Difesa

Figliuolo: “L’Italia partecipa con 7.200 unità militari a 41 missioni internazionali”

Nel 2024 l’Italia partecipa o è pronta “a fornire il proprio contributo” a 41 operazioni internazionali grazie all’impiego di 7.200 fra uomini e donne. Lo ha detto il generale Francesco Paolo Figliuolo, comandante del Comando operativo di vertice interforze (Covi), audito al Senato sulle missioni internazionali. Secondo il generale, in media nel 2024 “saranno impiegate circa 7.800 unità, con un contingente massimo autorizzato di 12 mila unità”. Figliuolo ha aggiunto che la presenza dell’Italia in vari teatri operativi, “è parte determinante di un approccio onnicomprensivo teso a generare stabilità e sicurezza nonché a favorire lo sviluppo nelle aree di prioritario interesse nazionale”.

Il generale sarà in Libano dal 21 al 23 aprile. In questo momento ciò che serve è proprio la presenza dei peacekeeper sul campo perché comunque la loro stessa presenza è una garanzia”, ha detto Figliuolo, in relazione alla Forza di interposizione delle Nazioni Unite in Libano (Unifil). “Abbiamo dato disposizione per la protezione della Forza. Io stesso ho parlato più volte con il comandante spagnolo, il capomissione, generale (Aroldo) Lazaro). Abbiamo affinato i piani di contingenza per una evacuazione rapida che è tra le possibilità. Sarò in Libano intorno al 21-22-23 proprio per verificare e discutere anche col comandante della Forza di queste tematiche”, ha dichiarato Figliuolo. Attualmente, l’Italia ha autorizzato una consistenza massima annuale di 1.256 militari per il contingente nazionale impegnato in Libia. Di questi, 1.046 militari sono impiegati nell’ambito di Unifil, mentre 57 militari sono destinati alla Mibil (Missione Bilaterale in Libano), con presenza sia a Shama che a Beirut. Il contingente dispone di 374 mezzi terrestri e sei mezzi aerei. All’Italia è affidato il comando del Settore Ovest di Unifil.

“Nel Sahel, da luglio in avanti, abbiamo continuato le operazioni a favore della popolazione, perché l’ordine di scuderia che il ministro (della Difesa Guido Crosetto) mi ha dato, anche su mia proposta e del capo di Stato maggiore della Difesa (Giuseppe Cavo Dragone), è stato quello di fermare le attività più ad impatto prettamente militare, ma continuare con quelle umanitarie”, ha detto Figliuolo, secondo il quale, d’altronde, anche qualora si verifichi “un colpo di Stato non vediamo perché non si possa continuare a consegnare i letti per gli ammalati, indumenti e materiale didattico o fare un pozzo”.

“Non ci sono le condizioni a Rafah, all’interno della Striscia di Gaza, per schierare un ospedale da campo. Siamo eventualmente pronti a rischierare una nave-ospedale o un ospedale da campo. Le condizioni all’interno di Gaza, a Rafah, non ci sono”, ha detto il generale, secondo cui l’idea delle autorità italiana era di collocare questo assetto “vicino al valico, ma tutto questo è sempre subordinato alla possibilità di curare i pazienti”.

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