Guardia Finanza, il governo non trova il successore. Zafarana lascia il comando al vice
Oggi la cerimonia per l’addio di Giuseppe Zafarana, il comandante in seconda prenderà l’interim. Sull’incarico definitivo interviene Meloni: “Si procede in serenità quando i tempi lo dicono”.
Il mandato di Palazzo Chigi sulle ultime nomine di primavera è sdrammatizzare, stemperare, cercare di calmare gli animi. Lo fanno i ministri, a cominciare da Matteo Salvini, e lo fa soprattutto la premier, quando pubblicamente dice che il governo procede con serenità anche sul caso, a dir poco irrituale, della Guardia di Finanza, senza «rotture» e nei tempi stabiliti. Eppure sotto la cenere gettata a manciate da Giorgia Meloni qualche tizzone ancora brucia. La scelta su cui ancora non c’è accordo tra la presidente, Giancarlo Giorgetti e i partiti è infatti quella, importante e strategica, del nuovo comandante Gdf, per la quale serve la firma del ministro dell’Economia e il «concerto» di quello della Difesa.
Verso il Cdm
Il nome alternativo in grado di riportare la pace nella maggioranza dopo il braccio di ferro che ha opposto Meloni-Mantovano a Giorgetti-Crosetto non è saltato fuori e, salvo odierne sorprese, il tempo sta scadendo. Alle cinque della sera di oggi il generale Giuseppe Zafarana, destinato alla presidenza dell’Eni, passerà con una cerimonia consegne e stellette al comandante in seconda delle Fiamme Gialle, Andrea De Gennaro. Incarico a tempo, ma «l’interim non sarà lungo», assicurano fonti di governo. Il che però non vuol dire che il fratello di Gianni, ex capo della Polizia, dovrà a sua volta lasciare il comando. Il «normale avvicendamento» potrebbe presto diventare una nomina a tutti gli effetti, formalizzata dal Consiglio dei ministri.
Non è un mistero che Andrea De Gennaro goda della stima della premier e del sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano. A Palazzo Chigi, dove ogni valutazione viene declinata coniugando i verbi al condizionale, quello del comandante in pectore è ritenuto anche per questioni anagrafiche il profilo più solido, il meno divisivo e anche quello che vanta le relazioni più forti con la leader di Fratelli d’Italia. Giovedì scorso, mentre i ministri ingannavano il tempo aspettando l’inizio del Cdm, nella stanza di Meloni si discuteva animatamente e il tema era De Gennaro sì, De Gennaro no.
I nomi alternativi
La quadra non si è trovata, perché Giorgetti e Crosetto spingevano in tandem per il comandante dei reparti speciali Umberto Sirico e sono riusciti a congelare la nomina. Ma è stato solo il primo round. Il secondo potrebbe vincerlo Palazzo Chigi, lasciando appassire la rosa dei nomi alternativi (Cuneo, Carrarini, Gibilaro, Greco, Carbone, Buratti) e strappando a Giorgetti la firma sul decreto di nomina di De Gennaro, in virtù del fatto che il ministro leghista «non ha preclusioni» sul candidato in pole. Se De Gennaro potrà restare alla guida delle Fiamme Gialle vorrà anche dire che Meloni avrà raggiunto un chiarimento con Crosetto e ottenuto dal co-fondatore di FdI un (sofferto) via libera. Il vicepremier Antonio Tajani si è detto certo che l’intesa sia vicina e che la nomina ufficiale «sarà al prossimo Cdm». Ma il ministro dell’Economia volerà domani in Giappone, per cui è probabile che la riunione di giovedì non sarà quella buona per chiudere il caso.
Il prefetto di Roma
Anche al Mef si fa di tutto per convincere che non c’è stato alcuno scontro tra la premier e i ministri e che la stampa avrebbe enfatizzato tensioni interne alla Guardia di Finanza. Il pasticcio ha bloccato anche la sostituzione del capo della Polizia, dossier che non dovrebbe però riservare sorprese. A Palazzo Chigi si è deciso di sostituire Lamberto Giannini e nominare al suo posto il «super poliziotto» calabrese Vittorio Pisani, vicedirettore Aisi sponsorizzato da Salvini. L’accordo è blindato da giorni, in attesa che si sblocchi la partita delle Fiamme Gialle. Quanto a Giannini, che Meloni vuole «spedire» a Roma come prefetto con poteri speciali sul Giubileo 2025, ieri lo hanno visto farsi il giro dell’emiciclo di Palazzo Madama stringendo la mano a senatori e capigruppo. «C’era un’aria imbarazzata — racconta un esponente delle opposizioni che era presente al concerto di Morandi —. Non è mai successo che un capo della Polizia si sia ritrovato prefetto». E come la prenderebbe, Giannini? «A sentir lui, “da servitore dello Stato”».
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