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Carabinieri: non pernottava in caserma e aveva una relazione con un superiore. Punita e congedata

Il Tar di Firenze nel gennaio 2020 aveva accolto il ricorso di una giovane carabiniera non ammessa al servizio permanente effettivo poiché secondo le contestazioni contenute nelle schede di valutazione, non si sarebbe comportata in modo corretto e avrebbe intrattenuto due successive relazioni con altri carabinieri suoi superiori in servizio. In particolare con un carabiniere sposato e con figli. Tra le accuse anche quella di non aver utilizzato in alcune circostanze l’alloggio di servizio dove avrebbe dovuto dormire per regolamento, dormendo fuori caserma. All’epoca era stata punita con due giorni di consegna, fatto che aveva pesato nel giudizio finale su “qualità morali e buona condotta“.

I giudici del Tar avevano stabilito che doveva essere reintegrata nell’Arma per il servizio permanente effettivo.

Secondo il T.a.r., premesso che “entrambi i provvedimenti impugnati possono essere esaminati congiuntamente, in ragione della sostanziale identità delle argomentazioni dedotte”, ha ritenuto che il giudizio di “non meritevolezza”, in tesi basato esclusivamente “sulle schede di valutazione e su due fatti significativi, riconducibili ad un trasferimento per incompatibilità ambientale e ad una sanzione disciplinare della consegna per due giorni”, sia eccessivo ed irragionevole, giacché:

– nel formulare tale giudizio l’Amministrazione, pur nell’ambito di una “ampia discrezionalità tecnica”, dovrebbe operare “una valutazione globale del rendimento della personalità del militare, ivi compresi gli aspetti relativi alla buona condotta, alla attitudine e al rendimento”, non focalizzarsi su specifici episodi;

– nella specie, “pur tralasciando come sia rimasta incontestata la circostanza relativa al fatto che solo ed esclusivamente la ricorrente sia risultata destinataria della sanzione disciplinare (e non quindi anche il commilitone)”, comunque “l’erogazione di una consegna per due giorni deve ritenersi di per sé insufficiente a fondare un giudizio di non meritevolezza, laddove quest’ultimo non sia confermato e strettamente correlato ad un giudizio complessivo, riferito all’intero periodo di permanenza nell’Arma”;

– parimenti, “anche il trasferimento per incompatibilità deve ritenersi non dirimente, essendo stato disposto sempre in conseguenza di detta relazione sentimentale”;

– di converso, le valutazioni matricolari della ricorrente nel quadriennio di servizio sarebbero comunque globalmente sufficienti;

– infine, la Commissione di valutazione “si era espressa all’unanimità e a favore della permanenza della ricorrente nell’Arma”.

Il Comando Generale dell’Arma ha proposto appello al Consiglio di Stato, sostenendo che:

– il rendimento della ricorrente, fin dal corso di formazione, sarebbe sempre stato tutt’altro che eccelso (da “nella media” del triennio 2014-2017 ad “inferiore alla media” dell’ultima valutazione prima del congedo); peraltro, la ricorrente non avrebbe mai impugnato le schede valutative;

– nel luglio 2016 l’appellata sarebbe stata trasferita d’autorità ad altra sede, a seguito dell’arresto, presso l’abitazione da lei condotta in locazione, di un maresciallo dell’Arma (poi incorso nella perdita del grado), con cui l’appellata, “sebbene assegnataria di posto letto in caserma”, intratteneva una relazione sentimentale;

– anche nella nuova sede l’appellata violava il vincolo di accasermamento notturno (derogabile solo per espressa deroga dei superiori) per una relazione con un sovrintendente, la rottura della quale avrebbe provocato una reazione dell’appellata tale da indurre il sovrintendente ad allertare la Centrale Operativa dell’Arma: a seguito di tale vicenda l’appellata avrebbe ricevuto la sanzione disciplinare di due giorni di consegna;

– a seguito di tale episodio, l’appellata sarebbe stata assente dal servizio per oltre sei mesi e, in tale arco temporale, sarebbe stata altresì riconosciuta temporaneamente inidonea al servizio;

– contrariamente agli assunti del T.a.r., anche il sovrintendente coinvolto nella vicenda sarebbe stato sanzionato disciplinarmente con due giorni di consegna e trasferito d’ufficio;

– in termini generali, l’ammissione al servizio permanente effettivo sarebbe subordinata al fatto che il militare, “tenuto conto di tutto ciò che ne ha caratterizzato in senso positivo e negativo la figura ed il rendimento fornito nel corso del vincolo”, dunque in esito ad una valutazione globale, unitaria e sintetica, sia ritenuto, con valutazione ampiamente discrezionale, “meritevole per qualità morali e culturali, buona condotta, attitudini e rendimento, di continuare a prestare servizio nell’Arma”;

– è vero che la Commissione di avanzamento espresse parere favorevole all’ammissione dell’appellata al servizio permanente effettivo, ma, a prescindere dal fatto che tale parere non avrebbe carattere vincolante, altri quattro pareri espressi dai diretti superiori gerarchici (la Compagnia Carabinieri di Lucca, il Comando Provinciale Carabinieri di Lucca, la Legione Carabinieri Toscana ed il Comando Interregionale Carabinieri “Podgora”) ne avrebbero invece motivatamente proposto la non ammissione al servizio permanente.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato il ricorso in appello presentato dall’Amministrazione, riportando quanto il Comando ha valorizzato:

– il livello delle valutazioni matricolari conseguite nel tempo dall’interessata, tutt’altro che pregevoli e, oltretutto, peggiorate nel corso del tempo;

– l’irrogazione di una sanzione disciplinare di corpo;

– la sottoposizione ad un trasferimento d’autorità per incompatibilità ambientale, misura che, pur prescindendo dalla colpa dell’interessata, è comunque volta ad esclusiva tutela dell’Istituzione ed è adottata allorché il prestigio e la funzionalità del Corpo non siano presidiabili altrimenti.

In materia di ammissione al servizio permanente effettivo – sottolinea il Consiglio di Stato – l’Amministrazione dispone di ampia discrezionalità: il provvedimento di ammissione, infatti, ha natura ampliativa, in quanto attribuisce all’interessato un bene della vita prima non spettante, e consegue ad una valutazione complessiva sia della persona nei suoi attributi “morali e culturali”, sia del militare nella sua “condotta, attitudine e rendimento”.

Il giudizio, in altre parole, impinge in una sfera valutativa dell’Amministrazione strutturalmente esclusa dal sindacato giurisdizionale, che può solo rilevarne, ab externo, profili di macroscopica illogicità, irragionevolezza ed arbitrarietà.

Secondo il Consiglio di Stato l’Amministrazione non ha stigmatizzato la vita privata del militare in sé e per sé considerata (ciò che sarebbe stato, all’evidenza, illegittimo), ma le conseguenze oggettive che ne sono derivate sull’ordinato e regolare assolvimento dei compiti d’istituto.

In proposito, i due episodi che hanno riguardato commilitoni, oltre ad aver comportato la violazione del dovere di accasermamento, hanno avuto un oggettivo impatto sulle funzioni istituzionali del Corpo: nel primo caso, infatti, è stato necessario trasferire d’autorità l’interessata in un Comando ubicato in diversa Provincia, nell’altro caso, connotato anche dall’interessamento della locale Centrale Operativa, l’appellata è stata attinta da sanzione disciplinare (e l’altro militare, parimenti sanzionato, è stato pure trasferito d’ufficio), con provvedimenti che non risultano essere stati impugnati.

L’Amministrazione ha tratto, quindi, la convinzione che l’appellata non sia “meritevole” di ammissione al servizio permanente effettivo.

Siffatto giudizio – sottolinea il TAR – necessariamente basato su dati oggettivi, ha un intrinseco carattere prognostico, in quanto è teso a ponderare, con valutazione ampiamente discrezionale, se l’inserimento in pianta stabile nel Corpo dell’interessato, sino a quel momento avvinto da mera ferma volontaria ad tempus, sia prospetticamente proficuo per il Corpo medesimo.

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