SIAM sulle pensioni militari: “bene il DDL Gasparri, ma non risolve il problema della Previdenza Complementare”
Il recente Disegno di Legge nr. 161/2022 proposto dal Senatore Maurizio Gasparri, avente per oggetto “Norme di perequazione previdenziale per il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico” merita un approfondimento anche per quantificare il beneficio ed inquadrare con chiarezza il personale destinatario. Nello schema elaborato dal SIAM, attraverso alcune simulazioni, è possibile farsi un’idea più chiara degli incrementi che tale misura porterebbe agli assegni mensili di pensione.
Ma chi beneficerebbe di questa misura?
Secondo il SIAM al momento i destinatari della misura sono esclusivamente coloro che decideranno di rimanere in servizio fino al limite ordinamentale (60 anni per la maggior parte del personale). Il benefit ricordiamo riguarda il coefficiente di trasformazione legato all’età di pensionamento con il quale viene calcolata la quota contributiva della pensione. Tale coefficiente è tanto più alto quanto più alta è l’età.
Il ddl in questione riconoscerebbe il coefficiente dei 67 anni al personale che andrà in quiescenza per limite di età, anche se inferiore.
Tra le motivazioni che hanno portato alla stesura del disegno di legge c’è anche il mancato avvio della previdenza complementare, argomento ampiamente dibattuto e mai risolto. Ora è opinione di molti che sanare quasi 30 anni di immobilismo non sia cosa facile e in quest’ottica la soluzione è da ricercare in altre forme di compensazione, tanto che in alcuni ambiti, come quello politico e sindacale del comparto, è stata già coniata la denominazione “previdenza dedicata”.
Per il SIAM il DDL 161 è un passo in avanti, ma non la soluzione al mancato avvio della previdenza complementare e non chiude certo il contenzioso sul tema.
Vanno ricercati sistemi di “previdenza dedicata” estesa a tutto il personale che non ha potuto accedere (e non per scelta) a tutti i benefici della complementare, la quale al momento rimane l’unico sistema utile al contenimento della differenza tra ultimo stipendio e primo assegno di pensione, gap che sarà inevitabilmente maggiore quanto maggiore sarà la quota contributiva, influendo così in modo ancor più negativo sulle future pensioni dei giovani. Per questo la previdenza complementare costituisce a tutt’oggi il secondo pilastro del sistema pensionistico italiano, negato però al comparto.
Un confronto con le sigle sindacali è necessario, per rendere la norma adeguata agli obiettivi che si prefigge nel rispetto dei diritti del personale che cessa dal servizio.