GUERRA DI CIFRE SUL RIORDINO DI POLIZIA, ARMA E FINANZA
(di Marco Ludovico) – Il braccio di ferro sui tagli alle forze dell’ordine è in corso e durerà a lungo. Ieri il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha annunciato a Porta a Porta di aver «inviato una lettera a Palazzo Chigi sul numero delle auto blu del Viminale da mettere sul mercato: sono 78 da mettere su eBay», il negozio online.
Atti simbolici, mentre la vera guerra corre sulle cifre del commissario alla spending review Carlo Cottarelli, che sottolinea come abbiamo cinque forze di polizia con una spesa complessiva di 20 miliardi l’anno. E ricorda che per il rapporto del sottosegretario Piero Giarda, durante il governo di Mario Monti, «solo dall’efficientamento delle polizie (anche senza sinergie)» il risparmio possibile era di 1,7 miliardi. Cottarelli indica invece 800 milioni l’anno prossimo e 1,7 nel 2016. Dunque, come dice il premier Renzi, si corre: serve «un piano di riforma da completare entro settembre 2014 con il vincolo di raggiungere l’obiettivo di risparmio indicato» scrive il rapporto Cottarelli. C’è poco da trattare, insomma: trovate il modo, dice il commissario, ma definite subito misure con questi obiettivi di risparmio. Con cifre più basse – 200 milioni nel 2015, 400 milioni nel 2016 – si coinvolgono prefetture, vigili del fuoco e capitanerie di porto. C’è un lavoro in corso del sottosegretario all’Interno Giampiero Bocci proprio sulla riduzione degli oneri degli affitti, in primis dei vigili del fuoco. Un tema tracciato anche in un documento del Dipartimento di pubblica sicurezza, guidato dal prefetto Alessandro Pansa, consegnato a Cottarelli alcune settimane fa. Il dossier, intitolato «La spending review delle forze di polizia – Documento programmatico» fa notare che sui fitti, tra Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato, nel triennio 2014-2016 si potranno realizzare 52 milioni di risparmi e con la Gdf altri 7,5 milioni. L’impegno, aggiunge il Dipartimento Ps, «è nella direzione di eliminare ogni possibile duplicazione di risorse, umane e finanziarie». Ma c’è già stata «una drastica riduzione dei consumi intermedi che, nel 2013, hanno subito un taglio del 25%»: da 840 a 623 milioni su un bilancio complessivo di 7,5 miliardi. E proprio nell’incipit del documento si legge: «Azioni di cost reduction» ipotizzate «non potranno ancora impattare sul personale» o anche «su capitoli di bilancio già sofferenti, se non con un preoccupante abbassamento degli standard operativi». Martedì scorso il comandante generale della Gdf, Saverio Capolupo, aveva detto in Senato: «Oltre questo livello non si può andare. In media lo stipendio di un militare della Gdf è di 1.400-1.500 euro al mese e sono cinque anni che non c’è un euro di aumento». Capolupo tocca un problema che attraversa tutto il comparto difesa e sicurezza: il blocco stipendiale scattato nel 2011. Da allora, in particolare, chiunque sia stato promosso di grado non ha ricevuto il corrispettivo aumento. La conseguenza poco nota è stata una serie infinita di situazioni aberranti ma concrete. Il colonnello comandante di un reparto in una grande città del Nord, che guadagna meno – anche 5-600 euro netti al mese – di un suo pari grado di una provincia minore del Sud. Superiori con lo stipendio inferiore a quello dei loro dipendenti, fino al caso di un generale di divisione che prende meno del suo colonnello. Il caso più eclatante, surreale, è il prossimo vicecomandante generale di una forza di polizia. Avrà il grado di generale di corpo d’armata ma lo stipendio di quello di divisione, perché rientra nel blocco. E prenderà meno di tutti i suoi pari grado. Di cui è, appunto, il vicecomandante.
Il Sole 24 Ore