Agente di Polizia Penitenziaria sottoposto a controlli per sospetta omosessualità: Ministero della Giustizia condannato
(di Avv. Umberto Lanzo) – Un Agente Scelto della Polizia Penitenziaria si è visto riconoscere dal TAR Piemonte il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito a seguito di un procedimento disciplinare illegittimo instaurato nei suoi confronti dal Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
I fatti risalgono al periodo in cui l’Agente Scelto prestava servizio presso la casa circondariale di Vercelli. In quella sede, sulla base delle dichiarazioni di due detenuti, veniva avviato nei confronti del poliziotto un procedimento disciplinare per presunte avances a sfondo sessuale.
Accertamenti psichiatrici invasivi e lesivi della dignità
Nel corso del procedimento, nonostante l’Agente Scelto avesse negato qualunque addebito, i superiori lo sottoponevano dapprima ad un colloquio con la Direttrice dell’Istituto e successivamente ad una visita psichiatrica presso la Commissione Medico Ospedaliera di Milano, ufficialmente per accertare una “reazione a grave stress”. In realtà, come ammesso dagli stessi vertici del carcere, lo scopo era quello di “fare chiarezza sulla personalità” del poliziotto, alla luce delle accuse di omosessualità.
La visita psichiatrica, che pure aveva escluso qualunque patologia o disturbo, aveva gettato sull’Agente Scelto l’ombra di una non meglio precisata devianza. Inoltre, la notizia degli accertamenti si era rapidamente diffusa tra i colleghi, alimentando malignità e pregiudizi. Il clima di emarginazione aveva spinto il poliziotto a chiedere il trasferimento presso il carcere di Foggia.
Nonostante l’evidente infondatezza delle accuse, come dimostrato dall’archiviazione del procedimento disciplinare, la vicenda aveva causato all’Agente Scelto un profondo stato di sofferenza. Si era sentito ingiustamente messo sotto processo per il suo presunto orientamento sessuale, e vittima di una grave lesione della sua dignità personale.
Per questo, una volta archiviato il procedimento, l’Agente Scelto ha citato il Ministero della Giustizia davanti al TAR Piemonte, chiedendo il risarcimento del danno non patrimoniale subito.
La sentenza del TAR Piemonte e la condanna del Ministero
Nella sentenza, i giudici amministrativi hanno rilevato l’illegittimità della condotta tenuta dall’amministrazione penitenziaria. Quest’ultima, sulla base del solo sospetto di omosessualità, aveva arbitrariamente deciso di sottoporre il poliziotto a penetranti controlli psichiatrici per accertare disturbi della personalità in realtà inesistenti. Si legge nella sentenza “Una simile condotta è idonea ad arrecare una lesione non patrimoniale, sotto forma di danno c.d. morale, in quanto può ritenersi, secondo lo standard probatorio del “più probabile che non” che il ricorrente abbia patito una sofferenza interiore derivante dall’essersi visto attribuire lo “stigma” di un disturbo della personalità da parte dei superiori gerarchici (con la conseguente sottoposizione a visita psichiatrica) senza che sussistesse alcun elemento indiziario che deponesse in tale direzione e suggerisse l’opportunità di espletare approfondimenti medico-legali.”
Tale decisione, oltre a non avere alcun valido fondamento tecnico-scientifico, costituiva una grave violazione delle regole di diligenza e prudenza che devono ispirare la Pubblica Amministrazione.
Il TAR ha accertato come l’Agente Scelto abbia subito una sofferenza morale per essersi visto ingiustamente attribuire, da parte dei superiori, una patologia psichica per il solo fatto di essere stato accusato di omosessualità.
I giudici hanno ritenuto sussistente il nesso causale tra tale sofferenza e la condotta tenuta dall’Amministrazione, mentre hanno escluso il risarcimento delle ulteriori conseguenze lamentate dal ricorrente, come l’emarginazione sul lavoro, non essendoci prova del nesso con gli accertamenti illegittimi.
Per il danno morale accertato, il TAR ha condannato il Ministero della Giustizia a risarcire all’Agente Scelto la somma di 10.000 euro, oltre interessi e spese di lite.
Si tratta di una importante pronuncia, che sancisce il divieto per la Pubblica Amministrazione di effettuare controlli psichiatrici invasivi sulla sfera personale dei dipendenti in assenza di fondate ragioni. La sentenza ribadisce inoltre il principio per cui l’omosessualità non può mai essere equiparata o collegata a disturbi della personalità.
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