PENSIONI: SCATTA IL RICALCOLO SUGLI ASSEGNI
L’istituto di previdenza dovrà effettuare due conteggi: il primo applicando il sistema contributivo dal 2012, il secondo applicando interamente il criterio retributivo, per poi pagare la pensione di importo più basso.
L’Inps ha avviato le procedure per il ricalcolo degli assegni nei confronti di quei lavoratori che hanno sommato i benefici di quote contributive su pensioni retributive. Lo precisa il messaggio interno inps 2214/2016 pubblicato l’altro giorno. La riforma Monti Fornero aveva esteso la quota C (calcolata con il contributivo), a decorrere dal 2012, nei confronti degli assicurati che al 31 dicembre 1995 vantavano almeno 18 anni di contributi.L’adempimento è scaturito dall’articolo 1, comma 707 della legge 190/2014 con il quale il legislatore ha previsto che l’importo “complessivo del trattamento pensionistico liquidato con le regole vigenti dal 1° gennaio 2012 non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di calcolo vigenti prima della riforma Fornero computando, ai fini della determinazione della misura del trattamento, l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa“.
La misura è stata regolata con la Circolare Inps 74/2015 nella quale l’istituto di previdenza ha indicato che i destinatari sono i lavoratori che hanno almeno 18 anni di contribuzione al 31.12.1995 e che, quindi per effetto della Riforma Fornero, vedono l’assegno determinato con il sistema retributivo sino al 31 dicembre 2011 e contributivo sulle anzianità contributive maturate dal 1° gennaio 2012.
Il doppio calcolo. Per determinare il tetto, bisogna effettuare un calcolo piuttosto complesso: prima si deve determinare l’importo del trattamento che dovrebbe essere corrisposto con le regole attuali (cioè retributivo sino al 2011 e contributivo dal 2012). Quindi bisogna verificare l’importo, per così dire “virtuale”, dell’assegno che sarebbe stato conseguito applicando interamente il criterio retributivo anche alle quote di anzianità maturate dopo il 2011 sino alla data di effettivo pensionamento. Con una modifica, rispetto alle vecchie regole, non da poco: si supera infatti il concetto di massima anzianità contributiva valorizzabile garantendo cioè che l’importo del trattamento possa andare anche oltre quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione tout court del vecchio sistema retributivo (cfr: Circolare Inps 74/205) valorizzando anche gli anni eccedenti i 40. L’importo minore tra il confronto dei due sistemi sarà quello messo in pagamento.
Se il valore dell’assegno determinato con le regole attuali sarà inferiore a quello determinato con le regole retributive, l’assegno non subirà alcuna penalità, in caso contrario dovrà essere messo in pagamento l’importo determinato con il secondo sistema di calcolo.
L’impatto. I lavoratori interessati dall’innovazione dovrebbero essere coloro in particolare che cessano con un’anzianità anagrafica superiore all’età prevista per la pensione di vcchiaia (cioè oltre i 66 anni e 7 mesi) e con retribuzioni medie superiori a circa 46mila euro annui, cioè superiori alla prima fascia pensionabile vigente nel sistema retributivo. Costoro, infatti, non avendo nessun massimale sulle retribuzioni, riescono a valorizzare, con il sistema contributivo, l’intera cifra sulla terza quota di pensione (quota C) ottenendo, spesso una prestazione superiore a quella che sarebbe stata determinata con il secondo sistema di calcolo. Questo risultato è possibile anche grazie all’attivazione dicoefficienti di trasformazione piu’ alti perchè calcolati sino al 70° anno di età. Si tratta soprattutto di magistrati, professori universitari, dirigenti, e alte cariche dello stato che lasciano il servizio ad età avanzate con retribuzioni superiori a 100mila euro annui.
Effetto retroattivo. Il doppio calcolo si applica non solo ai trattamenti pensionistici che hanno decorrenza successiva al 2014, ma anche a quelli già liquidati in precedenza, con effetto dal 2015. I pensionati che sono usciti dal mondo del lavoro nel periodo 2012-2014 e che hanno beneficiato di un trattamento pensionistico di maggior favore con l’applicazione delle regole della riforma Fornero, dal 1° gennaio 2015 si vedranno quindi ridurre l’importo dell’assegno qualora l’assegno determinato con il secondo sistema di calcolo risulti inferiore a quello messo in pagamento.
I risparmi dovranno confluire in un apposito fondo gestito dall’Inps finalizzato a garantire l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti che devono ancora essere individuati da un apposito decreto ministeriale.
L’Inps comunica che sono comunque escluse dall’applicazione del sistema di confronto: le pensioni in totalizzazione; le pensioni degli spedizionieri doganali; le rendite facoltative; le pensioni della mutualità casalinghe; gli indennizzi per la cessazione dell’attività commerciale; gli assegni vitalizi PSO; i trattamenti ex ENPAO; le pensioni marittime trasferite all’AGO; le pensioni di inabilità, le pensioni di reversibilità derivanti da pensioni di inabilità e le pensioni ai superstiti indirette di assicurato riconosciuto inabile. Invece sono in fase di aggiornamento le procedure per la verifica le pensioni sulle quali è presente la penalizzazione; gli assegni straordinari a sostegno del reddito e gli assegni di esodo; le categorie ex INPDAI; le pensioni ex IPOST e ex FS.