Uso delle armi: quando è legittimo per il Pubblico Ufficiale
Uno dei temi più delicati da analizzare in questo settore, riguarda la legittimità dell’’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica. Capire i limiti della legittimità diventa fondamentale sia per il pubblico ufficiale che per il semplice cittadino.
Talvolta questo tema però non viene prontamente affrontato, causando lacune gravi di conoscenza. Ecco perché abbiamo deciso di creare questa piccola guida, con l’intento di fare chiarezza su un argomento così importante per il settore.
Uso delle armi: norma di riferimento
L’art. 53 del Codice Penale stabilisce che non è punibile il “Pubblico Ufficiale (appartenente alla forza pubblica e autorizzato a far uso delle armi e degli altri mezzi di coazione fisica) quando al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica (sfollagente, cani, idranti, gas lacrimogeni), quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità”.
L’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica è permesso quando ricorrono i seguenti elementi essenziali:
- sono in corso una violenza o una resistenza (cioè uno dei delitti indicati dallo stesso art. 53 c.p.: strage, naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata, sequestro di persona);
- il pubblico ufficiale agisce per adempiere un dovere;
- l’uso di armi o di mezzi di coazione fisica è necessario e proporzionato.
Tuttavia, dobbiamo anche considerare che non sempre il militare è un pubblico ufficiale. Da qui la necessità di estendere espressamente al militare, quando si tratta di adempiere un dovere di servizio, questa causa di giustificazione, che è applicata non solo ai reati militari ma anche ai reati comuni.
Facciamo un esempio: se il militare è in servizio di sentinella e interviene per respingere una violenza nell’ambito dell’adempimento di un dovere. Questo costituisce uso legittimo delle armi. Se invece non è di servizio, il suo intervento si inquadra tra i casi particolari di necessità militare. Ovviamente sempre se è diretto ad impedire un fatto che comprometterebbe la sicurezza del posto.
Art. 41 c.p.m.p.
L’art. 41 c.p.m.p. configura l’istituto dell’uso legittimo delle armi ricalcando l’art. 53 del Codice Penale e affermando che “non è punibile il militare, che, a fine di adempiere un suo dovere di servizio, fa uso, ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza La legge determina gli altri casi, nei quali il militare è autorizzato a usare le armi o altro mezzo di coazione fisica”.
La scriminante in questione riguarda però non soltanto l’uso delle armi, ma anche l’uso di qualsiasi mezzo di coazione fisica. Per tali da intendersi lo sfollagente, i getti d’acqua lanciati con idranti, gas lacrimogeni, l’uso della forza fisica per immobilizzare una persona. Ma anche il ricorso alle bombe stordenti, carosello di auto per disperdere un assembramento, ecc. I requisiti generali di questa causa di giustificazione sono rinvenibili nella necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza. Questo è possibile sempre con il fine di adempiere un dovere del proprio ufficio o del servizio militare.
L’art. 53, 1 comma, modificato dalla legge 22 maggio 1975, n. 152, precisa che la scriminante in questione opera anche nel caso di necessità di impedire la consumazione di delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona.
Le due norme a confronto
Proseguiamo con un’analisi comparativa tra l’ultimo comma dell’art. 41 c.p.m.p. e l’art. 53 c.p.. Da qui si rileva come la legge si riservi nel determinare altri casi nei quali il militare è autorizzato a usare le armi o un altro mezzo di coazione fisica. Questo vuol dire che possono esistere casi nei quali non ricorre il presupposto generale della “necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza”, ma nei quali è ugualmente scriminato l’uso delle armi da parte del militare (o da parte del pubblico ufficiale).
Facciamo riferimento ai casi che sono tassativamente previsti dalla legge e sono riconducibili al comma 3 dell’art. 41 c.p.m.p., quali ad esempio:
legge 4 marzo 1958 n. 100 “sull’uso delle armi da parte dei militari e degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria in servizio di frontiera e in zona di vigilanza” che stabilisce:
art. 1 – È vietato fare uso delle armi contro le persone da parte dei militari e degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria in servizio di repressione del contrabbando in zona di vigilanza doganale, fatta eccezione per i casi previsti dagli artt. 52, 53 primo comma e 54 del Codice Penale e quando:
a) il contrabbandiere sia armato palesemente.
b) il contrabbando sia compiuto in tempo di notte
c) i contrabbandieri agiscano raggruppati in non meno di tre persone.
art. 2 – È vietato far uso delle armi, anche nelle ipotesi previste nelle lettere a) b) e c) dell’art.1 quando il contrabbandiere si dà alla fuga ed abbandona il carico.
art. 3 – L’uso delle armi non è vietato contro gli autoveicoli e gli altri mezzi di trasporto veloci quando i conducenti non ottemperino all’intimazione di fermo e i militari non abbiano la possibilità di raggiungerli.
art. 4 – Nel caso di militari che operino non isolati in servizio, l’ordine di far fuoco deve essere dato dal militare che ha il comando.
art. 5 – L’uso delle armi, nei casi in cui non è vietato a norma degli articoli precedenti deve essere preceduto da intimazione a voce o col gesto e dalla esplosione di almeno due colpi in aria.
art. 6 – L’uso delle armi non è vietato quando il contrabbando sia compiuto con imbarcazioni nella zona di vigilanza doganale marittima e i capitani non ottemperino alle intimazioni di fermo, date con l’esplosione di almeno tre colpi in aria e, di notte, con segnalazioni luminose.
art. 158 T.U.L.P.S.
riguarda “l’impedimento di passaggi abusivi attraverso valichi di frontiera non autorizzati” ed integrato dall’art. 2 della legge 18 aprile 1940 n. 494, il quale afferma che è autorizzato l’uso delle armi, quando sia necessario, per impedire i passaggi abusivi attraverso i valichi di frontiera non autorizzati
art. 41 legge 26 luglio 1975 n. 354
riguarda l’impiego della forza fisica all’interno degli stabilimenti di pena. Questo per prevenire o impedire atti di violenza, per impedire tentativi di evasione o per vincere resistenze.