Dal Brasile stop al “Centauro” italiano: sospesa commessa milionaria per Leonardo
Una ghiotta commessa militare del valore di 4,9 miliardi di reais, la moneta brasiliana, pari a 900 milioni di euro: è quella che le italiane Iveco e Oto Melara, società della Difesa posseduta da Leonardo, hanno ricevuto dall’esercito di Brasilia. Si tratta di 98 mezzi blindati Centauro II, selezionati dal Comando Logistico (CoLog) Diretoria de Material (DMat) delle Forze armate carioca.
Lo scorso 25 novembre l’esercito brasiliano aveva confermato l’accordo, notizia che aveva fatto guadagnare ai due titoli l’1% a Piazza Affari. Il consorzio Iveco-Oto Melara ribadiva che avrebbe prodotto e venduto a Brasilia i mezzi tricolore, essendosi posizionato al primo posto nella gara per il processo di acquisizione di Viatura blindada de cavalaria média sobre rodas (Mezzi blindati di cavalleria media su ruote).
Commessa milionaria, la Borsa festeggia
La notizia, la scorsa settimana, è stata salutata in Borsa con un’impennata dei titoli delle due aziende, compresa Iveco – società dell’automotive specializzata nei mezzi commerciali ma anche nei veicoli per funzioni speciali (a cominciare da Iveco Defence Vehicles). Il contratto di fornitura, che peraltro non è stato ancora firmato ufficialmente, sarebbe estendibile – secondo le indiscrezioni – a ulteriori 120 veicoli, fino ad arrivare a un valore potenziale di 2 miliardi di euro. Equita ha calcolato che la commessa, se ci si limita alla prima tranche, rappresenti per Leonardo circa il 3% della raccolta degli ordinativi stimabile per il 2023; per Iveco, invece, dovrebbe generare il 5-6% del fatturato annuo della divisione specialty.
L’altolà del Tribunale Federale di Brasilia
Allo stesso tempo, a fronte delle buone notizie per l’Italia, l’indiscrezione ha creato qualche problema in Brasile: il Tribunale regionale federale di Brasilia, la capitale, ha infatti accolto un’azione popolare, presentata dell’avvocato Charlles Capella de Abreu, finalizzata a fare luce sulla compravendita in questione, per valutare eventuali irregolarità e soprattutto per fare luce sull’opportunità dell’acquisto. La decisione se stoppare (almeno per il momento) la commessa milionaria pende sul ricco assegno ed è nelle mani del giudice Wilson Alves de Souza.
Il risvolto politico: l’avvicendamento tra Bolsonaro e Lula
E fin qui, l’aspetto economico. Ora subentra la politica: in Brasile, lo scorso 30 ottobre, si è tenuto il secondo turno delle elezioni presidenziali, vinto con uno stretto margine da Luiz Inácio Lula da Silva, il redivivo presidente-metalmeccanico-sindacalista, tornato al potere dopo più di 10 anni, durante i quali ha subito un processo, ritenuto molto politicizzato, e il carcere. Con la sua vittoria, è finito il “regno” di Jair Bolsonaro, il controverso capo di Stato di destra, ultranazionalista e antiambientalista, la cui amministrazione è stata messa sotto accusa dagli avversari politici per la scarsa tutela dell’Amazzonia (funestata dalla deforestazione e dagli incendi) e per la pessima gestione dell’emergenza pandemica di due anni fa.
Con il cambio di passo, che si concretizzerà il prossimo 1° gennaio, molti contratti, accordi e patti presi dal presidente uscente e dal suo governo passeranno sotto l’attento esame del nuovo esecutivo, dei ministri e funzionari chiamati a ereditare le redini di uno Stato federale immenso, gravato ancora da molti ritardi e difficoltà in settori diversi dalla Difesa. La decisione di stoppare l’appetitosa commessa militare dell’esercito potrebbe quindi rientrare in una precisa strategia della vecchia guardia: mettere i bastoni tra le ruote, fino all’ultimo, a chi subentrerà dopo Bolsonaro, il perdente delle ultime presidenziali (come, del resto, capita spesso in politica ad ogni avvicendamento di carica).
A conferma di quanto appena detto, basta rileggere le dichiarazioni del giudice Wilson Alves de Souza: “In questo contesto” ha infatti detto il desembargador (il nome che indica, in Brasile, il membro di un Tribunale federale, ndr), “si vede chiaramente che l’atto in questione non risponde ai presupposti di convenienza e opportunità. Poiché è evidente una mancanza di razionalità, una divergenza di finalità, illegalità e financo di elementare buon senso. Perché non c’è altro modo per classificare questa operazione quando, mentre si tagliano i bilanci dell’istruzione e della sanità per mancanza di fondi, si intende acquistare armi in tempo di pace”. Insomma, una valutazione che suona tanto di politico e che poco sembra avere a che fare con questioni di altra natura, in primis la difesa dello Stato.