«Più armi a Kiev e sanzioni più dure a Mosca»: Cavo Dragone detta la linea NATO
Il messaggio da Kiev
Nel cuore di una guerra che non allenta la presa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo del Comitato militare della NATO, ribadisce da Kiev una linea senza ambiguità: «Gli ucraini si dimostrano ottimi combattenti. Il nostro pieno sostegno non è mai cambiato e non muterà sino a che non ci sarà una pace giusta e duratura». La dichiarazione arriva nel giorno della visita del premier olandese Mark Rutte, e traccia l’orizzonte politico-militare dell’Alleanza: più aiuti all’esercito di Kiev e sanzioni più incisive contro Mosca, per spingere il Cremlino al tavolo negoziale.
Dallo spiraglio al gelo: perché gli aiuti aumentano
Le settimane successive ai summit estivi — in Alaska tra Putin e Trump e a Washington con Trump, Zelensky e i leader europei — avevano lasciato intravedere un avvio di percorso verso il negoziato. Quella finestra si è richiusa rapidamente. «Gli ucraini cercano il dialogo, i russi sono riluttanti e fanno melina per prendere tempo», sintetizza Cavo Dragone. Da qui la scelta di alzare la pressione: inasprire le sanzioni per aumentare la tensione interna contro Vladimir Putin e potenziare la leva militare di Kiev, allo scopo di negoziare «da una posizione forte». I numeri confermano l’impegno: i Paesi NATO hanno fornito il 99% degli aiuti militari complessivi. Nel 2024 il valore ha raggiunto i 50 miliardi di dollari; dal 1° gennaio 2025 sono già stati consegnati 33 miliardi, con proiezioni «parecchio ottimiste» verso fine anno.
PURL, la filiera rapida su misura di Kiev
La macchina degli aiuti si è dotata di un acceleratore: il PURL (Prioritized Ukrainian Requirement List), creato circa quaranta giorni fa «assieme al presidente Trump e ai suoi consiglieri», spiega l’ammiraglio. Il meccanismo è semplice nella struttura, sofisticato nell’esecuzione: Kiev compila una lista di esigenze operative effettive; la lista viene validata dal generale Alexus Grynkewich, comandante NATO per l’Europa; quindi si verifica la capacità degli Stati Uniti di spedire rapidamente quel materiale. Gli alleati della coalizione dei 52 “volenterosi” — non solo europei, non tutti membri NATO — finanziano le armi americane che raggiungono l’Ucraina per via prioritaria. Il risultato, già tangibile: tramite PURL sono stati inviati armamenti per 1,5 miliardi di dollari. Tre i pacchetti finora sbloccati, da circa 500 milioni ciascuno: il primo finanziato dai Paesi Bassi a inizio agosto, il secondo da Danimarca, Finlandia e Svezia il giorno seguente, il terzo dalla Germania a metà mese. Nei carichi prevalgono sistemi di difesa aerea contro missili e droni e munizioni di vario calibro, le priorità indicate da Kiev. La distribuzione poggia sui canali NATO con sede in Germania, già utilizzati per gli invii bilaterali. Quanto a Italia, Francia e Regno Unito, Cavo Dragone precisa: «Per ora non ho informazioni, potrebbero stare organizzando, lo saprò dopo».
La cabina di regia occidentale
In parallelo, a Washington si muove la “coalizione dei Volenterosi”, guidata da Londra e Parigi, con un mandato che guarda oltre l’immediato: accompagnare la futura normalizzazione dell’Ucraina, dalla sicurezza del territorio e dei cieli alla ripresa economica, fino alla costruzione di un sistema credibile di dissuasione contro nuovi attacchi russi. L’intento è disegnare l’architettura di sicurezza che dovrà reggere nel passaggio a un eventuale cessate il fuoco.
La partita dei contingenti: dossier prematuro
Tra le richieste più sensibili avanzate da Kiev c’è l’inclusione, nelle garanzie di sicurezza, di contingenti alleati sul suolo ucraino. Un tema che spacca il fronte opposto — Mosca è «assolutamente contraria» — e che in sede NATO non è stato affrontato: «Non ne abbiamo assolutamente parlato, neppure accennato», chiarisce Cavo Dragone. Troppe le variabili ancora sospese: chi stabilisce le violazioni degli accordi, quali regole d’ingaggio, quale mandato internazionale, quanto territorio presidiare, con quali armamenti e con quali forze — perfino l’ipotesi di truppe di Paesi non NATO è rimessa alla politica. L’unico punto fermo, ribadisce l’ammiraglio, è che la NATO «resta impegnata a difendere prima di tutto i cittadini dei suoi Stati membri».
Lavrov, le garanzie e il nodo della fiducia
A complicare il quadro c’è la proposta del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, secondo cui anche la Russia dovrebbe partecipare alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Kiev rifiuta, richiamando le violazioni degli impegni assunti nel 1994. Cavo Dragone non si sottrae alla diagnosi: «Siamo ancora molto lontani da qualsiasi accordo. Occorre trattare e servirebbe un cessate il fuoco presto per negoziare». Fino ad allora, conclude, la sola strategia praticabile è rafforzare l’Ucraina oggi per costruire le condizioni di una pace giusta e duratura domani.
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