Esteri

Il Giappone approva la legislazione per rilanciare l’industria della difesa

La Dieta giapponese ha approvato una serie di misure presentate dal governo che puntano a sostenere la produzione e l’esportazione di sistemi per la difesa, nel tentativo di arginare l’erosione di un settore vittima per decenni dell’impossibilità di costruire economie di scala sui mercati esteri. La nuova legge prevede la fornitura di sussidi per espandere la produzione e migliorare l’efficienza del settore, oltre ad ammortizzare i costi legati ai moderni requisiti di sicurezza informatica e alle successioni aziendali. Il governo del primo ministro Fumio Kishida, che con le nuove linee guida di difesa e sicurezza nazionale ha avviato uno storico processo di riarmo nazionale, punta a migliorare le condizioni operative delle aziende giapponesi della difesa, sempre più in difficoltà a causa dei divieti di esportazione di armamenti in vigore nel Paese sin dal secondo dopoguerra. Negli ultimi vent’anni il Giappone ha perso oltre un centinaio di aziende del settore, e Tokyo teme di non disporre delle capacità sufficienti a garantire l’approvvigionamento di munizioni e altri materiali nell’eventualità di una crisi di sicurezza nazionale.

Per promuovere la vendita di sistemi d’arma giapponesi all’estero, Tokyo istituirà un fondo che aiuterà le aziende ad assorbire i costi per le modifiche dei sistemi sulla base delle specifiche richieste dei committenti. Il Giappone si doterà anche di strumenti tesi a consentire allo Stato di rilevare direttamente stabilimenti produttivi e subappaltare le operazioni ad altre aziende del settore. Obiettivo del ministero della Difesa è assicurare che le imprese giapponesi del settore possano contare su un margine di profitto pari ad almeno l’8 per cento. I colossi della difesa europei e statunitensi possono contare su margini di circa il 10 per cento, mentre le aziende giapponesi, che hanno dovuto sopravvivere per decenni tramite le sole commesse delle Forze nazionali di autodifesa, si trovano ad operare con margini di profitto del 2.3 per cento, e spesso anche in perdita a causa delle fluttuazioni dei prezzi di materiali e dei ritardi nelle consegne.

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Agenzia Nova

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