Carabiniere vittima di staking trasferito dall’Arma: “lontano da casa per colpa del mio aggressore”
Un vice brigadiere dei carabinieri, vittima di stalking condominiale, è stato trasferito dalla sezione Radiomobile della Compagnia di Chiari alla stazione di Calcio, nella Bergamasca. Il motivo? “Incompatibilità ambientale funzionale correlata al servizio”, secondo quanto deciso dall’Arma.
Il militare aveva sporto denuncia contro il suo vicino di casa, ora obbligato a indossare un braccialetto elettronico, per mesi di vessazioni e minacce culminate in un’aggressione lo scorso 23 novembre, quando l’uomo lo aveva ferito alla mano con un coltello.
Il giudice aveva ravvisato a carico dello stalker “gravi indizi di colpevolezza” e nessuno aveva messo in dubbio che il carabiniere fosse una vittima. Ma per l’Arma il vice brigadiere non poteva più prestare servizio a Chiari, nel territorio dove risiede il suo aggressore.
TRASFERIMENTO PER EVITARE DISAGI NEL SERVIZIO
Il Comando Legione Carabinieri Lombardia ha spiegato nel provvedimento che il trasferimento era necessario per “permettere al militare di svolgere con la giusta serenità d’animo le proprie funzioni e preservare l’armonia generale del Reparto”. Il timore era che potesse mancare la necessaria serenità nell’espletamento del servizio “qualora venga chiamato ad operare presso il luogo di residenza del proprio aggressore”.
Il vice brigadiere, a soli 20 mesi dalla pensione, non ha accettato la decisione e ha presentato ricorso, ritenendola “discriminatoria e ritorsiva”, oltre che fonte di “enormi danni personali e familiari”.
MILITARE: “PUNITO PER AVER DENUNCIATO”
«Il trasferimento è discriminatorio e ritorsivo perché in contrasto con la direttiva europea che tutela le persone che nell’interesse della pubblica amministrazione denunciano reati, illeciti amministrativi o penali» ha fatto mettere a verbale nel ricorso. «Sono convinto – prosegue – che essendo vittima non è giusto subire il disagio del trasferimento fuori dalla giurisdizione della Compagnia di Chiari con enormi danni personali e familiari». E conclude: «Il trasferimento sarebbe un atto di punizione per il sottoscritto e non per il mio aggressore».
Ora toccherà al giudice valutare se le motivazioni addotte dall’Arma per disporre il trasferimento del militare stalkerizzato siano legittime e prevalenti rispetto al diritto del carabiniere di non subire conseguenze negative per aver sporto una denuncia nell’interesse della giustizia.
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