RINNOVO CONTRATTO, ARRETRATI IN BUSTA PAGA PRIMA DEL VOTO
(di Gianni Trovati) – Via libera del Governo all’accordo sul contratto degli statali. Il Cdm ha infatti detto sì all’intesa del 23 dicembre tra sindacati e Aran, l’Agenzia che tratta per la ministra Madia. Intanto l’esecutivo accelera la procedura post-intesa sul nuovo contratto degli statali, con l’obiettivo di portare una parte dei suoi effetti nelle buste paga di fine febbraio. Anticipando così di pochi giorni l’appuntamento del voto. L’impresa non riuscirà per gli aumenti a regime, che insieme all’«elemento perequativo» (cioè il tassello aggiuntivo da 20-25 euro previsto nel 2018 per i livelli di inquadramento più bassi) dovrebbe affacciarsi solo a marzo.
Ma potrebbe essere centrata per gli arretrati, relativi ai due anni e due mesi passati senza contratto nel triennio 2016-2018. L’una tantum, secondo i calcoli dell’amministrazione, vale in media 492 euro lordi, e oscilla dai 370 euro della fascia più bassa ai 712 euro destinati a chi occupa l’ultimo scalino prima della dirigenza. Le stime finora avevano parlato di cifre un po’ più alte perché prevedevano l’arrivo degli arretrati a fine marzo, insieme agli aumenti. Ma le urgenze di calendario premono, e oggi il consiglio dei ministri potrebbe dare il via libera all’accordo che a questo punto avrebbe bisogno solo del «visto» della Corte dei conti prima della firma finale. E tutto lascia intuire che l’esame da parte dei magistrati contabili sarà accelerato.
La questione non riguarda tutto il pubblico impiego, ma solo le 270mila persone che lavorano nei ministeri, nelle agenzie fiscali e negli enti pubblici non economici come l’Inps o l’Aci (oltre al Cnel sopravvissuto al referendum), oggi tutti riuniti sotto l’etichetta delle «funzioni centrali». L’attesa del finanziamento definitivo dei contratti, arrivato solo con l’ultima legge di bilancio, del resto ha reso impossibile avviare la macchina dei rinnovi in tempo per firmare tutti gli accordi prima della fine della legislatura. Fuori dalle «funzioni centrali», solo polizia e forze armate appaiono vicino al traguardo, qualche settimana in più servirà ai 650mila dipendenti della sanità mentre scuola ed enti territoriali devono ancora risolvere problemi importanti: prima di tutto le risorse necessarie a finanziare gli aumenti.
L’accelerata su ministeriali e affini, in ogni caso, ha un’evidente ricaduta politico-elettorale perché produce 270mila buste paga maggiorate pochi giorni prima del 4 marzo. Ma è resa possibile, sempre in assenza di improbabili inciampi in Corte dei conti, anche da un fatto tecnico. I cedolini dell’amministrazione centrale viaggiano sul sistema telematico «NoiPa», il canale unico che evita il lavoro di adeguamento dei vari sistemi necessario invece negli altri comparti della Pubblica amministrazione.
In base al classico sistema «lineare» che guida i nuovi aumenti contrattuali, e propone un incremento del 3,48% della retribuzione complessiva, anche gli arretrati seguono un’analoga progressione, e crescono man mano che si sale nella gerarchia degli uffici. Il calcolo dell’una tantum lorda in arrivo per ogni dipendente è misurato in base ai fondi messi a disposizione per ogni anno dalle ultime manovre, quelle che hanno preceduto la legge di bilancio 2018 con cui si è chiusa la partita dei finanziamenti.
Per il 2016, dopo che a luglio del 2015 la sentenza 148 della Corte costituzionale ha imposto di far finire la lunga era del blocco contrattuale, il governo si era limitato ad accantonare un “gettone” da 300 milioni di euro, equivalenti a un aumento medio da 9 euro lordi. La manovra successiva aveva fatto crescere a 900 milioni i fondi per il 2017, e a 1,2 miliardi quelli per l’anno successivo: cifre che si traducono in un ritocco medio lordo rispettivamente intorno ai 26 e ai 38 euro.
Sulla base di questa progressione, nel cedolino arriveranno 28 mensilità: le 13 a testa del 2016 e del 2017 e le due di quest’anno che precedono lo sprint finale. (Il Sole 24 Ore)