Carabinieri

Carabiniere a processo, avrebbe registrato i colleghi con una microcamera

Abituato a piazzare microspie in casa o in macchina dei cattivoni — presunti, almeno — un carabiniere all’epoca in servizio al Ros (il raggruppamento operativo speciale dell’Arma) avrebbe nascosto una piccola telecamera sulla propria scrivania, così da controllare quel che succedeva nel proprio ufficio, in sua presenza o meno, comprese le chiacchiere dei suoi compagni di ufficio. E’ quanto riporta un articolo di Massimiliano Nerozzi per il Corriere.it.

“Per questo, è stato rinviato a giudizio dal gup Stefano Sala, con l’accusa di installazione abusiva di apparecchiature atte a intercettare conversazioni e, ormai un grande classico, accesso abusivo a un sistema informatico. Ovvero, le banche dati delle forze dell’ordine. Accolta dunque la richiesta del pubblico ministero Gianfranco Colace, che ha coordinato gli accertamenti dei carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura, in collaborazione con i militari dello stesso Ros.

Il prologo dell’inchiesta è in un pur consumato adagio: un’immagine vale più di mille parole. Mai fu più vero. In questo caso si parla di un frame di un video, che gli investigatori stavano visionando, nell’ambito di un’altra complessa inchiesta, che pure attraversa scenari di tecnologia e agenzie di security, meglio di una spy story: in quel fermo immagine, spunta il volto di un signore, per certi versi conosciuto. Lavora infatti per un’azienda che fornisce servizi tecnici alla stessa Procura. Va da sé, sul momento non si capisce cosa ci faccia in quel posto e in quel frangente, ripreso dalla telecamera. Convocata, la persona racconta come sono andate le cose, perché si trovava da quelle parti e chi l’aveva contattata. Spunta così fuori il nome del carabiniere, all’epoca in servizio al Ros, appunto. Un reparto che dà solitamente la caccia a mafiosi e terroristi: insomma, a gente poco raccomandabile.

Agli inquirenti, non restava che chiedere lumi al diretto interessato, sentito inizialmente come persona informata sui fatti: solo che, dopo qualche domanda, l’atteggiamento si sarebbe fatto evasivo, da false dichiarazioni al pubblico ministero. È la miccia per svolgere altri approfondimenti. Ed è così che saltano fuori quelli che sarebbero alcuni accessi abusivi alle banche dati delle forze dell’ordine — per l’ipotesi investigativa — fatti dal militare. Accessi che l’uomo avrebbe effettuato, secondo la versione fornita dallo stesso, per controlli su alcuni suoi parenti stretti, al fine di aggiornare la propria scheda. Versione che l’accusa giudica non credibile.

Di più, gli investigatori hanno poi scoperto una piccola telecamera, collegata al suo computer, che sarebbe stata puntata verso i colleghi che gli lavoravano vicino, controllandone le conversazioni, anche in sua assenza. Una telecamera — la versione difensiva fornita durante l’udienza preliminare — la cui presenza sarebbe invece stata ben in vista, agli altri militari. Un racconto che, si deduce, non ha convinto il giudice. L’imputato — interpellato attraverso il suo difensore, l’avvocato Andrea Conz — ha preferito non commentare.”

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