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BLOCCO STIPENDI MILITARI E FORZE DI POLIZIA: ARRETRATI IN ARRIVO PER GENERALI E COLONNELLI

Nessuna pietà! Il blocco stipendiale vale per tutti, non c’è specificità che tenga, il Paese è sul baratro, serve senso di responsabilità! Tutti devono  partecipare al risanamento dei conti pubblici. Ma le cose non sono andate proprio così… 

La Corte Costituzionale, in una pronuncia sulla legittimità del blocco stipendiale triennale, imposto dall’art. 9, comma 21, D.L. n. 78/2010 (poi prorogato per un quarto anno), ha sottolineato che il congelamento non si riferisce all’indennità “di posizione”, ovvero a quella indennità collegata allo svolgimento effettivo di funzioni dirigenziali, la quale nel contesto del pubblico impiego può variare anche sensibilmente in relazione al posto occupato. Tale indennità, nel campo delle Forze Armate è percepita dai Generali di Divisione e di Corpo d’Armata, purché ricoprano un incarico ordinativamente previsto per il grado rivestito; inoltre, i restanti gradi Dirigenziali come i Colonnelli e i Generali di Brigata percepiscono invece, l’indennità “perequativa”, la quale, pur avendo la medesima natura, su quella di posizione, viene denominata diversamente, in quanto attribuisce un emolumento aggiuntivo agli Ufficiali che abbiano raggiunto la dirigenza piena dopo un certo numero di anni. 
Riportiamo un  interessante commento di Luca Marco Comellini 
L’indennità perequativa per i colonnelli è di 13.214,75 euro annui lordi, per i generali di brigata è di 21.658,21 euro mentre l’indennità di posizione va dai 29.626,97 euro per i generali di divisione fino ai 48.960,48 euro per i generali di fascia A + 30% (generali corpo armata). Questa “paghetta”, a conti fatti, porterà nelle tasche del “colonnello Buttiglione” o del “generale Fiaschetta” dai 52.859 ai 195.841,92 euro lordi per i 4 anni di blocco. L’ostacolo – Eppure, in Italia vige il divieto di estensione dei giudicati ma con la fantasia i nostri generali riescono a superare ogni ostacolo. Infatti, con la nota diffusa lo scorso 5 marzo dalla Direzione Generale per il Personale Militare, concernente le indennità perequativa e di posizione spettanti ai colonnelli e ai generali delle forze armate, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, il problema sembra essere stato superato.
Il miracolo – Sono passati solo tre mesi da quando il generale Gerometta, presidente del Cocer dell’Esercito, ha preso in mano le redini della Direzione Generale del Personale Militare e il miracolo si è immediatamente materializzato sotto forma di una rassicurante lettera con cui il generale annuncia erga omnes che tutti i colonnelli e i generali d’Italia, percettori delle indennità di posizione e perequativa precedentemente bloccate dal tristemente famoso DL 78/2010, ora potranno riavere i soldi non pagati. Come se il decreto legge che nel periodo compreso fra il 1 gennaio 2011 e il 31 dicembre 2014 aveva bloccato, senza possibilità di recupero, gli stipendi di tutti i dipendenti pubblici non fosse mai esistito.
La missiva – Dalla missiva apprendiamo che a seguito di una attenta lettura e interpretazione della recente Sentenza della Corte costituzionale (n. 304/2013), che aveva escluso dal blocco delle retribuzioni il personale delle carriere diplomatiche e i magistrati i nostri laboriosi “Manager Pubblici” della Ragioneria dello Stato si sono affrettati a recepirne i contenuti e per analogia ad estenderla ai dirigenti di tutte le Amministrazioni Pubbliche. 
Il blocco – E pensare che la stessa Corte costituzionale con una differente Sentenza (n. 154/2014) aveva affermato che per i militari il blocco delle retribuzioni, e quindi del tetto salariale, si applica integralmente. Fatta la legge, trovato l’inganno! Recita la famosa regola dei furbetti. In questo caso si ha la netta impressione che si tratti di un circolo vizioso della “lobby dei manager pubblici” che prende sempre la palla al balzo per sfuggire ai sacrifici e alle regole che valgono per i restanti lavoratori del pubblico impiego.
I sofismi – E’ singolare questa corsa dei colonnelli e dei generali al recupero di somme bloccate dal 1 gennaio 2011, attraverso sofismi, distinzioni letterali, interpretazioni giuridiche che i “top manager” pubblici sono riusciti ad elaborare “pro domo sua” superando di fatto quell’odioso divieto di estensione del giudicato che dal 1995 impedisce l’effettiva uguaglianza dei cittadini quando sono titolari dello stesso diritto riconosciuto a Tizio da un giudice.
Il tetto “dignitoso” – Poco male si potrebbe amaramente concludere, se non fosse per il fatto che la fantasiosa trovata vergata dal generale Gerometta rischia di vanificare gli impegni del Governo – prima quello Monti e dopo quello Renzi – per ridurre gli stipendi dei super manager pubblici fissando dei tetti, in ultimo non più alto dello stipendio lordo del Presidente della Repubblica. Eppure si tratta di un tetto più che dignitoso che sfiora 240 mila euro.

 

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