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CARABINIERE FINISCE NEI GUAI PER TOGLIERE LE MULTE AL FIGLIO DEL PM

(di Ilaria Sacchettoni) – Una
vicenda di fedeltà male interpretata, forse. Un episodio che è già costato il
trasferimento al maresciallo dei carabinieri, Domenico gaeta, factotum del
procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Che infatti, ormai da qualche giorno,
non presidia il quotidiano viavai nel salottino degli aggiunti.

Abuso
d’ufficio
Una
vicenda che nasce ad Aosta: una vacanza estiva e un’auto lanciata in velocità.
E che, dal punto di vista disciplinare, si è conclusa martedì scorso nella
stanza del Procuratore Giuseppe Pignatone. Domenico Gaeta è stato trasferito ad
altri uffici, per il momento è a disposizione del Comando provinciale dei
carabinieri. Mentre a Perugia viene aperta un’inchiesta per abuso d’ufficio
anche contro il figlio dell’aggiunto.
Vacanza galeotta
In
breve, mesi fa, ad Aosta appunto, Capaldo junior, di ritorno da una vacanza in
Francia, supera il limite, collezionando due multe per eccesso di velocità. Una
spesa e una seccatura, insomma, alla quale il fedele braccio destro
dell’aggiunto, si offre di ovviare. Ma in che modo? Un mezzo ci sarebbe. Non
proprio ossequioso delle norme, ma tant’è ci pensa il maresciallo.
Il
trucco
Gaeta
imposta al computer una lettera ufficiale, nella quale si dice che quel giorno
era lui in viaggio su un’auto di servizio fra quelle in uso alla Procura della
Repubblica e, della quale, viene precisato, ovviamente, il numero di targa. Non
è così ovviamente, ma poco importa. La lettera viene stampata, firmata,
protocollata e spedita.
I
controlli

Il
gioco sembra fatto, ma poi accade qualcosa. Dall’ufficio contravvenzioni
qualcuno esegue un controllo di routine. La vettura in questione, quel giorno,
non ha viaggiato lungo le strade di Aosta. Forse, anzi, non si è mai mossa da
piazzale Clodio perché non c’era alcun ordine di servizio che disponesse quel
trasferimento. La lettera, dunque, attesta un falso. Un’informativa della
polizia giudiziaria ricostruisce la vicenda. Tutta la documentazione parte per
la Procura della Repubblica di Perugia. A Roma resta il presidio vuoto e la
malinconica perplessità dei colleghi. 

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