ARRESTÒ RAGAZZO IN CASA: IL PROCESSO DEL BRIGADIERE CONDANNATO PER ABUSO
Lenta, lentissima, la giustizia tra Ferrara e Bologna, tanto da celebrare il processo d’appello dopo 6 anni dal procedimento di primo grado: ieri a Bologna è iniziato il processo che vede imputato un brigadiere dei carabinieri di Cento, Daniele Sabino, accusato di aver «abusato dei propri poteri inerenti la sua funzione» e condannato nel 2011 alla pena di 5 mesi.
Il fatto risale al gennaio 2009, a Renazzo, quando durante un controllo, il carabiniere arrivò ad arrestare un ragazzo 19enne, Edoardo Tura, in casa sua. Secondo i giudici di primo grado non poteva farlo, poichè entrò impropriamente nel cortile di casa del ragazzo, dove tra i due nacque una colluttazione con tutti gli strascichi che seguirono: due processi, uno per il militare (condannato per l’abuso), uno per il ragazzo (poi assolto per resistenza). Il processo d’appello iniziato ieri davanti alla 1ª sezione (presidente Magagnoli) però scompagina tutto ciò che finora è accaduto: perchè i giudici d’appello hanno deciso, di fatto, di rifare completamente il processo che inizierà il 5 settembre.
Tutto è nato ieri in aula dalla richiesta della parte civile (i legali del ragazzo, studio Anselmo) che aveva chiesto l’acquisizione del fascicolo del processo per cui il ragazzo era stato assolto, che non fece resistenza al carabiniere perchè questi aveva abusato della sua funzione di tutore dell’ordine: una violazione di domicilio aggravata proprio dalla divisa che indossava, secondo i giudici di Ferrara. Il legale del brigadiere però ha chiesto che nel caso fosse stata accolta questa richiesta, i giudici avrebbero dovuto acquisire tutte le carte dei due processi.
Alla fine, la Corte ha deciso che allo stato degli atti non è possibile arrivare ad una decisione. Per questo motivo al processo che inizierà a settembre hanno deciso di chiamare a testimoniare il ragazzo stesso, i suoi genitori, il compagno di pattuglia di quella notte di Sabino, il maresciallo Pini, e l’addetta del pronto soccorso che medicò il ragazzo quella notte di 8 anni fa. Lo stesso legale del militare ha ribadito che pur di fronte a cavilli (mancate notifiche all’imputato) che avrebbero potuto ritardare ancora il processo e portarlo ai termini della prescrizione del reato (tutto cancellato a fine settembre prossimo), non è stata fatta nessuna eccezione «perchè – spiega l’avvocato Bova – vogliamo che si entri nel merito della vicenda con la assoluzione che noi auspichiamo». Tutti in aula, dunque, il 5 settembre per il processo da rifare.