Stessi doveri, diritti diversi: Forze Armate escluse dai sei scatti di buonuscita. La disparità che il Governo continua ad ignorare
(di Donato Angelini) – C’è un buco normativo che brucia: i famosi sei scatti stipendiali, riconosciuti al personale delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare per calcolare la buonuscita, restano un miraggio per gli uomini e le donne di Esercito, Marina, Aeronautica e Capitanerie di Porto.
Parliamo di professionisti che, pur raggiungendo 55 anni d’età e 35 anni di servizio, si trovano esclusi da un beneficio già accordato ai colleghi dello stesso Comparto Difesa e Sicurezza. Il risultato? Una pensione anticipata penalizzata di centinaia di euro e un senso di iniquità che mina la coesione interna.
Costituzione tradita: la specificità a geometria variabile
Due pesi, due misure: la Costituzione è chiara, la prassi molto meno. La “specificità” del Comparto Difesa e Sicurezza non può essere a geometria variabile. Se vale per i Vigili del Fuoco, per la Polizia Penitenziaria e la Polizia di Stato, deve valere anche per l’Aeronautica, l’Esercito e la Marina. Diversamente, non è più una norma: è una concessione arbitraria, e dunque inaccettabile.
L’origine della disuguaglianza: cronologia di un’ingiustizia
Il paradosso nasce nel 2021, quando il Governo Conte estende l’articolo 54 DPR 1092/73 – l’aliquota retributiva del 2,44 % per ogni anno ante 1996 – a Polizia di Stato, Penitenziaria e Vigili del Fuoco.
Una scelta giustificata con la “specificità del Comparto” sancita dall’art. 19 della Legge 183/2010 e dal principio di armonizzazione del D.Lgs 165/1997.
La manovra costa 28 milioni nel 2022, ma sale a oltre 57 milioni annui dal 2031, perché l’aumento è vitalizio e reversibile ai superstiti.
Non è un errore, è discriminazione
Non chiamatelo errore tecnico, è una discriminazione normativa. Quando due persone in uniforme svolgono missioni simili, affrontano gli stessi rischi, maturano identica anzianità e poi ricevono trattamenti economici divergenti, non si parla di svista legislativa: si parla di diseguaglianza. E la Costituzione, all’art. 3, vieta che lo Stato si giri dall’altra parte.
Il quadro normativo e giurisprudenziale: tutti d’accordo, tranne il legislatore
Eppure lo stesso Parlamento, con l’art. 6-bis L. 472/1987, riconosce già da decenni i sei scatti ai poliziotti civili; il Codice dell’Ordinamento Militare, art. 1911, li estende all’Arma dei Carabinieri. La giurisprudenza ha fatto il resto: dal Consiglio di Stato n. 1231/2019 alle sentenze 2762/2023 e 2831/2023, passando per il CGA Sicilia 1329/2022, i giudici amministrativi hanno sancito che il beneficio spetta a chiunque lasci il servizio a domanda con i requisiti d’età e servizio. Tutti, tranne i militari delle FF.AA., inchiodati a una “dimenticanza” legislativa.
I numeri smentiscono l’alibi economico
L’estensione rivendicata costerebbe appena il 30% della spesa già stanziata per l’articolo 54, perché il bonus dei sei scatti è una tantum e non pesa vita natural durante sulle casse dell’INPS.
Riguarderebbe circa il 20% del personale – quello che sceglie l’uscita anticipata rinunciando al moltiplicatore dei 60 anni previsto dal D.Lgs 165/1997 – e si esaurirebbe con le classi di arruolamento 1995.
Chi è assunto dal 1996 in poi, infatti, ricade integralmente nel sistema contributivo e non potrà permettersi di congedarsi prima del limite d’età.
Una questione di volontà politica, non di bilancio
Non è una questione di bilancio, ma di volontà. Quando il Governo ha stanziato oltre 57 milioni di euro annui per correggere una sperequazione interna alle Forze di Polizia civili, ha dimostrato che i soldi si trovano — se si vuole. Oggi basterebbe un terzo di quella cifra per sanare un’ingiustizia ai danni delle FF.AA. Che cosa stiamo aspettando?
Concedere i sei scatti alle FF.AA. significherebbe pareggiare i conti all’interno dello stesso Comparto, ridurre la spesa pensionistica di lungo periodo – grazie a uscite più rapide e assegni meno gravosi – e inviare un segnale politico di attenzione verso chi garantisce la sicurezza nazionale.
Un provvedimento equo, a basso costo e ad alto rendimento d’immagine: la prossima legge di bilancio ha l’occasione di colmare questa lacuna e restituire giustizia a migliaia di militari che, da anni, attendono solo di essere trattati come i loro colleghi in divisa.
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