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BLOCCO DEI CONTRATTI DEI DIPENDENTI PUBBLICI: FUMATA NERA ALLA CONSULTA

Non si è conclusa oggi la camera di consiglio della
Corte costituzionale che deve decidere fra l’altro anche sui ricorsi contro il
blocco dei contratti del pubblico impiego negli ultimi sei anni. Lo riferisce
l’ufficio stampa della Consulta aggiungendo che la camera di consiglio
riprenderà domani. 

La questione è stata sollevata dai Tribunali
di Roma e di Ravenna dopo i ricorsi di vari sindacati del pubblico
impiego: Confedir, Flp, Fialp, Gilda-Unams, Cse, Confsal-Unsa. 
“Attendiamo fiduciosi la Camera di Consiglio. ‘Serve un atto di
giustizia” ha dichiarato Marco Carlomagno, segretario generale Flp,
il sindacato che con il suo ricorso ha innescato il giudizio di
costituzionalità. Un atto “che permetta la ripresa della
contrattazione, la difesa del potere d’acquisto falcidiato dal blocco, il
riconoscimento della dignità del lavoro pubblico. Siamo fiduciosi che la
Corte, nel solco delle decisioni di questi anni, faccia giustizia”
conclude il sindacalista. 
Le norme sul blocco dei contratti pubblici
“hanno congelato gli stipendi dal 2010 e la contrattazione per quasi
6 anni: è stato un intervento non proporzionale allo scopo” ha detto
in udienza l’avvocato Stefano Viti, uno dei legali di Flp e Fialp. Viti
ha citato dati Istat, ma anche quelli di Mef e Corte dei Conti, acclusi
agli atti: dati che “dimostrano questa dinamica che tocca 10 milioni
di italiani”. Uno degli aspetti centrali toccato dai legali
delle parti riguarda la durata del blocco. Viti, citando tra l’altro
Giuliano Amato, oggi in udienza come giudice costituzionale e allora
presidente del Consiglio, ha richiamato il blocco deciso nel 1992, quando
“avevamo da poco aderito al Trattato di Maastricht, erano andate
deserte due aste dei buoni del Tesoro pluriennali, la lira era fortemente
svalutata e, oltre alla manovra del 6 per mille su tutti i conti correnti,
fu deciso il blocco contrattuale, ma per un solo anno”. Blocco
che la Consulta legittimò con la sentenza 245/1997. Ma allora”eravamo
prossimi a una crisi ‘argentina’ – ha sottolineato l’avvocato – ora o ci è
stato taciuto qualcosa ed eravamo in una situazione simile a quella
dell’Irlanda, del Portogallo o della Grecia oggi, oppure non era così e si
è disposto un intervento che blocca le dinamiche salariali e contrattuali
e non è proporzionale allo scopo”. E nel contempo “dati Mef e
Corte dei Conti del 2014 dicono che le retribuzioni sono tornate
al livello del 2002”. “Bloccando la contrattazione
collettiva – ha aggiunto l’avvocato Michele Mirenghi, anch’egli per Flp e
Fialp – si è bloccato il meccanismo per determinare una giusta
retribuzione”. E attraverso le proroghe “si è operato di fatto
un blocco sine die, perché è vero che il blocco arriva al 2015, ma si
è prodotto un meccanismo per cui in nome della spesa pubblica lo stop
si può reiterare. Questo non è sostenibile”. 
Citando le cifre indicate
dall’avvocatura dello Stato, che calcola in 35 miliardi di euro il costo
che avrebbe una ‘bocciatura’ del blocco, Viti ha osservato che si tratta
di valori paragonabili a “una manovra finanziaria” che si
sono “fatti pesare sulle spalle dei soli dipendenti pubblici”.
Alcuni dei quali, ha riferito l’avvocato Pasquale Lattari
che rappresenta una serie di addetti del ministero della
Giustizia, “hanno ai livelli più bassi retribuzioni sui 16 mila euro
annui, pari a 1.300 euro al mese”. Per cui “sono i salari più
bassi a subire il peso maggiore. A questo si aggiunge un dato
specifico, legato al blocco del turn over – ha sottolineato –
con scoperture di organico che arrivano al 70-80% nei tribunali e
un aumento del carico di lavoro che incide sulla
proporzionalità della retribuzione, ma di questo il legislatore non ha
tenuto conto”.  Davanti alla Consulta una quarantina di
lavoratori, si sono riuniti sotto la sede della Corte, hanno così alzano cartelli
per chiedere lo “stop al blocco dei contratti della Pa”. E
ancora, un altro slogan recitava: “Contratto statali, rispetto per la
Costituzione”. All’iniziativa ha partecipato anche il segretario
generale della Confsal Unsa, Massimo Battaglia, che si è augurato
“giustizia dalla parte della Corte Costituzionale, affinché
vengano rispettati la Carta, i lavoratori pubblici e il
lavoro pubblico”.  

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