Geopolitica

UNIFIL, il grande fallimento: Hezbollah armata sotto gli occhi dell’ONU

La voce di un generale che non fa sconti

Il generale Leonardo Tricarico, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, non ha usato mezzi termini: la missione UNIFIL in Libano è stata un fallimento. In un’intervista rilasciata il 30 agosto 2025 a Luca Sablone per Il Riformista, il militare ha denunciato la totale inefficacia della forza ONU, accusata di aver tollerato – e in qualche misura legittimato – la crescita militare di Hezbollah.

Una critica che arriva in un momento ad alta tensione per il Medio Oriente, segnato dal riaccendersi delle ostilità tra Israele e il movimento sciita filo-iraniano.

Un curriculum militare di peso

Nato a Tione di Trento nel 1942, Tricarico vanta oltre 3.000 ore di volo su velivoli monoposto e una carriera culminata nel ruolo di Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica (2004-2006). Dopo il congedo, ha guidato la Fondazione Icsa, think tank dedicato alla sicurezza e alla difesa, diventando una delle voci più autorevoli in materia di geopolitica e minacce asimmetriche.

Le sue parole, dunque, non arrivano da un osservatore qualunque, ma da un generale che ha vissuto i meccanismi militari e strategici al massimo livello.

Hezbollah cresce sotto gli occhi dei caschi blu

Secondo Tricarico, UNIFIL avrebbe fallito nella sua missione fondamentale: arginare Hezbollah e bloccare l’afflusso di armi verso il Libano meridionale.
Al contrario, negli anni della presenza internazionale, il movimento sciita si è trasformato in “la minaccia più insidiosa per Israele”, con tunnel scavati a pochi metri dalle postazioni ONU, arsenali nascosti e una rete logistica capillare.

Una realtà che i caschi blu non potevano non vedere. Eppure, denuncia Tricarico, le informazioni trasmesse all’ONU sarebbero rimaste inascoltate: “Il Palazzo di Vetro ha girato la testa dall’altra parte”.

Una missione paralizzata dalle regole

Il punto critico, spiega l’ex Capo di Stato Maggiore, è stato il divieto di accedere a proprietà private.
Un vincolo che ha reso impossibile scoprire i depositi di armi e le basi operative di Hezbollah, spesso collocati all’interno di case e terreni civili.
Così, invece di essere una barriera, UNIFIL si sarebbe trasformata in una sorta di scudo diplomatico dietro il quale il movimento sciita ha potuto rafforzarsi indisturbato.

Le richieste ignorate e la riforma mai attuata

L’Italia, insieme ad altri Paesi contributori, aveva più volte chiesto di rafforzare le regole d’ingaggio, ampliando i poteri di intervento della missione. Ma da New York non arrivò nulla: “Risultati zero”, taglia corto Tricarico.
A quel punto, secondo il generale, sarebbe stato più logico ritirare i contingenti che continuare a sostenere una missione condannata all’irrilevanza. Non a caso, aggiunge, l’accusa di Israele secondo cui l’ONU sarebbe “strutturalmente ostile” non può essere liquidata come infondata.


UNIFIL: da forza di pace a presenza ingombrante

La missione ONU, nata nel 1978 e potenziata nel 2006 dopo la guerra tra Israele e Hezbollah, avrebbe dovuto garantire la cessazione delle ostilità e impedire il traffico di armi.
In realtà, col passare degli anni, si è trasformata in un corpo senza incisività, criticato sia da Israele – che ne denuncia la complicità indiretta con Hezbollah – sia da parte della stessa politica libanese, che la considera più un ostacolo che un aiuto.


Un futuro incerto

Il ritiro previsto per il 2027 sembra destinato a chiudere un capitolo che lascia molte più ombre che luci.
Per Israele, la lezione è chiara: non ci si può affidare a forze internazionali senza un mandato robusto.
Per il Libano, il rischio è che la fine della missione lasci un vuoto di sicurezza in una delle aree più fragili del Medio Oriente.

Una certezza, però, resta: UNIFIL, nella versione raccontata da Tricarico, non ha fermato Hezbollah. Anzi, ne ha accompagnato silenziosamente l’ascesa.

 

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