado di effettuare missioni di tre ore, equipaggiato per le comunicazioni satellitari e Link 16 ed armato con cannone da 20 millimetri, razzi non guidati da 70 millimetri e missili aria-terra Spike. Il carico utile massimo, secondo i documenti, dovrà essere di 1.600 kg.

Manned-Unmanned Teaming

L’esercito richiede anche la tecnologia MUT (Manned-Unmanned Teaming). La tecnologia Manned-Unmanned Teaming concede ad un pilota che si trova su una piattaforma volante (elicottero o caccia) la capacità di controllare una formazione di droni. La nuova strategia, già adottata dagli USA, prevede un’evoluzione costante dell’automazione sul campo, con piloti umani destinati a divenire comandanti sul campo. I piloti diverrebbero comandanti sul campo nelle retrovie. L’Esercito italiano, nell’aprile dello scorso anno, ha testato per la prima volta il TUAV, Tactical Unmanned Aerial Vehicle, Shadow 200. L’obiettivo sarebbe quello di schierare le piattaforme a pilotaggio remoto a sostegno dei nuovi A-129 per le attività di scouting-reconnaissance (S/R) e di targeting-fire support (T/FS) e nella condotta delle più comuni attività d’impiego degli assetti dell’AVES nella terza dimensione a supporto delle unità terrestri e in sinergia con queste ultime. Il Mangusta II dovrà restare in servizio per 30 anni. L’Esercito italiano opera attualmente con 48 Mangusta operativi, 32 dei quali aggiornati rispetto al progetto originale. Sedici Mangusta sono utilizzati per la formazione. L’AW-129 Delta, evoluzione della precedente versione, fornisce maggiore accuratezza nell’osservazione diurna e notturna, attraverso la dotazione optoelettronica ed è equipaggiato con un nuovo laser per designare gli obiettivi. Caratteristica principale è l’integrazione tra il sistema OTSWS, Observation, Targeting and Spike Weapon System, con il cannone da 20 mm ed il missile aria-terra Spike-ER a guida elettro – ottica (portata tra i 400 e gli 8.000 metri), utilizzabile sia in modalità fire and forget che fire and observe. Infine la modalità fire and steer consente il lancio del missile senza aver agganciato il bersaglio, con guida manuale durante il volo e/o passaggio alla modalità fire and forget.

Soldato Futuro: continua la sperimentazione

Lanciato nel 2002, il programma Soldato Futuro è realizzato dall’esercito e da un consorzio di imprese (tra cui Iveco, Oto Melara e Beretta) guidate da Selex, nel tentativo di equipaggiare il soldato italiano del XXI° secolo. L’iniziativa fa parte di un programma più ampio denominato Forza NEC, che prevede la digitalizzazione dei veicoli, come il VBM Freccia, in una struttura net-centrica. Con un budget di 1,1 miliardi di euro, il programma Forza NEC (Network Enabled Capabilities) ha richiesto (solo per il 2015) 235 milioni di euro, secondo quanto emerge dal bilancio del governo. Nel 2010, il programma è entrato in fase di “risk reduction”. Alcune componenti del programma Soldato Futuro sono state testate durante la Trident Juncture, la più grande esercitazione annuale della NATO che si svolta lo scorso anno in Italia, Spagna e Portogallo con unità terrestri, aeree e navali e con forze speciali di tutti i paesi Nato. La Brigata Meccanizzata Pinerolo dell’Esercito italiano è stata scelta per testare le nuove tecnologie.

Il software principale del programma Soldato Futuro è ormai maturo, così come il visore notturno che è stato già testato in Afghanistan ed il nuovo casco da 800 grammi. Completano la suite anche giubbotti antiproiettile ed indumenti protettivi contro le minacce chimiche, biologiche e nucleari. La telecamera termica dovrebbe essere disponibile per ogni plotone. Il carico medio del soldato sarà di 30/40 chili: peso ritenuto accettabile dai militari. Ad oggi sono in corso delle acquisizioni di un certo numero di esemplari per la sperimentazione, anche se il programma Soldato Futuro è stato fortemente rivisto e semplificato rispetto a quanto immaginato dieci anni fa. ComProjectse, per esempio, la dotazione di occhiali (una sorta di Google Glass) collegati in Bluetooth per la condivisioni delle immagini o la capacità di connessione in Wi-Fi per comunicazioni entro i cento metri tra uomini e veicoli. Proposte eliminate. C’è poi il problema principale e, cioè, quello legato al costo. Il Software Defined Radio (un sorta di ricevitori radio software multistandard) ha quasi raggiunto lo stesso prezzo di un Lince dell’esercito. Forza Nec prevede, infatti, il riutilizzo dei sistemi già in dotazione alle forze armate. Il Network Enabled Capabilities mira ad integrare tutti sistemi principali delle forze armate dell’esercito: Siaccon, Siccona, Blue Force Situational Awareness ed il Software Defined Radio.

I programmi della Marina: le Fregate europee multi-missione

Il programma FREMM italiano prevede la costruzione di dieci unità, ad oggi tutte già ordinate. Lo scorso 30 settembre, presso lo stabilimento Fincantieri di Muggiano (La Spezia), è stata consegnata alla Marina Militare la fregata “Alpino”, la quinta unità del programma FREMM – Fregate Europee Multi Missione – commissionate a Fincantieri nell’ambito dell’accordo di cooperazione internazionale italo-francese, con il coordinamento di OCCAR, l’organizzazione congiunta per la cooperazione europea in materia di armamenti. L’impegno finanziario complessivo è di circa undici miliardi di euro, 4,6 dei quali a carico dell’Italia. Il programma nasce dall’esigenza di rinnovamento della linea delle unità della Marina Militare della classe Lupo (disarmo completato nel 2003) e Maestrale (prossime al raggiungimento del limite di vita operativo), con il coordinamento di OCCAR, l’organizzazione congiunta per la cooperazione europea in materia di armamenti. “Alpino” è la quinta unità FREMM che Fincantieri realizza e consegna completa del sistema di combattimento alla Marina Militare, la quarta in configurazione ASW – Anti Submarine Warfare, ovvero la capacità di navigazione silenziosa a velocità significative in caccia antisommergibile. Con 144 metri di lunghezza e un dislocamento a pieno carico di circa 6.700 tonnellate, le fregate FREMM rappresentano un’eccellenza tecnologica: progettate per raggiungere una velocità massima di 27 nodi e accogliere fino a 200 persone (equipaggio e personale), queste navi sono in grado di garantire sempre un alto grado di flessibilità e la capacità di operare in un ampio spettro di scenari e tutte le situazioni tattiche. Tali unità svolgeranno i compiti assegnati alla Marina Militare possedendo capacità operative in svariati settori: lotta anti-aerea, anti-sommergibile, anti-nave, di supporto di fuoco dal mare  oltre ad una componente elicotteristica organica imbarcata. Le FREMM sono destinate a costituire la spina dorsale della Marina Militare dei prossimi decenni.

F-35B

L’unica portaerei italiana, la Cavour, pensata per ospitare dagli otto ai  dodici F-35B, dovrà essere soggetta ad interventi per ospitare lo JSF. Si ignorano, però, i tempi ed i costi dei lavori di adeguamento, non ancora iniziati. Sebbene concettualmente simile all’Harrier, l’F-35B atterra e decolla in modo diverso rispetto al caccia della McDonnell Douglas. L’F-35B in fase di decollo ed atterraggio sul ponte di una portaerei, raggiunge la spinta di 186 kN, vale a dire la stessa energia prodotta dal propulsore con postbruciatore inserito. Il motore più potente mai installato su un Harrier è il Pegasus 11-61/Mk.107, in grado di generare una spinta di 106 kN. Da qui la necessità di rivestire esternamente tutti i ponti delle navi delle marine che ospiteranno l’F-35B. Le modifiche standard comportano l’aggiunta di elementi strutturali intercostali supplementari nei punti di atterraggio, conseguente spostamento degli elementi preesistenti (illuminazione, ventilazione, tubazioni) e riprogettazione di alcuni spazi interni. Imperativo l’utilizzo del Thermion, costoso rivestimento antiscivolo resistente al calore, nei punti strategici ed operativi delle unità. La variante Short Take Off and Vertical Landing dello Joint Strike Fighter è stata presentata per conquistare l’attenzione ed i contratti dei governi che dispongono di portaerei di dimensioni ridotte. Ad oggi, la variante STOVL è stata acquistata da tre paesi: Italia, che ha formalizzato l’acquisto di trenta F-35B, Inghilterra con 138 unità e dal Corpo dei Marine con 350 piattaforme di quinta generazione. L’Australia ha deciso di non acquistare l’F-35B per le sue due portaelicotteri d’assalto a causa delle enormi spese necessarie che avrebbe dovuto sostenere per modificare le navi. Il primo ministro australiano Tony Abbot avrebbe voluto utilizzare gli F-35B sulle due navi d’assalto da 27 mila tonnellate della Marina militare. Per ospitare l’aereo, però, le navi avrebbero richiesto profonde modifiche: nuovi radar, sistemi di atterraggio, strutture di rinforzo per la resistenza al calore del ponte di volo, rimodulazione delle linee di stoccaggio del combustibile e nuovi hangar. Le due navi d’assalto sono state progettate per trasportare elicotteri. Restano confermati, invece, i 72 F-35A. La Gran Bretagna ha già provveduto ad effettuare le modifiche necessarie sulle sue due nuove unità da 64 mila tonnellate: la HMS Queen Elizabeth e HMS Prince of Wales. La HMS Elizabeth è lunga 280 metri e potrà ospitare 36 F-35B più un gruppo di volo a rotore. Le prove in mare inizieranno nel 2017. La componente aerea sarà schierata entro il 2018, mentre il primo pattugliamento operativo avverrà nel 2020. 18 mesi più tardi entrerà in servizio anche la HMS Prince of Wales. Le modifiche sulla USS America della US Navy, nave d’assalto anfibia capofila della medesima classe, sono ormai completate. I test con la variante Short Take Off and Vertical Landing dello Joint Strike Fighter, inizieranno il prossimo ottobre, mentre è ancora in corso la formazione degli equipaggi. Le modifiche maggiori effettuate nelle 40 settimane di interventi, hanno riguardato il ponte di volo, così da renderlo in grado di sopportare il calore generato dall’apparato propulsivo dell’F-35B nei decolli e negli atterraggi verticali. La USS Tripoli, è ancora in cantiere, ma tutte le modifiche F-35B sono già state implementate in fase di costruzione. Sulla Tripoli, il ponte è stato reso più spesso ed i supporti strutturali sono già stati realizzati. La USS Tripoli sarà consegnata alla Marina USA nel 2019. Infine l’Italia. Dei 15 F-35B previsti per la Marina (ed altri 15 per l’Aeronautica), tre saranno permanentemente destinati negli Stati Uniti per operare presso l’Integrated Training Center. La Portaerei Cavour, unità da 28 mila tonnellate varata nel 2004, è stata progettata ed impostata quando il programma JSF era nella fase iniziale, motivo per cui non erano ancora disponibili tutte le necessarie informazioni sul nuovo aereo. Secondo quanto si apprende dallo Stato Maggiore Marina, lo spessore della lamiera del ponte di volo del Cavour è superiore a quello delle navi anfibie americane. Caratteristica non trascurabile in considerazione delle ben più alte sollecitazioni che subirà il ponte di volo con l’imbarco del JSF rispetto alle operazioni con l’AV-8B Plus. Si ignorano tempi e costi dei lavori di adeguamento, non ancora iniziati. Alla fine del 2011 la Portaerei Cavour ha conseguito la piena operatività con gli aeromobili attualmente in forza, fra cui gli aerei AV-8B Plus, ma non è ancora pronta a ricevere l’F-35B. Ecco perché le modifiche al ponte di volo, in grado di sopportare il calore generato dall’apparato propulsivo dell’F-35B, si rendono necessarie. La Capacità Operativa Iniziale sarà dell’F-35B sulla Portaerei Cavour è fissata al 2023. Il costo unitario di un F-35B per l’anno fiscale 2016, è di 121,33 milioni di dollari. La struttura del velivolo costa 71,81 milioni di dollari, mentre il motore F135-PW-600 accoppiato al Rolls-Royce LiftSystem costa 30.82 milioni di dollari. L’avionica ammonta a 16,33 milioni di dollari. 2.37 milioni di dollari, infine, per altre voci necessarie. L’Italia ha acquistato 30 F-35B.

L’F-35A per l’Aeronautica

Il sette settembre dello scorso anno, il primo F-35 Lightning II italiano, noto come AL-1 e assemblato nello stabilimento FACO – Final Assembly and Check Out – di Cameri, per la prima volta si è alzato in volo. E’ stata considerata una tappa fondamentale per l’Italia e per la partnership produttiva tra Finmeccanica-Alenia Aermacchi e Lockheed Martin. La FACO di Cameri è di proprietà del Governo italiano ed è gestita da Finmeccanica-Alenia Aermacchi in collaborazione con Lockheed Martin. Le attività produttive per l’F-35 presso la FACO sono iniziate a luglio 2013 e a marzo è avvenuto il roll-out del primo F-35 per l’Italia, l’AL-1. Lo stabilimento di Cameri assemblerà per l’Italia sia gli F-35A a decollo e atterraggio convenzionale sia gli F-35B a decollo breve e atterraggio verticale ed è previsto che assembli anche gli aerei per la Royal Netherlands Air Force. Gli F-35A e B sostituiranno gli AV-8 Harrier, i Tornado Panavia e gli AMX in dotazione all’Aeronautica e alla Marina italiane. Oltre ad avere la responsabilità delle attività produttive alla FACO, Finmeccanica-Alenia Aermacchi produce cassoni alari completi per la flotta degli F-35A. Il mandato di produzione assegnato a Finmeccanica-Alenia Aermacchi, quale partner strategico per l’assemblaggio dei cassoni alari degli F-35A, è uno dei più ampi di competenza italiana nell’ambito del programma F-35 e prevede l’assemblaggio di 835 cassoni alari.

Finmeccanica partecipa al programma F-35 anche con Selex ES, responsabile di diversi sistemi elettronici del velivolo. Il costo unitario di un F-35A per l’anno fiscale 2016, è di 109,88 milioni di dollari. La struttura del velivolo costa 64,47 milioni, mentre il motore F135-PW-100 13,06 milioni di dollari. L’avionica ammonta a 16,74 milioni di dollari. I restanti 15,61 milioni di dollari riguardano le altre voci necessarie. L’Italia ha acquistato 60 F-35A. La capacità di trasportare internamente i sistemi d’arma è prerogativa essenziale per un profilo stealth pulito. La capacità interna di un F-35, non è da caccia da superiorità aerea. Ed in effetti non lo è, in quanto una piattaforma esclusivamente tattica a supporto degli EFA (per l’Italia). L’F-35 non è stato progettato per la superiorità aerea, ma per eccellere in contesti che enfatizzano il Beyond Visual Range (BVR), in ambienti ad alta intensità di informazioni connesse in rete. Se dovessero funzionare come promesso, le capacità del velivolo saranno veramente notevoli. Sia nel 2014 che nel 2015, l’Italia ha investito nella spesa militare una media di 23 miliardi di dollari l’anno.

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