ALLARME PIRATERIA: PER RESPINGERE GLI ASSALTI GUARDIE PRIVATE EX MILITARI
(di Luca Rocca) – Pirati armati fino ai denti, una nave mercantile italiana in mezzo al mare, al largo dell’isola di Socotra, coste della Somalia. Un attacco organizzato con un obiettivo preciso: impossessarsi della nave, prendere in ostaggio l’equipaggio e chiedere il riscatto.
È quello che accade sempre, a volte con conseguenze tragiche. Questa volta, però, il loro piano non ha funzionato. A bordo del mercantile, infatti, c’erano quattro ex militari italiani, preparati, perfettamente formati. La Marina militare era nell’area, un elicottero si è alzato in volo a protezione della nave assaltata. Lo scenario era da paura, ma in questa occasione l’attacco piratesco poteva essere respinto. E così è andata.
Erano le 18 di venerdì e la Jolly Quarzo dell’armatore Messina stava solcando le acque somale. La visibilità era scarsa. Ma non fino al punto da impedire ai potenti visori e cannocchiali in dotazione al personale specializzato di ex militari «assoldato» per proteggere i civili, l’avvistamento di tre imbarcazioni in avvicinamento. Tre barchini che avanzano verso un mercantile, perfetta «preda» dei pirati, non possono essere una caso. L’attacco è sicuramente imminente. A bordo della nave italiana scatta l’allarme, l’equipaggio «civile» viene messo al sicuro in una sala protetta, i quatto ex militari, perfettamente addestrati, si posizionano per respingere l’assalto dei pirati. Il rischio di soccombere non è da escludere. Le navi avvistate sono tre, ma nessuno può garantire che in zona, ancora non visibili, ce ne siano altre. I visori danno una certezza: gli uomini sulle tre imbarcazioni sono armati, dunque pericolosi. Vanno tenuti distanti, altrimenti la Jolly Quarzo diventa vulnerabile e le conseguenze imprevedibili. La prima imbarcazione si avvicina pericolosamente al mercantile, fino a superare il «limite di sicurezza» normalmente concesso. I pirati del barchino non si fermano, avanzano, mentre gli altri due, più a distanza, osservano pronti anch’essi ad intervenire. Ma quando la distanza col mercantile si fa troppo ridotta, i «militari» a bordo, evitando di utilizzare le armi, considerata la risorsa estrema, sparano con il lanciarazzi di segnalazione ma in direzione dell’imbarcazione. I pirati osservano, valutano, capiscono che la Jolly Quarzo è ben protetta e si allontanano. La speranza è che anche gli altri due barchini prendano il largo, desistano dall’attacco. Ma non è così. La «preda» è allettante e per un po’ considerata facile. E l’attacco continua. I pirati che occupano le altre imbarcazioni, infatti, accelerano in direzione del mercantile italiano. Questa volta l’attacco è in forze, ancora più «armato».
Su quei barchini ci sono lanciarazzi ma anche altri armi pericolose. Il rischio di avere la peggio è maggiore. Ancora una volta la reazione dei quattro ex militari, che hanno già messo al sicuro l’equipaggio a bordo, è quella giusta. E ancora una volta i lanciarazzi vengono sparati verso gli assalitori. È solo a questo punto che i pirati, respinti, decidono di rinunciare al loro «bottino», allontanandosi. Ma nessuno sa se la rinuncia è definitiva. Un altro attacco è possibile, forse probabile. Dal mercantile viene allertata la Marina militare, che nell’area ha navi antipirateria. Dalla Marina parte l’avviso alle altre unità collocate nell’area. Si alza in volo un elicottero giapponese a sorvolare la zona dell’assalto e a scortare per il mercantile. L’area ora sembra sgombra, i pirati non si vedono più, adesso, solo adesso, c’è la certezza che si sono definitivamente ritirati. L’allarme cessa solo in quel momento. Questa volta non ci sono stati morti né feriti. A impedirlo sono stati gli ex militari dell’esercito italiano «assoldati» e poi ben equipaggiati dalla Triskel Risk Management, una società di «consulenti per la sicurezza», succursale della londinese Triskel Services, specializzata nell’addestrare ex soldati. Il direttore è Luciano Campoli, che coordina le attività del gruppo. Fino a pochi mesi fa, in Italia, nessuna società privata poteva impiegare personale «civile» per la protezione delle nostre navi mercantili. Men che meno in quelle zone pericolosissime. Era un compito che spettava esclusivamente alla Marina militare. Ma nel novembre scorso, dopo il caso dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che per aver difeso dei civili sono da due anni «prigionieri» delle autorità indiane, è stato approvato il decreto 266 che consente l’uso di personale civile nell’attività di sicurezza sulle navi. La Triskel Services è stata la prima società autorizzata ed opera nel settore da cinque anni. Amministratore delegato è Massimo Cauci, un quarantenne originario di Monfalcone (Gorizia), ex istruttore della Legione straniera francese. Di recente altre due società sono state autorizzate a svolgere le stesse funzioni. Il personale, in base a quel decreto, deve essere italiano ed impiegato su navi battente bandiera italiana. Si tratta di ex militari in congedo provenienti dalle forze speciali, forze armate, marò, altamente specializzato, col preciso compito di attività antipirateria. Prima di mettere piede sulle navi italiani che percorrono acque ad alto rischio, gli ex i militari seguono dei specifici corsi, rigorosi, scuole di formazione, fino al «salto di qualità» finale che li porta sui mercantili italiani a proteggere civili dal rapimento. E qualche volta dalla morte.
tempo.it