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Sindacati in mare aperto: la battaglia dei militari per non restare senza voce


Il nodo della rappresentanza sindacale nelle Forze armate

Il tema della rappresentanza sindacale dei militari torna al centro del dibattito politico con l’interrogazione presentata dal deputato Pasqualino Penza (seduta n. 525 del 13 agosto 2025). Al centro della questione c’è il decreto legislativo 19 febbraio 2025, n. 14, ribattezzato non a caso “decreto limiti”.

Questo provvedimento, nato per dare attuazione alla legge n. 46 del 2022 – che a sua volta discende dalla storica sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2018 – ha introdotto un quadro normativo che, pur riconoscendo il diritto dei militari a costituire associazioni professionali a carattere sindacale, ne circoscrive pesantemente l’esercizio, soprattutto per chi è impegnato in attività operative o missioni all’estero.


Il caso dei marinai: sindacati a rischio naufragio

La situazione appare particolarmente critica per i sindacalisti della Marina militare. Le navi italiane, infatti, restano operative tra i sei e i nove mesi l’anno, rendendo di fatto impossibile per i dirigenti sindacali imbarcati esercitare i propri diritti.

Secondo il comma 1 dell’articolo 1 del decreto legislativo 14/2025, i dirigenti sindacali impegnati in missione non possono avere distacchi, permessi sindacali né convocare assemblee. Ciò significa che, per lunghi mesi, l’attività sindacale rimane congelata.

Il risultato? La Marina si ritrova oggi ad avere la percentuale di sindacalizzazione più bassa rispetto alle altre Forze armate, con un evidente squilibrio nella rappresentanza dei suoi uomini e donne in uniforme.


L’interrogazione di Penza: un appello al Governo

Con l’interrogazione a risposta scritta n. 4-05779, l’onorevole Penza rivolge una domanda diretta al Ministro della Difesa:

È possibile, nelle more dell’adozione di eventuali decreti correttivi, consentire ai dirigenti sindacali riconosciuti a livello nazionale che si trovano imbarcati su navi della Marina (inclusa la Guardia costiera) di sbarcare e di essere destinati a incarichi a terra, così da non interrompere la loro attività sindacale?

La proposta punta a garantire che chi ricopre ruoli di rappresentanza non resti isolato per mesi, privando l’intera categoria di un punto di riferimento.


Un banco di prova per la sindacalizzazione militare

La questione sollevata non è solo tecnica, ma politica e culturale. Dopo anni di divieto, i militari hanno finalmente avuto accesso al diritto di costituire sindacati, ma i limiti introdotti rischiano di ridurre questa conquista a un diritto “sulla carta”.

Se il Governo non interverrà, la Marina militare continuerà a essere il corpo più penalizzato, con sindacati deboli e rappresentanza frammentata. Al contrario, un’apertura sulle richieste di Penza potrebbe segnare un passo decisivo per dare piena dignità al sindacalismo militare, garantendo equilibrio tra esigenze operative e diritti associativi.


voci che non devono restare in silenzio

Il Parlamento è ora chiamato a sciogliere un nodo che tocca migliaia di uomini e donne delle Forze armate: si può davvero parlare di sindacato se i rappresentanti non hanno la possibilità di rappresentare?

La Marina naviga in mare aperto, ma la sua voce rischia di restare ancorata a terra.


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