COMPARTO SICUREZZA E DIFESA: I DIRIGENTI DIVENTANO GENITORI? SOLO PER LORO IL 2,5% DI AUMENTO STIPENDIALE
Il beneficio economico spettante per la nascita dei figli previsto dalla legge è stato erogato fino al 1987. Da tale data continua ad essere percepito soltanto per i figli del personale dirigente. Tale elargizione è ampliamente consolidata all’interno del Comparto Sicurezza e Difesa. Ma vediamo specificatamente di cosa si tratta.
L’art. 22 del R.D.L. 1542/1937 (“Provvedimenti per l’incremento demografico della Nazione”) stabilisce che nei riguardi dei dipendenti delle Amministrazioni statali, che percepiscano retribuzioni suscettibili, secondo le disposizioni vigenti, di aumenti periodici, il periodo in corso di maturazione alla data della nascita di un figlio si considera compiuto dal 1° del mese in cui avviene la nascita, se questa si verifica entro il giorno 15, e in caso diverso dal 1° del mese successivo.
Il D.L. 283/1981, convertito con L. 6 agosto 1981, n. 432, stabilisce, all’art. 16, che, ai fini dell’attribuzione degli aumenti periodici biennali per la nascita di figli o per altre situazioni previste dalle norme vigenti, si conferiscono aumenti periodici convenzionali del 2,50 % sulla classe stipendiale di appartenenza, riassorbibili con la successiva progressione economica.
Nei riguardi del personale “non dirigente” non si procede al riconoscimento dello scatto anticipato per incremento demografico in data successiva al 31 dicembre 1986 (L. 14 novembre 1987 n. 468) in quanto, a quella data, per l’anzidetto personale, è stato introdotto nell’assetto stipendiale il sistema della Retribuzione Individuale di Anzianità in sostituzione della precedente progressione economica per classi e scatti, nella quale risultava possibile corrispondere in anticipo “lo scatto stipendiale” e il relativo assorbimento correlati alla nascita di un figlio.
L’attuale normativa stipendiale introdotta dal D.Lgs. n. 193/2003 (“Sistema dei parametri stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, a norma dell’articolo 7 della L. 29 marzo 2001, n. 86”), all’art. 6 c. 2, dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2005 la retribuzione individuale di anzianità, compresa anche quella eventualmente rideterminata ai sensi del comma 1, non è soggetta ad alcun ulteriore incremento o rivalutazione.
Nel 2012 è intervenuto in materia il Consiglio di Stato (sentenza n. 1681/2012) evidenziando che l’art. 1 comma 3 D.L. 16 settembre 1987 n. 379, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1987 n. 468, prevede che per il personale militare “il valore per classi e scatti in godimento al 31 dicembre 1986, con l’aggiunta della valutazione economica dei ratei di classe e scatto maturati al 31 dicembre 1986, costituisce la retribuzione individuale di anzianità” (c.d. R.I.A.). Identicamente per il personale della Polizia di Stato (art. 3 comma 1 D.P.R. 10 aprile 1987 n. 150).
Entrambe le norme appena richiamate hanno sostituito la progressione retributiva per classi e scatti con il nuovo istituto della “retribuzione individuale di anzianità”, con la conseguenza, che, alla stregua di un’interpretazione logico-sistematica, la nuova normativa appare incompatibile con le previsioni della precedente normativa sullo scatto anticipato per sopravvenire di figlio. A pensare diversamente, infatti, si perverrebbe al risultato che la progressione retributiva per classi e scatti – sostituita a decorrere dal 1° gennaio 1987 con un sistema nuovo, fondato sulla “retribuzione individuale di anzianità” per il personale militare – dovrebbe rivivere solo per l’attribuzione di benefici del tutto particolari: conclusione, questa, palesemente irragionevole e, come tale, da disattendere. Né potrebbe accettarsi l’obiezione che questo esito sarebbe iniquo e inaccettabile sotto il profilo che la semplice modifica della struttura del trattamento economico del personale militare inquadrato nei livelli retributivi comporterebbe la perdita di benefici, laddove gli stessi benefici continuerebbero ad essere riconosciuti in favore della dirigenza militare, soltanto perché, per gli appartenenti a quest’ultima, resta ferma la progressione per classi e scatti. Il rilievo non considera che la categoria dei dirigenti costituisce una carriera a sé, completamente distinta e separata dal restante personale, per cui una diversa disciplina del rispettivo trattamento economico è pienamente ammissibile.
D’altro canto, la circostanza che ancora esistono carriere retribuite con classi e scatti è sufficiente spiegazione del perché l’art. 1 comma 1 D.L.vo 179 del 2009 (c.d. decreto Calderoli) abbia salvato, del R.D.L. 1542 del 1927, esclusivamente la provvidenza dell’art. 22, che, di fatti, fin dall’origine, si riferiva solamente ai dipendenti il cui trattamento economico si articoli, appunto, in classi e scatti.
E’ assurdo che dopo decine di sentenze che riconoscono tale beneficio a tutti vi sia l’ostinazione a concederlo per i soli figli dei dirigenti – commenta il delegato Co.Ce.R. carabinieri Giuseppe La Fortuna – si tratta di una evidente disparità e scarsa considerazione, ormai inaccettabile. I figli per lo stato devono essere uguali ed avere pari dignità a prescindere che i genitori siano dirigenti, ufficiali, sottufficiali o semplici graduati. E’ una squallida forma di discriminazione evitando di scadere in squallida discriminazione da combattere, una battaglia sociale per il riconoscimento di un diritto che non può più aspettare.