Venezia, “super borseggiatrice” con 30 anni di pena da scontare: «Ma non può andare in carcere perché è sempre incinta»
Sulle loro teste pendono condanne definitive accumulate per anni e anni. Alcune 15, altre tra i 20 e i 25, fino al record assoluto di una di loro che ha collezionato la bellezza di 30 anni di carcere da scontare. E allora perché queste ladre, borseggiatrici professioniste, continuano a potersi muovere senza problemi, libere di continuare a sfilare i portafogli a turisti e residenti in città? «Perché il nostro ordinamento prevede il rinvio automatico della carcerazione e sospensione della pena per le donne in stato di gravidanza – spiega il comandante del compartimento veneto della Polfer, Francesco Zerilli – queste donne, perennemente incinte, non possono finire in carcere».
CONTRASTO
I numeri provano che l’attività di contrasto esiste e non manca, solo che è inutile: la polfer dall’inizio dell’anno, tra denunciate e arrestate, ne ha individuate 290 (126 di queste, peraltro, sono state fermate dalla squadra di polizia giudiziaria dedita proprio al contrasto di questi crimini) solo all’interno della stazione di Venezia Santa Lucia: quasi una al giorno. La polizia locale, che da luglio ha istituito uno specifico nucleo anti borseggio in borghese, aggiunge al conteggio altri 40 arresti in soli tre mesi. Entrano ed escono: è come provare a vuotare il mare con uno scolapasta. «È un lavoro che non ci impegna poco – specifica Zerilli – praticamente le denunce e gli arresti per reati predatori sono il 70 per cento della nostra attività. Il punto è che le conosciamo tutte, sappiamo chi sono, le abbiamo fermate un sacco di volte. È frustrante vedere che non pagano per i loro crimini, ma il nostro lavoro è bloccarle e continueremo a farlo. Anche perché se allentassimo la presa la loro attività criminale dilagherebbe senza limiti». Il bug giudiziario è veramente da manuale: di fatto la legge impedisce la carcerazione almeno fino al compimento del primo anno del bambino. Queste donne, quindi, hanno tutto il tempo necessario per rimanere nuovamente incinte. Peraltro cominciano prestissimo, il più delle volte non appena superata la soglia dell’imputabilità, 14 anni. E perché non si possono applicare altre misure cautelari/detentive alternative al carcere come i domiciliari o il braccialetto elettronico? Perché la maggior parte di loro, come rom, è senza fissa dimora. Un corto circuito senza soluzione, almeno per ora, che come conseguenza porta ad avere praticamente degli ergastolani a piede libero: si parla, per ognuna di loro, di decine di capi di imputazione furto pluriaggravato (banalmente definito, appunto, borseggio).
A BORDO E AL BINARIO
I ladri non si vedono solo in stazione ma anche a bordo dei treni. Motivo per cui la polfer, dopo due anni di stop in emergenza covid, ha ripreso (con i viaggi praticamente tornati a regime) a effettuare controlli a bordo. «Quest’anno abbiamo ripreso sia sui treni a lunga percorrenza sia sui regionali – continua il comandante – con 170 pattuglie dedicate». L’altro fenomeno che pareva debellato e che, con la fine dell’emergenza sanitaria, si sta ripresentando in stazione a Venezia è quello dei porter abusivi al binario: chi, cioè, estorce denaro ai passeggeri per portare le valigie. «Erano spariti per un po’ – conferma Zerilli – e ora stanno tornando. Motivo per cui ho chiesto al personale di Santa Lucia di effettuare dei servizi mirati proprio a debellare sul nascere questa fastidiosa presenza. È fondamentale togliere loro qualunque spazio fin da subito per evitare che le sporadiche iniziative di qualche singolo finiscano per radicarsi e diventare, quindi, un problema». (Il Gazzettino)