CONTRATTO, GUARDIA DI FINANZA: IN ASSENZA DI RISPOSTE CONCRETE NON FIRMEREMO IL RINNOVO
In questi giorni sale l’attenzione sul rinnovo contrattuale, con particolare riferimento al Comparto Sicurezza e Difesa. Pubblichiamo oggi la posizione del Co.Ce.R. Guardia di Finanza. “Un prolungato blocco contrattuale, un congelamento stipendiale che ha colpito in maniera più importante questo comparto rispetto ad ogni altra categoria di lavoratori, il blocco del turn-over e la contemporanea esigenza di far fronte ad emergenze senza precedenti negli ultimi 30 anni (terrorismo, immigrazione, calamità naturali e crisi economica), hanno profondamente segnato il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico.
L’art. 9, comma 17, del Decreto Legge 78/2010, convertito in legge dall’art 1, comma 1, della Legge n. 122/2010, ha impedito il rinnovo dei contratti di lavoro per circa sette anni, senza possibilità di recupero. Solo grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n. 178 del 24.06.2015, che ha sancito l’illegittimità costituzionale di tale norma dal giorno successivo all’emanazione della sentenza stessa, è stato restituito al personale il diritto all’aggiornamento periodico dello stipendio.
Per queste ragioni, che attengono al rapporto, sancito dalla Carta Costituzionale, tra la qualità e quantità del lavoro prestato dal lavoratore ed il diritto a percepire un’equa e giusta retribuzione, rivendichiamo un rinnovo contrattuale adeguato, che non svilisca ulteriormente la dignità del nostro lavoro. Per questi oggettivi e sostanziali motivi ed altresì per la costante dimostrazione di senso del dovere e per una specificità, sancita dalla Costituzione e ribadita con la legge n.183/2010, ma che in assenza di risorse si risolverebbe solo sul piano della limitazione dei diritti soggettivi del personale, crediamo che sia necessaria una particolare attenzione in occasione di questo rinnovo contrattuale.
Riconosciamo al Governo di aver invertito il trend degli ultimi anni, fatto solo di tagli, ricominciando ad investire nel settore sicurezza. Lo sblocco del tetto salariale, lo sblocco del turn-over, le assunzioni straordinarie ed il recente riordino delle carriere, sono concrete testimonianze di questa tendenza. Peraltro, la mancata adozione di tali politiche o la loro non decisa prosecuzione in futuro porterebbe, inevitabilmente, alla pericolosa crisi di uno dei più delicati e fondamentali comparti dello Stato. Nondimeno, reputiamo imprescindibile incanalare la procedura di rinnovo del contratto all’interno di schemi corretti, che coniughino al meglio la necessaria rivalutazione delle retribuzioni, così come sancito dalla Corte Costituzionale, con il corretto finanziamento dei servizi di sicurezza svolti a favore della collettività.
In questa prospettiva, dopo la convocazione presso il Dicastero della Funzione Pubblica dello scorso 25 luglio, durante la quale la parte pubblica ha comunicato formalmente l’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro, ci saremmo aspettati l’inizio di un confronto effettivo, volto a definire termini e condizioni del nuovo contratto. Abbiamo dovuto invece rilevare non solo che ciò non è avvenuto, ma che il Governo ha anche eluso gli obblighi cui era tenuto per legge ad adempiere. Non si è infatti proceduto alla convocazione presso la Presidenza del Consiglio delle rappresentanze militari e dei sindacati del comparto né in sede di presentazione del DEF, né della manovra di bilancio, così come stabilito dall’art. 8 bis del d.lgs. n. 195/1995. L’art. 8 bis era stato introdotto proprio per dare rappresentatività agli oltre 400 mila addetti al comparto, i quali non possono, per legge, essere rappresentati dalle Organizzazioni Sindacali del pubblico impiego e che, per quelli che rivestono lo status militare, patiscono anche della limitazione delle materie contrattuali e delle procedure di verifica della loro attuazione.
Riteniamo quindi imprescindibile che il Governo superi questa grave violazione di norme, provvedendo ad una specifica convocazione delle rappresentanze militari e delle organizzazioni sindacali del comparto, relativa alla definizione della legge di bilancio, prim’ancora che procedere ulteriormente nell’iter di negoziazione del rinnovo contrattuale. Sul fronte delle relazioni sindacali e rappresentative, inoltre, vi è la necessità di rimarcare l’esigenza di recuperare quegli spazi di confronto, che negli ultimi anni hanno subìto un forte ed ingiustificato ridimensionamento, ma che sono innegabilmente vitali per la democrazia del Paese e per il buon funzionamento degli apparati di Polizia. Del resto, il nodo preliminare ed ineludibile che deve essere sciolto è quello delle risorse disponibili sul tavolo della trattativa, che necessitano di un effettivo e reale incremento. Non possiamo riconoscere come valide le intese intercorse fra parte pubblica e i sindacati confederali in ordine alle risorse da destinare ai rinnovi contrattuali del pubblico impiego, in considerazione che non è stata data, ad oggi, alcuna possibilità di confronto sul tema alle rappresentanze militari e alle organizzazioni sindacali che legittimamente rappresentano il personale del comparto. Al riguardo, rileviamo che le risorse concordate in quella sede, 85 euro medi lordi a regime, sono ben lontane dal compensare il potere di acquisto perso dalle retribuzioni in forza del prolungato blocco contrattuale stimabile in circa 400 euro. Inoltre, non possiamo sottacere la totale inadeguatezza delle somme ipotizzate per il rinnovo dei contratti (85 euro lordi mensili), che spalmati sui parametri e tassati, si tradurrebbero in un aumento pro-capite medio di circa 30 euro mensili nette e solo a far data dal primo gennaio 2018. 3 Di contro, se gli 85 euro mensili fossero utilizzati anche per finanziare la rivalutazione delle indennità accessorie (notturni, festivi, super-festivi, ordine pubblico, straordinario, ecc.), che sono ferme da più di dieci anni, l’aumento netto sul trattamento stipendiale principale si tradurrebbe in pochi euro pro-capite. Altresì, le annualità 2016 e 2017 verrebbero paradossalmente ristorate solo con una misura una tantum del tutto inadeguata e non con un aumento contrattuale pieno. Inoltre la “vacanza contrattuale” corrisposta in attesa del rinnovo contrattuale, bloccata al valore del 2010, sarà peraltro riassorbita dai futuri aumenti stipendiali.
Oltre ciò, rimarrebbe da finanziare il rinnovo della parte normativa, con aspetti non più procrastinabili, molti dei quali hanno riflessi economici sui trattamenti accessori. Per queste ragioni, nonostante gli sforzi mostrati dal Governo, riteniamo completamente insufficienti le risorse attualmente ipotizzate per i rinnovi contrattuali degli operatori di polizia e del soccorso pubblico. E’ del tutto evidente, quindi, la necessità di compiere un ulteriore sforzo, anche mediante forme di detassazione-defiscalizzazione delle indennità accessorie e del F.E.S.I. (in quanto rappresentano investimenti e non spese improduttive), soprattutto in un periodo in cui la sicurezza rappresenta uno dei bisogni più importanti e sentiti dai cittadini, da garantire anche con forme di prevenzione e di collaborazione con organismi europei e internazionali, non solo attraverso la sola repressione.
Conseguentemente le risorse sin qui assentite, ma non ancora in concreto neanche disponibili, non possono che essere impiegate per incrementare la quota fissa della retribuzione, in modo da compensare, seppur parzialmente, tutti gli addetti al comparto delle perdite di valore subite dai loro trattamenti. Resta quindi aperto il tema delle indennità che rappresentano la parte variabile della retribuzione, le quali in un comparto specifico come il nostro – per il quale è ordinario ciò che per altri è straordinario: mobilità sul territorio nazionale ed estero, lavoro notturno, festivo e straordinario, imbarco navale ed aereo ecc. – assumono un peso rilevantissimo. Tali voci sono ferme non già da sette anni, in coincidenza con il blocco stipendiale, bensì da molto prima, atteso che la cronica carenza di risorse ha impedito, già in occasione dei precedenti rinnovi, la loro rivalutazione.
Alcuni esempi: 4,1 euro per l’indennità oraria notturna ferma dal 2002; 12,00 euro lordi per l’indennità festiva ferma dal 2004. In alcuni casi si sfiora il ridicolo: l’indennità di rischio vale 41 centesimi di euro al giorno. Gravissima è poi la situazione del lavoro straordinario, sia in termini di valore attribuito alla prestazione, sia con riguardo al concreto e tempestivo pagamento della stessa. Peraltro, il blocco del turn over, con conseguente riduzione degli effettivi disponibili e, in prospettiva, la definitiva riduzione delle piante organiche disposte con la c.d. riforma Madia, hanno determinato un consistente e costante ricorso a questa tipologia di lavoro al fine di coprire le sempre più stringenti necessità di tutela della sicurezza pubblica.
Ciò premesso, reputiamo indispensabile ritornare alla valorizzazione del lavoro straordinario che era prevista dal D.P.R. 150/1987, il quale prevedeva un meccanismo automatico di aggiornamento del valore della prestazione straordinaria, collegato al valore di quella ordinaria, non essendo in alcun modo accettabile la destinazione di risorse contrattuali per il pagamento di prestazioni che, come in ogni altro contratto, devono essere finanziate direttamente dal datore di lavoro. Altresì, la peculiarità della Guardia di Finanza richiede la creazione di un’indennità di polizia economico finanziaria, finalizzata a remunerare la specifica professionalità dei suoi appartenenti in un sistema di salario accessorio di comparto, essenzialmente disegnato per corrispondere a missioni istituzionali di altre amministrazioni Infine, riteniamo che la concertazione sia anche la sede nella quale attivare tutte le iniziative necessarie a risolvere, definitivamente, l’annoso problema dell’avvio della previdenza complementare del comparto. Una problematica delicata e decisiva per il futuro dei giovani che intraprendono questa professione e che ad oggi non ha trovato paradossalmente alcuna soluzione, a causa del mancato finanziamento, nonostante gli innumerevoli impegni assunti dai Governi di ogni orientamento e la nomina di commissari ad acta dopo gli interventi giudiziari. Pertanto, si chiede che l’Esecutivo si assuma l’impegno a realizzare una forma di tutela previdenziale integrativa e volontaria, rispondente alle caratteristiche del Comparto Sicurezza.
È quindi imprescindibile l’istituzione di una commissione tecnica composta da Governo, rappresentanze sindacale e Amministrazioni, per la formulazione di una proposta condivisa nel corso della presente trattativa. In questa prospettiva, abbiamo richiesto da tempo un incontro con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, proprio per partecipargli la nostra contrarietà verso l’ipotizzato rinnovo contrattuale. Nel rispetto dei legittimi ruoli, confidiamo, nell’attenzione del Presidente del Consiglio e dell’Esecutivo, acché vengano individuate ulteriori risorse necessarie a valorizzare il lavoro dei finanzieri. In assenza di concrete risposte alle nostre legittime rivendicazioni, interpretando la volontà degli appartenenti al Corpo che rappresentiamo, non potremo sottoscrivere il rinnovo contrattuale.”