Terremoto nell’Arma: i sindacati dei Carabinieri interrompono i rapporti con il Comandante Generale e lo Stato Maggiore. “Siamo in agitazione”
In un’escalation di tensioni senza precedenti, le principali Associazioni Professionali a Carattere Sindacale Militare (APCSM) dei Carabinieri hanno annunciato la loro decisione di interrompere ogni forma di dialogo e collaborazione con il Comando Generale dell’Arma. Questa mossa drastica, comunicata attraverso un accorato appello indirizzato direttamente al Comandante Generale, segna un punto di svolta nelle già complesse relazioni tra i vertici dell’Arma e le rappresentanze sindacali dei militari.
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Le ragioni dello scontro: norme disattese e interpretazioni controverse
Il comunicato congiunto, firmato da SIM CC, USIC, UNARMA, NSC, SIULCC e USMIA CC, delinea un quadro di profondo malcontento e frustrazione. Al centro della controversia vi sono le interpretazioni delle norme di legge relative alle associazioni militari a carattere sindacale, che secondo i firmatari vengono spesso disattese o arbitrariamente interpretate dallo Stato Maggiore dell’Arma o dallo Stato Maggiore della Difesa.
Un esempio concreto citato nel documento riguarda l’interpretazione dell’articolo 1479 bis in relazione ai trasferimenti dei dirigenti sindacali, una questione che evidentemente tocca un nervo scoperto nelle relazioni tra i sindacati e il Comando.
Dialogo interrotto: i sindacati boicottano le riunioni ufficiali
Questa situazione ha portato le APCSM a prendere una decisione drastica: non parteciperanno più ad alcuna convocazione del Comandante Generale, né alle riunioni indette dall’Ufficio Relazioni Sindacali e dall’Ufficio Trattamento Economico.
La portata di questa decisione è particolarmente significativa considerando che le materie in discussione includono temi importanti come il rinnovo contrattuale e il Fondo per l’Efficienza dei Servizi Istituzionali (F.E.S.I.). In risposta a questa impasse, i sindacati hanno dichiarato la loro intenzione di interfacciarsi direttamente con la “Funzione Pubblica”, bypassando completamente il Comando Generale e presentando proposte congiunte.
Critiche al governo: le promesse dimenticate di Giorgia Meloni
Ma la critica non si ferma ai vertici dell’Arma. Nel comunicato, le APCSM esprimono anche la loro delusione nei confronti del Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni. I sindacati lamentano un “preoccupante silenzio” negli ultimi mesi, che interpretano come un tradimento delle promesse fatte al comparto durante la campagna elettorale. Questa percepita mancanza di attenzione da parte del governo aggiunge un ulteriore livello di tensione alla già complessa situazione.
Un esempio da seguire: il modello dei sindacati della Polizia di Stato
Nel loro appello, i sindacati non si limitano a criticare, ma offrono anche un suggerimento costruttivo al Comandante Generale. “Le consigliamo umilmente di intervenire nei confronti del Suo Stato Maggiore” e invitano a prendere esempio dai sindacati della Polizia di Stato che, nonostante le gravi problematiche emerse nell’organizzazione logistica del G-7 a Brindisi, sono riusciti a mantenere un approccio collaborativo, tutelando l’immagine istituzionale e le figure di vertice potenzialmente responsabili.
Cultura retrograda vs società in evoluzione: l’accusa dei sindacati”
Il comunicato dipinge un quadro di un’amministrazione ancorata a una cultura definita “retrograda”, in netto contrasto con una società in rapida evoluzione. I sindacati accusano i vertici dell’Arma di respingere, talvolta in maniera “verosimilmente illegittima”, i tentativi di modernizzazione e apertura.
Particolarmente toccante è il passaggio in cui le APCSM descrivono la loro azione come “convinta e disinteressata”, mossa da “ardita passione e spirito istituzionale”. Tuttavia, questo sentimento si scontra con una profonda delusione per quello che percepiscono come un diffuso ledere dei diritti e delle tutele dei Carabinieri. Il risultato, secondo i firmatari, è un corpo di militari sempre più disorientati e, in alcuni casi, abbandonati da una gerarchia descritta come “prettamente formale e talvolta dispotica”.
Sindacalizzazione delle forze armate: un percorso ancora in salita
Le implicazioni di questa rottura sono potenzialmente di vasta portata. L’Arma dei Carabinieri, con i suoi oltre 100.000 effettivi, svolge un ruolo determinante nella sicurezza nazionale e nell’ordine pubblico. Una frattura così profonda tra i vertici e le rappresentanze sindacali potrebbe avere ripercussioni significative sull’efficienza operativa e sul morale del personale.
Non si può dire che questa escalation giunga del tutto inaspettata. Già da diversi mesi, Infodifesa aveva messo in luce le crescenti tensioni tra i sindacati militari e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, tracciando il progressivo deteriorarsi dei rapporti, evidenziando come la mancanza di un dialogo costruttivo e la rigidità delle posizioni stessero portando verso un punto di rottura.
Questa previsione, purtroppo rivelatasi accurata, fa sorgere dubbi sulla capacità dei vertici dell’Arma di leggere e interpretare i segnali di malcontento provenienti dalla base. La domanda che ora molti si pongono è: se questi segnali fossero stati presi sul serio in tempo, si sarebbe potuta evitare questa drammatica frattura?
Ora che la situazione è degenerata fino al punto di non ritorno paventato da tempo, resta da vedere se e come i vertici dell’Arma e il governo sapranno gestire questa crisi. Una cosa è certa: ignorare i segnali di allarme, come apparentemente è stato fatto finora, non è più un’opzione praticabile. Il futuro dell’Arma dei Carabinieri, e forse dell’intero processo di sindacalizzazione delle forze armate italiane, dipenderà dalle azioni che verranno intraprese nelle prossime settimane.
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