TRASFERIMENTI GUARDIA DI FINANZA: LA STRADA E’ QUELLA GIUSTA, MA SI PUO’ E SI DEVE MIGLIORARE TANTO
Prima di parlare di trasferimenti sono necessarie alcune premesse.
La mobilità interna a domanda non è un diritto, come generalmente percepito, ma uno strumento utile a coniugare le esigenze del servizio con le aspettative del personale, con le prime giuridicamente e logicamente preminenti rispetto alle seconde.
Possono risultare azzardati confronti tra Guardia di Finanza ed altre Forze di Polizia, atteso che se da un lato è simile la provenienza geografica del personale (Sud), dall’altro è diversa l’esigenza di servizio, diretta conseguenza dei diversi compiti istituzionali. La Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri, per esempio, hanno un fabbisogno di personale più omogeneo sul territorio (polizia generale, controllo del territorio e ordine pubblico) rispetto alla Guardia di Finanza (polizia economico finanziaria) che presenta un fabbisogno di personale più importante nel nord Italia.
Per produrre numeri importanti qualsiasi modello di mobilità ha bisogno di un turn-over importante e sistematico. In questo senso, gli ultimi piani di mobilità (aldilà del modello) sono stati fortemente limitati dal blocco del turn-over generato all’innalzamento dell’età pensionabile ed alla riduzioni delle capacità assunzionali. Già dai prossimi anni però, con il ripristino delle capacità assunzionali (100%) e la progressiva ripresa dei pensionamenti (nel 2016 sono stati meno di 1000, nel 2020 saranno quasi 2000 e nel 2027 saranno oltre 3000), le cose dovrebbero sensibilmente migliorare.
Ciò premesso, c’era molta attesa rispetto agli effetti del nuovo piano di impieghi per bandi adottato dallo Stato Maggiore della Guardia di Finanza ad accoglimento delle richieste più volte rappresentate ed avanzate dal Co.Ce.R. di questo mandato e dei precedenti.
Dal punto di vista numerico, i risultati sono migliorati anche se non di molto, ma ribadisco questo dato è fortemente condizionato dal turn-over. Nel contingente ordinario, per esempio, sono stati accordati 792 movimenti rispetto ai 754 dell’anno precedente (dei quali 94 erano però sostanziati dalla norma “straordinaria” del c.d. “primo in graduatoria anche in sovrannumero”).
Dal punto di vista organizzativo il nuovo modello ha prodotto i suoi frutti: consolidamento dello scorrimento delle graduatorie, possibilità di coprire “croniche” vacanze organiche (per effetto del c.d. doppio filtro previsto dai modello precedenti) di taluni Reparti dando anche sollievo al personale già in servizio in quei Reparti (es. Nucleo P.T. di Roma), certezza del numero dei movimenti (quelli erano i posti e quelli sono stati banditi e coperti eliminando le false illusioni generate dal modello precedente).
Un’ulteriore considerazione va fatta con riferimento alla mobilità c.d. straordinaria. Con la drastica riduzione dell’efficacia della mobilità a domanda, le procedure straordinarie di avevano progressivamente assunto numeri “fuori controllo” ed è superfluo spiegare il perché. Circostanza che ha inevitabilmente prodotto, inutile nasconderlo, un profondo e diffuso malcontento. Si può accettare di non essere trasferiti per esigenze di servizio, lo si accetta molto meno se…
Anche in questo senso, nel corso degli ultimi anni si è cercato di intervenire per limitare l’uso (o l’abuso) o meglio per riportare l’utilizzo di questi strumenti a situazioni più aderenti alla normativa di riferimento. Sono di questi anni la modifica dei movimenti ex Legge 104 che ha portato il trasferimento da definitivo a temporaneo (e guarda caso il numero di istanze è crollato!), la soppressione dell’istituto del c.d. “distacco” e la limitazione dei trasferimenti per mandato elettorale (anche in questo caso il numero di candidature ed istanze è crollato!). In questo particolare contesto è comunque necessaria un’assunzione di responsabilità da parte dell’Amministrazione (che concede), da parte della Rappresentanza (che concerta) e anche da parte del personale (che chiede), per fare in modo che l’utilizzo delle procedure straordinarie (in particolare quelle non coperte da leggi dello Stato) sia circoscritto a casi realmente “degni” e che quello che è un movimento temporaneo non diventi definito.
Per carità con questo non voglio dire che tutto è risolto, che tutto va bene, ma solo che la strada intrapresa è quella giusta ed anche se chi ben inizia è a metà dell’opera credo ci sia ancora molto da fare, sotto diversi profili.
Analizzando, per esempio, le cause che conducono molti colleghi a presentare istanza di trasferimento, in particolare dal nord verso le regioni di origine, possiamo tranquillamente affermare che nella stragrande maggioranza dei casi sono di origine economica:
- casa di proprietà al sud e difficoltà di acquistarne una al nord;
- costo della vita, più caro al nord e soprattutto in città, rispetto al sud;
- possibilità di essere aiutati dalle famiglie di origine.
Ecco che, aldilà dei modelli di mobilità, è necessario intervenire dal punto di vista economico (le retribuzioni del personale ed in particolare di quello con meno reddito vanno sensibilmente aumentate!) e del c.d. welfare aziendale (asili nido, ecc.), aspetti che abbiamo già avuto modo di portare all’attenzione del Governo in occasione della prima riunione sul rinnovo contrattuale.
Bisogna però intervenire anche dal punto di vista della politica assistenziale ed alloggiativa, partendo da quelle zone dove sono maggiori i disagi del personale e di conseguenza maggiori sono le istanze di trasferimento.
Gianluca Taccalozzi – Delegato Co.Ce.R. Guardia di Finanza per Ficiesse