Scontri in Kosovo: migliorano le condizioni dei militari italiani. Il premier Kurti: “Coraggiosa azione dei soldati italiani”
Il ministero della Difesa ha fatto sapere che i militari italiani coinvolti negli scontri nella regione al confine tra Kosovo e Serbia stanno bene. Il premier kosovaro Albin Kurti ha parlato di azione coraggiosa da parte dei soldati del Kfor, la missione della Nato. Critiche invece da parte di Russia e Cina.
Migliorano le condizioni dei 14 militari italiani rimasti feriti ieri, lunedì 29 maggio, a Zvecan, nel nord del Kosovo. Lo comunica il ministero della Difesa, rendendo noto che il ministro Guido Crosetto “è rimasto fino alla notte inoltrata di ieri in contatto con i ministri della Difesa dei Paesi contributori alla missione Kfor (Kosovo Force), tra cui il Segretario di Stato alla Difesa del Regno Unito Ben Wallace“. Obiettivo dei fitti colloqui “è stato quello di esercitare la massima pressione sulle autorità di Serbia e Kosovo per mitigare le tensioni e riportare le parti a un costruttivo e pacifico dialogo”.
Le unità dell’Esercito Italiano intervenute, in concorso alle altre forze della Kfor e della Polizia Kosovara, per ristabilire l’ordine e proteggere le infrastrutture pubbliche in località Zvecan (Nord Kosovo) sono rientrate nella base italiana di Villaggio Italia stamane dopo aver lasciato il posto a un’altra unità della Kfor. I militari italiani feriti, nel corso degli scontri con i manifestanti, sono stati 14 (tutti appartenenti al 9° Reggimento Alpini) e sono stati trasportati in diverse strutture sanitarie della Kfor nella regione.
In particolare, uno dei militari è stato portato presso l’ospedale militare Nato specialistico di Skopje, un altro presso l’ospedale militare Nato di Pristina per le cure e gli accertamenti del caso. Tutti gli altri militari coinvolti sono stati assistiti al posto di medicazione della base italiana di Villaggio Italia a Peja-Pec. Tre dei militari coinvolti sono stati già dichiarati guariti e hanno ripreso regolarmente servizio. Nella serata di ieri il Generale C.A. Francesco Paolo Figliuolo, Comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze, si è recato in Kosovo dove ha portato il saluto e gli auguri di pronta guarigione del ministro della Difesa Crosetto ai militari feriti.
Il premier Kurti: “Coraggiosa azione dei soldati italiani”
“In un colloquio odierno con il ministro italiano Antonio Tajani, ho trasmesso la profonda gratitudine del governo e del popolo della Repubblica del Kosovo per le truppe italiane della Kfor e per la coraggiosa azione dei soldati italiani con l’obiettivo di preservare la pace di fronte all’estremismo violento. Auguro ai feriti una piena e rapida guarigione”, ha scritto il premier del Kosovo Albin Kurti.
Tajani: “L’obiettivo è un dialogo pacifico”
Proprio il ministro degli Esteri ha pubblicato nelle scorse ore un aggiornamento sulla situazione nel Paese. “Ho avuto una videoconferenza con il Gen. Figliuolo e l’Amb. in Kosovo De Riu: piena solidarietà ai militari feriti. Sono seguiti da vicino e migliorano. La missione Kfor della Nato resta schierata e operativa: il nostro obiettivo è riportare Serbia e Kosovo a un dialogo costruttivo e pacifico“, ha affermato in un tweet Tajani.
Perché ci sono stati scontri in Kosovo
Quindici anni dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, la regione balcanica continua a essere epicentro di tensioni. L’ultima escalation di ieri ha le sue radici nelle elezioni locali del 23 aprile, quando sono andati al voto quattro comuni settentrionali dove la comunità serba rappresenta la maggioranza della popolazione. Gli elettori serbi hanno però boicottato le urne, consentendo ai rappresentanti di etnia albanese di assumere il controllo dei consigli locali. I disordini nella regione si sono intensificati dall’insediamento dei sindaci, la cui autorità non è riconosciuta dai cittadini di etnia serba. Questi ultimi sono scesi in piazza, chiedendo il ritiro dei primi cittadini, come pure delle forze speciali della polizia kosovara, inviate sul posto in previsione delle tensioni. Gli agenti di Pristina sono accusati di aver usato il pugno di ferro sui manifestanti e ieri le forze di interposizione Nato della missione Kfor sono intervenute per sedare gli scontri: tra i militari feriti 14 italiani e 19 ungheresi.
Indipendenza mai accettata dai serbi
I serbi kosovari non hanno mai accettato la dichiarazione di indipendenza dalla Serbia del 2008, riconosciuta dai principali Paesi dell’Ue e dagli Stati Uniti, ma non dalla Russia, e considerano Belgrado la propria capitale. Gli albanesi etnici costituiscono oltre il 90% degli 1,8 milioni di abitanti del Kosovo, i serbi – che si stima siano in tutto 120mila – si concentrano per lo più nelle enclave del Nord: chiedono da tempo l’attuazione di un accordo del 2013 mediato dall’Ue per la creazione di un’associazione di comuni autonomi nella loro area.
Belgrado accusa di aver provocato gli incidenti il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, che venerdì aveva utilizzato le forze speciali di polizia contro i manifestanti per forzare l’ingresso dei sindaci nei municipi. Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha invitato i serbi del Kosovo a manifestare pacificamente e “a non entrare in conflitto con la Nato”, ribadendo anche l’invito ai Paesi occidentali a premere su Pristina per il ritiro dei sindaci. Serbia e Kosovo stanno negoziando la normalizzazione delle loro relazioni nel quadro di un nuovo piano dell’Unione europea, sostenuto dagli Stati Uniti, in un processo spesso interrotto da crisi e tensioni.
Vucic all’Occidente: “Fare pressione sui sindaci albanesi”
In un incontro con gli ambasciatori del Quintetto (Usa, Regno Unito, Germania, Francia e Italia) e il capo della delegazione permanente Ue in Serbia, il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha invitato i diplomatici occidentali a fare pressione su Pristina perché richiami i sindaci albanesi e a ritirare le forze speciali di polizia dal Nord della regione. “Ho parlato con gli ambasciatori dei Paesi del Quintetto sugli attuali eventi in Kosovo e Metohija e ho sottolineato che i passi unilaterali di Pristina portano alla violenza contro i serbi, che ci allontanano dalla pace e dalla stabilità nella regione. L’urgente ritiro dei falsi sindaci e il ritiro delle cosiddette forze speciali di polizia di Pristina è una condizione per preservare la pace in Kosovo e Metohija”, ha dichiarato Vucic
Borrell: “Non possiamo permetterci un’altra guerra”
“C’è stata fin troppa violenza, abbiamo già molto violenza oggi in Europa. Non possiamo permetterci un altro conflitto. Spero che la mia voce venga ascoltata e che le persone si comportino in base alle nostre richieste”. Lo ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, in una conferenza stampa con il presidente del Montenegro, Jakov Milatovic, in merito agli scontri in Kosovo.
“Noi, l’Unione europea, siamo fermamente al fianco della Kfor-Nato per la piena attuazione del suo mandato e nell’interesse della pace e della stabilità in Kosovo. Ho avuto contatti con il premier kosovaro Albin Kurti, questa mattina, e con il presidente serbo Aleksandar Vucic, ieri. Ho chiesto a entrambi di adottare con urgenza misure per ridurre le tensioni immediatamente e senza condizioni. Ogni ulteriore azione unilaterale dev’essere evitata e la calma va ripristinata – ha aggiunto Borrell – Come primo passo, mi aspetto che le autorità kosovare sospendano le operazioni di polizia concentrate sugli edifici municipali nel Nord del Kosovo e che i manifestanti violenti si fermino. E continuerò a impegnarmi con entrambi i leader nel confronto”, ha concluso Borrell.
Cosa pensa la Russia della crisi in Kosovo
Sui disordini nel Nord del Kosovo è intervenuta anche la Russia. “Il contingente Nato Kfor ha mostrato mancanza di professionalità in Kosovo ed è diventato un fattore nell’escalation in corso nel nord del Paese”. Lo ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. “La situazione di crisi si è rivelata troppo dura per i peacekeeper della Nato Kosovo Force (Kfor). Non solo hanno mostrato la loro mancanza di professionalità, ma loro stessi sono diventati una fonte di violenza inutile, fattore di escalation”, ha sottolineato, denunciando un “approccio dichiarato neutrale rispetto allo status, che da tempo si è trasformato in una finzione”.
“Il contingente Nato non ha mai veramente difeso i serbi della provincia, ma mantiene invece lo status quo imperfetto, con il dilagante estremismo albanese del Kosovo e la pulizia etnica anti-serba“, ha detto Zakharova e poi ha aggiunto: “Chiediamo all’Occidente di mettere finalmente a tacere la sua falsa propaganda, smetterla di incolpare per gli incidenti in Kosovo i serbi che stanno pacificamente, senza armi in mano, cercando di difendere i loro diritti legali e le loro libertò. Questo è proprio il caso in cui nella ricerca di colpevoli i mediatori degli Stati Uniti e dell’Ue farebbero meglio farsi coraggio e guardarsi allo specchio”, ha concluso Zakharova.
Cina: “Sostegno alla Serbia sulla salvaguardia della sovranità”
Sull’escalation è intervenuta anche Pechino. “La Cina dichiara il proprio sostegno agli sforzi della Serbia per salvaguardare la sua sovranità e integrità territoriali”. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, sottolineando che “Pechino esorta la Nato a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale dei Paesi interessati e a fare veramente cose che favoriscano la pace regionale”.
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