TRENTAMILA EURO PER ENTRARE IN POLIZIA, ECCO COME SI VENDONO I POSTI DI LAVORO
(di Antonio Menna per Tiscali Notizie) – C’era una volta la vocazione. Non solo quella sacerdotale. La vocazione a un mestiere. Sentirselo nello spirito, nella cultura. Da grande voglio fare. E poi crescere con quel principio, quell’obiettivo. Inseguirlo. Impegnarsi. C’era una volta il lavoro che ti identificava, ti caratterizzava. Io sono quello che faccio. Quel sentimento si è smarrito. Oggi, con la crisi, con la disoccupazione galoppante, con l’angoscia di restare senza un lavoro, si insegue il posto – possibilmente pubblico – come una lotteria. Non conta cosa farai, dove andrai, che sarai. Conta raggiungerlo. A qualunque costo.
Violare la legge per indossare una divisa
Così si è disposti a tutto. Anche al più estremo dei paradossi. Cioè, che per entrare nella Polizia penitenziaria o nella Guardia di Finanza o nella Polizia di Stato, ci si renda disponibili alla corruzione. Cioè, un reato per indossare una divisa. Cioè, violare la legge per poi tutelarla. E’ successo in Campania, dove nei giorni scorsi, è stata sgominata una gang che garantiva a giovani in cerca di lavoro, il superamento di un concorso nella forze dell’ordine in cambio di denaro.
Un ufficiale dell’Esercito
L’indagine è stata condotta dalla procura di Napoli nord, diretta dal magistrato Francesco Greco. A indagare gli uomini della Guardia di Finanza. In manette sono finiti un ufficiale dell’Esercito, poi una donna e suo fratello, considerati la mente del gruppo. Provvedimenti cautelari anche per tre agenti della Polizia penitenziaria. Coinvolte anche altre persone, tra cui un insegnante di scuola superiore, che avrebbe aiutato alcuni ex studenti ad entrare in contatto con la gang.
Le accuse
Tutti sono accusati di truffa, millantato credito e abuso di potere. Per un gruppo ristretto è scattata l’accusa di associazione per delinquere. L’indagine si è focalizzata su 24 episodi. In tutti questi casi, il gruppo avrebbe intascato denaro da ragazzi, o dalle loro famiglie, che desideravano superare concorsi pubblici in particolare nella Polizia penitenziaria, ma in qualche caso anche nella Polizia di Stato e nella Guardia di Finanza.
La modalità
Con una fitta rete di mediatori, il ragazzo o la sua famiglia che voleva superare il concorso entrava in contatto con gli organizzatori del gruppo e a loro doveva versare il denaro, ovviamente prima della prova concorsuale. Gli importi andavano dai 10mila ai 30mila euro, a seconda dell’importanza del ruolo cui si concorreva. Il gruppo avrebbe raccolto circa 282mila euro. Secondo la procura sarebbero circa ottanta i ragazzi truffati. La gang usava tecniche molto persuasive. Esibiva biglietti personali con auguri e messaggi attribuiti ad alte cariche dello Stato, millantava amicizie e aderenze. «Una volta ci invitarono a casa loro per festeggiare il compleanno di nostro figlio – raccontano due genitori al quotidiano Il Mattino – con una torta a forma di volante di polizia e un manichino che rappresentava un agente».
La denuncia
Il sistema sarebbe saltato in seguito alla denuncia di alcuni ragazzi che non hanno superato la prova e che hanno, subito dopo, preteso la restituzione della cifra versata. «Quando chiedemmo la restituzione del denaro – hanno raccontato i genitori del ragazzo truffato, secondo quanto riportato dal Mattino – ci offrirono degli assegni scoperti». Al rifiuto del rimborso, alcuni si sono rivolti alle forze dell’ordine – quelle vere, in questo caso – e hanno rivelato tutto. Immediatamente è partita un’indagine, alla ricerca di riscontri e si sono evidenziati decine e decine di episodi di questo tipo. Così, alla fine, sono arrivati i provvedimenti cautelari.
Vittime un po’ colpevoli
La vicenda, nel suo insieme, mette tristezza. Non sono per l’esistenza di una banda di presunti truffatori con l’intento di fare denaro sul bisogno della gente. Ma anche e soprattutto per la spregiudicatezza di tutti gli attori. E’ vero che ci sono colpevoli e vittime, eppure in casi come questi le vittime – se non penalmente, almeno moralmente – sembrano anche loro un po’ colpevoli. Possibile che nessuno si sia fatto uno scrupolo etico? Possibile che nessuno si sia chiesto se fosse giusto pagare una tangente per avere un posto di lavoro? Possibile che si finisca alla denuncia solo perchè il concorso è andato male e non si è ottenuto un rimborso? Ma soprattutto, possibile che si ambisca ad indossare una divisa per tutelare la legge e al tempo stesso si sia disponibili a farsi truccare un corcorso su misura?