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DOPO 7 ANNI DI BLOCCO RIPARTE IL RINNOVO DEL CONTRATTO. NIENTE AUMENTI A PIOGGIA, MA SOLO AI REDDITI PIU’ BASSI

Dopo quasi sette anni di blocco, la trattativa per il rinnovo del contratto degli statali sta per partire. Il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, sarebbe già al lavoro sulle direttiva da dare all’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale della pubblica amministrazione, che siederà al tavolo con i sindacati. E’ quanto scrive Andrea Bassi per il Messaggero.it. E una prima decisione sarebbe già maturata. L’aumento della parte tabellare dello stipendio non ci sarà per tutti e tre i milioni di dipendenti pubblici. L’intenzione sarebbe quella di limitare gli aumenti solo ai redditi più bassi, sulla falsa riga di quanto fatto dal governo Renzi con il bonus da 80 euro.

Non è ancora chiaro, perché non sarebbe ancora stato deciso, se nella direttiva all’Aran sarà indicata direttamente una soglia di reddito al di sotto della quale concedere l’aumento, oppure se questo aspetto sarà lasciato alla contrattazione con i sindacati. La decisione di non effettuare aumenti a pioggia, sarebbe stata presa anche in considerazione della difficoltà ad aumentare lo stanziamento destinato dal governo al rinnovo dei contratti. Sul piatto ci sono 300 milioni, una cifra che i sindacati hanno sempre ritenuto insufficiente. Distribuendola sui circa 3 milioni di dipendenti pubblici, infatti, si sarebbe ottenuto un aumento di una decina di euro al mese. Proprio per evitare questo micro-aumento, si sarebbe deciso di dare un aiuto in questa fase, ai redditi più bassi che maggiormente hanno sofferto gli effetti della crisi economica.

LE REGOLE
Il secondo punto della direttiva all’Aran al quale sta lavorando il ministero della Funzione Pubblica, riguarda invece la parte della retribuzione legata alla produttività. Su questo punto l’intenzione sarebbe quella, per il momento, di dare attuazione alle regole inserite nella riforma che porta il nome di Renato Brunetta. Quest’ultima prevede che il 50 per cento dei premi debba essere indirizzato verso il 25 per cento dei dipendenti pubblici più capaci, mentre il restante 50 per cento andrebbe distribuito alla metà dei lavoratori. Infine, al restante 25 per cento degli statali, quelli risultati meno produttivi, non verrebbe più corrisposto nessun incentivo. Questa regola fino ad oggi è rimasta sulla carta, adesso verrà invece attuata. La direttiva della Madia all’Aran, tuttavia, dovrebbe prevedere che la sua applicazione avvenga soltanto delle more della riforma del Pubblico impiego, il Testo unico al quale da tempo sta lavorando il governo e che dovrebbe vedere definitivamente la luce dopo l’estate.

IL NODO
Il punto che resta ancora da chiarire, è quando effettivamente partirà il tavolo di confronto. Di mezzo c’è un passaggio tecnico che sta prendendo più tempo del previsto. Si tratta della riduzione da undici a soltanto quattro dei comparti del pubblico impiego. Dopo l’accordo raggiunto dall’Aran con i sindacati, la palla è passata per le verifiche al ministero dell’Economia. Una volta terminato il lavoro, la riduzione dei settori dovrà passare anche in consiglio dei ministri. Infine è previsto un parere anche della Corte dei Conti. Prima della conclusione di questo iter, il tavolo negoziale non può essere convocato. Anche perché la riduzione a soltanto quattro dei comparti (Sanità, Funzioni centrali, Funzioni locali, Istruzione e ricerca), prevede anche una riforma della rappresentanza, con una soglia di sbarramento al 5 per cento per voti e deleghe. Questo significa che le sigle più piccole dovranno aggregarsi per evitare di scomparire.

Bisognerà poi capire quale sarà l’accoglienza dei sindacati alle proposte che stanno maturando nel governo. Le sigle dei lavoratori da tempo chiedono che nel rinnovo dei contratti entri anche una quota di arretrati, quelli relativi al 2015, l’anno in cui è arrivata la sentenza della Corte Costituzionale che sbloccato il rinnovo. Il governo, invece, continua a ritenere che gli aumenti, a questo punto destinati solo ai redditi bassi, siano erogati soltanto a partire dall’anno in corso.

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