Carabinieri

Stefano Cucchi “morto per lesioni”. Le motivazioni delle condanne

 

La morte di Stefano Cucchi si deve a una “concatenazione” di fattori, originati dalla lesione, e non all’epilessia. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui la corte d’Assise di Roma ha condannato a 12 anni i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro per omicidio preterintenzionale in relazione al pestaggio e altri due, il maresciallo Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, per falso.

“E’ indiscutibile che Stefano Cucchi la sera dell’arresto versava in condizioni fisiche assolutamente normali e che non presentava né manifestava alcun segno di lesioni fisiche”, proseguono i magistrati. E ancora “se non avesse subito un evento traumatico, nella sala adibita a fotosegnalamento nella caserma Casilina, non avrebbe sofferto di molteplici e gravi lesioni, con l’instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da lì a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto alla morte”.

“L’istruttoria dibattimentale – scrivono i giudici – ha consentito di raggiungere delle indubitabili certezze: a seguito dell’arresto di Stefano Cucchi e in particolare in sede di permanenza nella sala adibita a fotosegnalamento presso la compagnia Casilina si è verificato un evento traumatico ai suoi danni; a seguito e in ragione di detto evento egli ha subito varie lesioni tali da necessitare con urgenza il ricovero in ambiente ospedaliero”. “Una catena causale – si legge – che parte, dunque, da un’azione palesemente dolosa illecita che ha costituito la causa prima di un’evoluzione patologica alla fine letale”.

“E’ assolutamente fondata e condivisibile la prospettazione medico legale che ha ricondotto il meccanismo causale della morte a una concatenazione polifattoriale – sottolineano i giudici – in cui essenziale, se non unico, è risultato un riflesso vagale connesso alla vescica neugenica originata dalla lesione in S4 tale da determinare un’aritmia letale”. La sentenza sottolinea poi “l’inconsistenza della tesi della morte per Sudep (morte improvvisa per epilessia da pazienti in buono stato di salute ndr), mera ipotesi non suffragata, anzi smentita, da alcuna evidenza clinica”.

“E’ risultato pacifico” che Stefano Cucchi, la sera del suo arresto, “avesse non solo e non tanto rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento ma avesse anche insultato i militari che stavano legittimamente svolgendo il loro servizio, tenendo una condotta quantomeno oltraggiosa nei loro confronti”. Ma, spiega la corte d’assise di Roma, “è indiscutibile che la reazione poi tenuta” dai carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo “sia stata illecita e assolutamente ingiustificabile”. Quella dei due imputati – fa sapere la corte – è stata “una azione violenta perpetrata nel corso dello svolgimento del servizio d’istituto, quindi, per un verso facendo un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, per altro aspetto violando il dovere di tutelare l’incolumità fisica della persona, decisamente minuta e di complessione fisica molto meno prestante rispetto ai due militare, sottoposta al loro controllo”.

Infine è da considerare “credibile” il ‘supertestimone’ del pestaggio in caserma Francesco Tedesco, condannato per falso a due anni e mezzo di reclusione. “La narrazione” del militare dell’Arma sulle fasi immediatamente successive all’arresto di Cucchi è stata riscontrata da numerosi elementi. Per la corte d’Assise, Tedesco non solo è intervenuto per “cessare l’azione violenta”, impedendo ai colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro di continuare il pestaggio, ma “ha spiegato in modo comprensibile e ragionevole il suo pregresso silenzio, sottolineando il ‘muro’ che aveva avuto la certezza gli si fosse parato dinnanzi costituito dalle iniziative dei suoi superiori, dirette a non far emergere l’azione violenta perpetrata ai danni di Cucchi, e a non perseguire la volontà di verificare che cosa fosse realmente accaduto”, la sera dell’arresto.

“Sono emozionata: è esattamente tutta la verità così come l’abbiamo sostenuta e urlata invano per tanti anni. Parole semplici per una verità semplice che qualcuno ha voluto complicare e qualcun altro non vedere”. Così Ilaria Cucchi commenta le motivazioni della sentenza con cui i giudici della corte d’Assise di Roma hanno condannato due carabinieri a 12 anni per il pestaggio, si tratta di Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati omicidio preterintezionale, e il maresciallo Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, entrambi per falso.
   

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