Avvocato Militare

Brigadiere condannato per aver definito un Appuntato “parassita dei carabinieri”. In appello cade l’accusa “ti faccio una faccia quanto un pallone”

(di Avv. Umberto Lanzo) – In questo articolo, esploreremo in dettaglio una sentenza della Corte di Cassazione, pronunciata il 09 novembre 2022.  Al centro della controversia, troviamo un brigadiere capo dei carabinieri accusato di ingiuria aggravata nei confronti di un appuntato. Un caso che solleva interrogativi profondi sul bilanciamento tra disciplina militare e diritti individuali all’interno delle forze armate.

Retroscena del Processo

Nel cuore di questo caso giuridico vi è la decisione iniziale del Tribunale Militare di Napoli, che aveva imposto al brigadiere M. una pena di sette mesi di reclusione militare. Le accuse erano gravi: minacce e insulti ripetuti nei confronti dell’appuntato G., incluso il tentativo di afferrarlo per un braccio. Parimenti, l’appuntato G. era stato condannato per insubordinazione, minaccia e ingiuria aggravata.

Tuttavia, questa sentenza è stata sottoposta a un’attenta revisione da parte della Corte di Appello, che ha portato a conclusioni diverse. La Corte ha ritenuto non sussistenti le accuse di minaccia, che erano al centro della condanna. Durante il processo, è emerso che la discussione tra i due militari era scaturita da lamentele dell’appuntato G. verso un superiore, riguardo al comportamento del brigadiere M. In risposta a ciò, il brigadiere aveva usato l’espressione “parassita dei carabinieri”, che la Corte di Appello ha interpretato come ingiuria nei confronti di un subordinato, ma non come una minaccia fisica.

Un punto cruciale della decisione della Corte di Appello riguardava le affermazioni dell’appuntato G. sull’intenzione del brigadiere di fargli “una faccia quanto un pallone” e di ucciderlo. Queste accuse non erano state confermate dai testimoni, i quali avevano riportato frasi più ambigue, tra cui “ti faccio la liberatoria”. Quest’ultima, secondo la Corte di Appello, non costituiva una minaccia. Di conseguenza, il brigadiere M. è stato assolto da questa specifica accusa.

Inoltre, la Corte di Appello ha escluso l’applicazione dell’attenuante prevista dall’articolo 198 del Codice Penale Militare di Pace (provocazione), rilevando che era stato il brigadiere M. a iniziare la discussione, eliminando così la possibilità di considerare tale fattore come un’attenuante nel giudizio.

Analisi della Credibilità Testimoni nella Sentenza della Corte di Appello

La sentenza impugnata della Corte di Appello si distingue per la sua analisi dettagliata e logica sulla credibilità della teste P., un aspetto importante nel contesto di questo caso giuridico. La Corte ha fornito una motivazione accurata su perché le dichiarazioni della teste P. siano state ritenute affidabili, nonostante fosse l’unica testimone a riferire l’ingiuria pronunciata dal brigadiere M. contro l’appuntato G.

In particolare, la Corte di Appello ha evidenziato che la teste P. era in una posizione unica per osservare gli eventi, essendo stata l’unica testimone a riportare fatti rilevanti riguardanti entrambi gli imputati. Questa circostanza ha rafforzato la sua attendibilità, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente che metteva in dubbio la sua credibilità a causa della sua relazione professionale con l’appuntato G.

La Corte ha inoltre sottolineato la precisione con cui la teste P. ha descritto l’intera vicenda, includendo dettagli secondari e dimostrando una comprensione approfondita delle ragioni alla base del diverbio tra i due militari. La sua testimonianza era particolarmente dettagliata nell’identificare i soggetti presenti e nel ricordare il momento esatto del loro arrivo sulla scena.

Al contrario, altri testimoni, come F. e V., menzionati dal ricorrente, non avevano la stessa chiarezza di osservazione. Il teste F., per esempio, era impegnato nel servizio di apertura del cancello durante l’evento e potrebbe non aver prestato piena attenzione a ogni dettaglio della discussione. Il teste V., d’altra parte, aveva notato che il brigadiere M. aveva iniziato a parlare in siciliano, un indicatore dell’intensità emotiva della conversazione, ma non aveva ascoltato l’intera discussione fin dall’inizio.

La Corte ha quindi concluso che la testimonianza della teste P. era fondata su elementi oggettivi e coerenti con il contesto generale degli eventi. Importante è il fatto che nessun altro testimone ha contraddetto direttamente la sua dichiarazione; piuttosto, hanno semplicemente affermato di non aver sentito la frase ingiuriosa in questione. In questo contesto, la Corte ha stabilito che la credibilità di un testimone non dipende necessariamente dalla conferma delle sue dichiarazioni da parte di altri testimoni, specialmente in un caso complesso come questo, dove la dinamica degli eventi e la posizione dei vari individui hanno influenzato ciò che ciascuno ha potuto osservare e sentire.

Analisi della Non Applicabilità dell’Articolo 131-bis c.p. nel Caso in Esame

Il secondo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato dalla Corte di Appello. La sentenza impugnata si è concentrata sull’applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale (c.p.), che riguarda la “particolare tenuità del fatto”. La Corte non ha escluso a priori l’applicabilità di questo articolo in situazioni dove il reato potrebbe offuscare la disciplina militare o essere commesso alla presenza di altri militari. Tuttavia, ha valutato attentamente se, nel caso specifico, fossero presenti i presupposti di particolare tenuità richiesti dalla norma.

La Corte ha analizzato le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo derivante dall’azione degli imputati. Nonostante abbia riconosciuto una generale modesta gravità dell’evento, ha stabilito che la condotta dei due imputati non poteva essere considerata di particolare tenuità. Questa valutazione si basava sul fatto che l’incidente aveva coinvolto diverse persone, incluse alcune non militari, e aveva temporaneamente distolto il personale in servizio presso il corpo di guardia dai loro doveri regolari.

Un altro aspetto chiave considerato dalla Corte riguardava l’impatto dell’evento sull’immagine della disciplina militare. La Corte ha ritenuto che l’incidente avesse danneggiato la percezione di disciplina all’interno dell’istituzione militare e avesse screditato i due contendenti agli occhi degli altri militari presenti. Questa considerazione ha portato la Corte a concludere che il danno causato dall’evento non era lieve.

La motivazione della Corte, quindi, si è conformata ai principi normativi e giurisprudenziali, e la sua valutazione è stata considerata insindacabile, non essendo emersi elementi di contraddittorietà o manifesta illogicità. In conclusione, la decisione della Corte di Appello ha sottolineato l’importanza di valutare attentamente tutti gli aspetti di un caso, in particolare quando si tratta di valutare la gravità di un reato nel contesto specifico della disciplina militare e delle sue implicazioni.

Analisi del Terzo Motivo di Ricorso: La Provocazione

Il terzo motivo di ricorso presentato dall’avvocato del brigadiere M. è stato valutato come manifestamente infondato dalla Corte. Questo motivo si basava sull’argomento della provocazione, sostenendo che le azioni del brigadiere fossero state una reazione a un presunto comportamento offensivo dell’appuntato G. Tuttavia, la sentenza della Corte ha preso una direzione differente, basandosi su un’analisi approfondita e logica delle prove e delle testimonianze disponibili.

Secondo la sentenza impugnata, la frase ingiuriosa – “parassita dei carabinieri” – era stata pronunciata dal brigadiere M. prima di ricevere qualsiasi risposta offensiva da parte dell’appuntato G. Questa sequenza degli eventi è stata confermata dalla testimonianza della teste P., la cui credibilità è stata accuratamente valutata dalla Corte. Di conseguenza, non vi era alcun “fatto ingiusto” commesso dall’appuntato G. in quel particolare momento che potesse essere interpretato come una provocazione diretta al brigadiere M.

La Corte ha anche considerato il contesto più ampio del diverbio, specificamente le lamentele inviate dall’appuntato G. per via gerarchica riguardanti l’utilizzo del centro polifunzionale da parte del brigadiere M. Queste lamentele, ritenute legittime dall’appuntato G. e da altri militari in termini di rispetto per le loro esigenze di riposo e tranquillità, non sono state considerate dalla Corte come comportamenti ingiusti o provocatori.

Inoltre, la Corte ha esaminato l’asserito astio che l’appuntato G. avrebbe nutrito contro il brigadiere M., senza trovare prove concrete a sostegno di questa affermazione. L’ipotetico astio, anche se fosse stato provato, non sarebbe stato sufficiente a giustificare una reazione così forte da parte del brigadiere M., secondo la valutazione della Corte.

In conclusione, la Corte ha dichiarato inammissibile questo motivo di ricorso, sottolineando la mancanza di un fondamento valido per la tesi della provocazione.

Conclusione: Il Rigetto del Ricorso e le Conseguenze per il Ricorrente

Alla luce delle argomentazioni esaminate e delle valutazioni effettuate, il ricorso presentato dal brigadiere M. è stato definitivamente rigettato dalla Corte di Cassazione. La decisione della Corte si fonda su un’analisi approfondita e metodica delle prove presentate, e sull’applicazione rigorosa dei principi giuridici. La Corte ha dimostrato coerenza e aderenza alla logica giuridica nel trattare le diverse sfaccettature del caso, sottolineando l’importanza di una valutazione equilibrata e dettagliata delle circostanze che circondano ogni accusa.

In seguito a questa decisione, il ricorrente, brigadiere M., è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Questa conclusione non solo sancisce la fine di un lungo e complesso procedimento legale, ma pone anche un precedente significativo per casi simili che potrebbero emergere nel contesto della giustizia militare. La decisione della Corte di Cassazione riafferma il principio secondo cui ogni decisione giudiziaria deve essere basata su un’esame obiettivo e imparziale delle prove, nel rispetto delle procedure legali e dei diritti degli imputati.

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