di Milena Gabanelli: «I colleghi intervenuti sul bus dirottati a Milano, salvando la vita ai 51 ragazzi a bordo, fra 20 anni avranno una pensione di 1.200 euro» spiega Vincenzo Romeo, delegato del Consiglio Centrale di rappresentanza militare (Cocer) che da anni chiede alle istituzioni di porre rimedio a tutte le criticità e le mancanze dell’arma dei Carabinieri con cui concretamente e ogni giorno, chi in prima linea difende la nostra sicurezza, deve fare i conti.
«Ogni giorno rischiano la vita per 1300 euro al mese» ha scandito più volte il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Il loro stipendio, in effetti, si aggira mediamente intorno ai 1400-1500 euro netti. In compenso «per ringraziarli – ha detto Salvini – indosso la loro divisa».
A febbraio, dopo l’ennesima comparizione pubblica nei panni, questa volta dei pompieri, la sigla sindacale Usb dei Vigili del Fuoco lo ha denunciato per la supposta violazione dell’articolo 498 del codice penale, che punisce chi indossa abusivamente l’uniforme. A proposito di uniformi: «Sono previsti stanziamenti e forse prima o poi i soldi arriveranno, ma al momento – ci dice Daniele Tissone, segretario generale nazionale del sindacato Silp Cgil – mancano le taglie piccole e quelle grandi, mancano cinturoni e divise operative». I carabinieri invece le comprano un po’ alla volta, «in tre lotti diversi – spiega Vincenzo Romeo del Cocer –, perché i fondi a disposizione non sono abbastanza per acquistarle tutte in un colpo solo».
Mancano carabinieri e poliziotti
Durante l’audizione alla commissione Difesa della Camera dei Deputati Giovanni Nistri, comandante generale dei Carabinieri, ha dichiarato: «Mancano almeno 9000 unità». Più imponente il deficit registrato dalla Polizia di Stato, dove, stando alle stime del capo Franco Gabrielli, «per compensare il turn-over e i pensionamenti servirebbero altri 60.000 uomini». Da questi numeri sembra che la costante promessa politica di garantire sicurezza ai cittadini, non sia corrisposta da risorse adeguate. Una situazione che contrasta con un altro capitolo di spesa, quello dedicato ad affreschi e monumenti.
La spesa per gli abbellimenti
Per citarne alcuni: nel 2017 sono stati spesi 48.000 euro per un’opera da collocare nella sede della foresteria e alloggi della Capitaneria di Porto di Livorno; nel 2018 invece 37.636 euro sono serviti a pagare un’opera d’arte da ubicare presso il comando aeronavale della Guardia di Finanza, all’interno dell’aeroporto di Pratica di Mare. Per le opere necessarie ad abbellire la scuola allievi marescialli e brigadieri dell’arma dei Carabinieri di Firenze Castello il bando è di 610.000 euro (nello specifico: 200.000 euro per una scultura per l’ingresso esterno di rappresentanza, 125.000 euro per un’altra nell’atrio della palazzina comando, 150.000 euro per un bassorilievo sul muro antistante la piazza d’armi, 90.000 euro per quattro pannelli pittorici da piazzare nello spazio di sosta antistante l’ufficio e la sala rapporto del comandante, 45.000 euro per altri due pannelli da affiggere sulle pareti della sala d’attesa visitatori).
37.000 euro andranno all’artista che realizzerà l’opera da ubicare nella nuova caserma della Guardia di Finanza di Pistoia. Poi ci sono i 135.000 euro con cui il provveditorato interregionale dell’Emilia Romagna per le opere pubbliche finanzierà un «bassorilievo raffigurante lo scudetto sannitico simbolo della Polizia Stradale» e a una scultura da erigere nell’ingresso. Destinazione: uffici della Polstrada di Bologna. L’elenco è lungo e quelle indicate sono solo le commissioni più recenti e anche relativamente inferiori a quelle già assegnate appena qualche anno fa, come i 110.000 euro messi a bando, nel 2014, per i mosaici da collocare negli uffici di Pordenone della Polizia di Stato. Stesso importo per un quadro ultimato nel 2016 nella sede dei Vigili del Fuoco di Piacenza. All’epoca i sindacati tentarono invano di convincere le istituzioni a ricollocare i fondi sugli interventi strutturali necessari alla caserma.
Nessuna irregolarità: lo prevede la legge
Si tratta di spese regolari, visto che una legge (la 717 del 1949), stabilisce che una percentuale dell’esborso totale per le nuove opere pubbliche sia destinato al loro abbellimento. Così, se l’importo per edificarle è compreso tra uno e cinque milioni di euro si deve assegnare all’arte il 2%; se l’uscita sale fino a 20 milioni di euro la percentuale per l’abbellimento scende all’1% , se supera i 20.milioni cala allo 0,5%.
Annualmente, l’esborso si aggira intorno ai 400.000 euro l’anno, stima al ribasso. È tutto giusto, ma quando si tratta del comparto sicurezza, e le risorse scarseggiano, cosa è giusto? In soli quattro anni, togliendo mosaici, statue e bassorilievi, sarebbero spuntati quei due milioni di euro che avrebbero contribuito a sfoltire l’elenco delle opere incompiute alla voce «caserme».
Al 31 dicembre 2017, data dell’ultima rilevazione del ministero delle Infrastrutture, i Vigili del Fuoco di Terni risulta aspettassero il completamento della nuova sede iniziato nel 2006. Nel lungo elenco delle incompiute figura la ristrutturazione della caserma Sani della Polizia di Stato di Firenze iniziata nel 2016. Quella alla caserma dei Carabinieri di Larino (Campobasso) in attesa dal 2009. I pompieri di Orvieto aspettavano invece di trovare quei miseri 400 euro necessari alla «sostituzione degli infissi e impermeabilizzazione della copertura della tettoia dell’ingresso principale».
Il contributo dei Comuni
In alcune occasioni particolari viene chiamata a raccolta direttamente la collettività. È successo nel 2014 in occasione del bicentenario della fondazione dell’arma dei Carabinieri. L’Associazione nazionale dei comuni, presieduta all’epoca da Graziano Delrio, aveva scritto una lettera alle amministrazioni locali, esaltando l’operato dei militari perché «nelle piccole come nelle grandi municipalità, il carabiniere è, accanto a noi sindaci, espressione pulsante della vicinanza dello Stato al cittadino e fiero custode di uno straordinario patrimonio di valori e idealità».
Come ringraziarli per tutto questo? Con un monumento finanziato attraverso una colletta. Da qui l’invito: «Caro sindaco, dai un contributo a piacere: questo è l’Iban, intestato all’Ente editoriale carabinieri», e la causale «contributo realizzazione monumento al bicentenario». I primi cittadini giustamente non si fecero pregare. Qualcuno impiegò i gettoni di presenza alle sedute del Consiglio; qualcun altro – persino quelli in dissesto al 2014 – decise di metterlo in carico al bilancio. Alla fine, grazie alla generosità delle amministrazioni locali, si raccolsero 956.610,46 euro. L’imponente statua, ora parcheggiata nei pressi del Quirinale, costò un po’ meno: 700.000 euro. Gli altri 256 mila sarebbero dovuti tornare in teoria ai Comuni in quanto la destinazione del contributo pubblico per legge era vincolata, destinata specificatamente al monumento. Dove siano finiti purtroppo non è noto.
Resta il fatto che la colletta funzionò, anche se i cittadini forse non sapevano di pagare un monumento. Siamo certi che avrebbero condiviso, e ancor più, se per onorare la benemerita, quei soldi fossero stati spesi per la cancelleria o le divise mancanti.