Carabinieri

Carabiniere ucciso. L’Arma parte civile? Lo Stato dice no “Siamo pochi”

«Siamo pochi ed è un omicidio colposo, si percorrano altre strade» E’ la motivazione tanto lapidaria quanto surreale, fornita dall’Avvocatura di Stato davanti alla richiesta dell’Arma dei carabionieri di costituirsi parte civile nella morte di Emanuele Anzini, il carabiniere travolto ed ucciso da un ubriaco a giugno a Terno d’Isola durante un posto di blocco notturno.

Sarebbe quindi la supposta carenza di personale a bloccare un diritto, quello di vedere riconosciuto il valore di un servitore dello Stato che perde la vita mentre fa il suo dovere. L’arma aveva formalmente chiesto di poter ottenere un risarcimento tramite la formula della costituzione di parte civile: un atto tanto simbolico quanto concreto, voluto dal comando provinciale dei carabinieri.

La procedura prevede che a decidere sia l’ Avvocatura dello Stato, l’ organo legale deputato a rappresentare le pubbliche amministrazioni, compresa dunque la stessa Arma. E l’ Avvocatura dello Stato di Brescia, che è competente anche per Bergamo, ha negato la richiesta: l’ Arma non potrà dunque essere parte civile nel processo a carico di Matteo Colombi Manzi, il cuoco di 34 anni che la mattina del 17 giugno dell’ anno scorso, mentre guidava con un tasso alcolico cinque volte oltre il limite, investì con la sua Audi A3 l’appuntato Emanuele Anzini, uccidendolo sul colpo.

Una decisione certamente accolta con amarezza al Comando e dai colleghi di Anzini. Il Colonnello Storoni preferisce evitare ogni commento. Simona Befani.

Redazione Articolo Eco di Bergamo

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