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“Sembrava uno scenario di guerra”: il racconto del Maresciallo dei carabinieri. “Questo è il nostro lavoro: lo facciamo con coraggio, non con incoscienza”

ROMA – “Ho visto una persona di spalle, l’ho trascinata via. Poi l’onda di calore mi ha colpito. Ma non mi sono fermato”.
A parlare è il Maresciallo Maggiore dei Carabinieri Antonino Giorgio, rimasto ferito nell’esplosione devastante avvenuta questa mattina al distributore di GPL in via dei Gordiani, alla periferia est della Capitale. Il militare, ancora con una benda sulla nuca per coprire l’ustione e il braccio fasciato dopo il prelievo al Celio, ha raccontato senza retorica quei drammatici minuti in cui si è trasformato in soccorritore.


“Mi vengono le lacrime se penso ai colleghi feriti”

«Stavo aiutando a portare via i feriti, e proprio mentre mi muovevo tra le persone l’esplosione mi ha investito. L’onda di calore è stata tremenda. Ma io ho fatto quello che dovevo: salvare più persone possibile. Dopo circa un’ora sono andato al Celio per le cure» – racconta Giorgio, visibilmente scosso ma lucido.
«Mi dispiace solo di non essere riuscito a fare di più. Ho visto poliziotti, vigili del fuoco e operatori del 118 colpiti più duramente di me. Feriti. Ustionati. Mi vengono le lacrime pensando a loro. Ma questo è il nostro lavoro: lo facciamo con coraggio, non con incoscienza».


Il sindacato dei Vigili del Fuoco: “Evitate centinaia di morti, ma ignorati dalla politica”

Parole commosse che si intrecciano con la dura presa di posizione del sindacato Conapo dei Vigili del Fuoco, che denuncia una realtà fatta di eroismo quotidiano, ma anche di abbandono istituzionale.
«Solo grazie alla prontezza, al sangue freddo e alla professionalità dei nostri uomini si è evitata una strage di proporzioni ben più gravi» – ha dichiarato il segretario generale Marco Piergallini.
«Ma – aggiunge – non è più accettabile che la politica continui a voltarsi dall’altra parte. Lavoriamo con organici ridotti, mezzi inadeguati, e senza il minimo riconoscimento economico, previdenziale o sanitario».

Il Conapo si rivolge direttamente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi:
«Basta pacche sulle spalle. Servono risorse vere, provvedimenti concreti, rispetto per chi rischia la vita ogni giorno per salvare quella degli altri».


Le vittime: due gravi, ustioni sul 55% e 25% del corpo

Nel frattempo, le condizioni dei feriti più gravi tengono col fiato sospeso. Due pazienti sono ricoverati in terapia intensiva presso il Centro Grandi Ustioni dell’ospedale Sant’Eugenio. Le ustioni, di terzo grado, coprono rispettivamente il 55% e il 25% del corpo. Sono entrambi ventilati meccanicamente. La prognosi resta riservata.

Altri pazienti, inizialmente trasferiti in codice rosso e arancione al Sant’Eugenio e al Sandro Pertini, sono stati dimessi nelle ore successive, avendo riportato traumi ortopedici e lesioni da schegge ma senza pericolo di vita.


ASL Roma 2: “Chi vuole donare sangue, lo faccia con criterio”

La Asl Roma 2, in una nota, ha ringraziato la cittadinanza per la pronta risposta e la solidarietà dimostrata. Ha invitato però i donatori a coordinarsi con i Servizi Trasfusionali del Sant’Eugenio e del Pertini per evitare affollamenti e donazioni disorganizzate.
Non sussiste, al momento, un’emergenza sangue.


Le indagini: disastro colposo e ipotesi travaso

Sul fronte investigativo, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per disastro colposo. Secondo le prime ipotesi, l’esplosione potrebbe essere stata causata da un incidente durante il travaso del GPL da un’autocisterna al serbatoio del distributore.
L’intera area è sotto sequestro, mentre i tecnici dei Vigili del Fuoco e dell’Arpa Lazio stanno verificando eventuali contaminazioni e analizzando la dinamica.


L’Italia dei doveri, in attesa dei diritti

Mentre le sirene si allontanano e i riflettori iniziano a spegnersi, resta la voce del Maresciallo Giorgio: “Abbiamo fatto tutto il possibile. Mi dispiace solo non aver salvato più persone”.
E resta il grido dei Vigili del Fuoco: “Servono fatti, non parole”.
Perché chi si getta tra le fiamme non può continuare a farlo da solo, mentre chi governa si limita a commemorare.


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