SE IL CARABINIERE-VOLPE CONTROLLA IL POLLAIO-FORESTALE
Una lettura approfondita del parere del Consiglio di Stato ci aveva permesso di riscontrare una “stortura” in merito alla funzione consultiva del Supremo organo di giustizia amministrativa. Ovvero che in questo caso, e non solo, ad esprimersi sull’accorpamento Forestale/Carabinieri era stato, tra gli altri, il relatore Elio Toscano, già capo di stato Maggiore dell’Arma dei Carabinieri. Insomma una netta violazione del principio “nemo iudex in causa sua”, un brocardo che stabilisce uno dei punti fondamentali del diritto processuale: la terzietà del giudice rispetto all’oggetto della lite. Il dovere di neutralità è, infatti, una caratteristica essenziale della giurisdizione. Il principio che il giudice deve avere una equidistanza processuale rispetto alle parti costituisce un aspetto particolare del più generale principio dell’estraneità che la magistratura deve avere rispetto alle forze politiche ed economiche che operano nella società. La nostra analisi è stata sposata dal Fatto Quotidiano, del quale riportiamo integralmente l’articolo a cura di Toni De Marchi.
Mettereste una volpe a guardia del pollaio? L’astuto villico vi risponderebbe con un gesto di quelli che si definiscono “eloquenti”. Chiedereste all’oste se il suo vino è buono? Qualche turista lo fa, ma i turisti tracciano anche i graffiti sui mosaici di Pompei. Insomma certe cose proprio non si dovrebbero fare. Lo dice naturalmente il buon senso, per chi ce l’ha. La regola aurea è semplice: chi ha direttamente o indirettamente un interesse sia pur minimo in qualcosa non sarà mai un buon custode né un buon consigliere. Né qualcuno del cui giudizio ci si può tranquillamente fidare.
Capirete allora la sorpresa, direi anzi lo sconcerto, quando ho letto il parere del Consiglio di Stato sul decreto legislativo che cancella il Corpo forestale dello Stato. Il governo ha infatti emanato alcuni decreti per l’attuazione della riforma della pubblica amministrazione. La cosiddetta legge Madia, una norma che nessuno sa perché prenda il nome di questa signora. Quando le arrivò l’annuncio della nomina, rivelò in un’epica intervista, stava infatti guardando alla tv Peppa Pig.
La-legge-a-sua-insaputa-Madia prevede tra le altre cose anche la razionalizzazione delle forze di polizia italiane. Che sono ben sei: carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria, Corpo forestale dello Stato e Guardia costiera. Circa 400 mila persone, a spanne. Proposito lodevole ma come tutti i propositi di questo governo trombone si è ridotto a quasi nulla sul piano dei numeri: la cancellazione del Corpo forestale dello Stato, circa 7800 persone. O meglio, anzi peggio, non cancellato ma “assorbito” dall’Arma dei Carabinieri.
Avremo modo di parlare meglio di questa scomparsa e di quanto sia funesta. Per ora limitiamoci a dire quanto sia scellerata l’idea di portare indietro la storia facendo diventare militari settemila persone che fanno parte di un corpo di polizia civile, e che civile è sempre stato. Mentre in tutto il mondo si va verso la progressiva eliminazione dei corpi di polizia militarizzati (il Belgio ha reso civile la Gendarmeria alcuni anni fa, la Spagna sta facendo lo stesso con la Guardia Civil che a dispetto del nome ha ordinamento militare ma non fa parte delle forze armate) da noi si va a gonfie vele controcorrente. Avremo così il non invidiabile primato di avere ben tre delle cinque polizie a ordinamento militare. Mi rendo conto che per un ducetto la cui idea di democrazia è quella di avere un parlamento di nominati, militarizzare qualche migliaio di forestali non è granché.
Ma torniamo al pollaio, meglio al parere del Consiglio di Stato sul decreto legislativo. La valutazione del “supremo consesso” amministrativo è a dir poco entusiastica. La costituzione del Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare dei Carabinieri, questo il nome che assumerà in futuro il Corpo forestale dello Stato se passerà il disegno controriformatore, è salutata con toni quasi da tifo da stadio, più un pamphlet di fan che un severo documento giuridico. Con alcuni pericolosi scivoloni e qualche affermazione del tutto sbagliata che la dice lunga sulla superficialità dell’esame. Cominciamo dall’errore, madornale. Si legge a pagina 24 del documento del Consiglio di Stato: “che prima della completa smilitarizzazione del Corpo forestale, al di là dello status formale degli appartenenti ai Corpi sopra menzionati, il loro ordinamento, ivi compreso quello del Corpo forestale, era qualificabile come “militare”, con la conseguenza che la distinzione fra quest’ultimo e l’Arma si attenuava in modo molto netto; un ritorno a tale originario status dunque, non appare eccentrico in relazione all’evoluzione dell’ordinamento giuridico nel suo complesso”. Vedete, non un arretramento, non una controriforma, solo un ritorno allo status militare originario. Peccato che il Corpo forestale dello Stato non sia mai, dico mai, e ripeto mai stato militare. Neppure quando il maggiore dei forestali Luciano Berti si mise ala testa di un gruppo di allievi del corpo per partecipare al golpe Borghese. Era il dicembre 1970. Neppure durante il fascismo i forestali, quando divennero “milizia”, furono militari. La milizia non fece mai parte delle Forze armate. Per cui quale sarebbe l’originario status a cui ritornerebbero? Una pura e semplice invenzione di chi ha scritto il parere.
D’altronde, qualche pagina prima, lo stesso relatore chiarisce la sua avversione ideologica all’idea che ci possa essere una polizia civile. Dice a pagina 18. “Nell’arco di un trentennio, infatti, si è passati da una concezione, radicatasi sullo scorcio degli anni 70, secondo cui lo status civile era funzionale al rafforzamento dell’efficienza di un corpo di polizia, a quella più recente per la quale sono le competenze – e non lo status – a dare la misura della professionalità”. Dove l’attenzione va messa su quel radicatasi che qui viene usato palesemente non tanto nel senso di attecchire, prendere piede, ma nel senso di radicalizzazione, di estremizzazione tanto che viene subito associato al contesto temporale “sullo scorcio degli anni 70”. Come noto origine di tutti i radicalismi e di tutti i mali.
Dunque tra grossolani errori (sempre a pagina 18 scambia la legge di riforma del corpo del 2004 per la smilitarizzazione dello stesso) e un’analisi fortemente condizionata da un pregiudizio ideologico insanabile, i nostri relatori si spingono anche a suggerire di non lasciare troppi spazi a quegli agenti del corpo che non volessero transitare nei Carabinieri. Perfetto.
Ma, direte voi, che c’azzecca la volpe? E l’oste, qui, dove sta? C’azzecca e come perché chi ha scritto il parere è nientedimeno che un ex vice comandante generale dei (rullo di tamburo…) Carabinieri. Lo so, anch’io in un primo momento non ci credevo, ma poi ho dovuto cedere: il consigliere di Stato Elio Toscano è stato un ufficiale dei Carabinieri, capo di Stato maggiore e vice comandante dell’Arma. Altro che volpe. Questi sono volponi, e che volponi. Che cosa ci potevamo aspettare se non un’entusiastica adesione all’ipotesi di fagocitamento degli ottomila forestali nel behemoth “uso obbedir tacendo”. Ve lo vedete l’ex vicecomandante obiettare all’incorporazione? Chiaro che l’obiettivo autorizza qualche forzatura logica e qualche bugia. Alla fine è per il bene della Patria.
È così paradossale questo documento del Consiglio di Stato che i sindacati del Corpo hanno tardato a reagire, presi in contropiede. La componente che fa capo alla Cgil ha annunciato un documento della Confederazione. Marco Moroni, segretario del sindacato Sapaf, parla di “parere che ci lascia sgomenti e preoccupati per le innumerevoli inesattezze che un così alto consesso non dovrebbe scrivere. A cominciare dalla giustificazione sulla militarizzazione di personale civile solo in virtù del fatto che, nell’acceso al Cfs, ha giurato fedeltà alla Repubblica: quindi, tutti coloro che, accedendo alla pubblica amministrazione, hanno fatto tale giuramento possono essere militarizzati”. “È chiaro” prosegue Moroni “che si vuole giustificare una scelta (scellerata) politica con motivazioni (poco) giuridiche”. Cose che succedono quando alle porte dei pollai si mettono le volpi.