PUNIZIONI NELL’ARMA: MEGLIO ATTENDERE UN RINVIO A GIUDIZIO O UN ATTO “GARANTITO”
La Legge Madia, nel rinnovare la pubblica amministrazione ha accantonato la specificità del Comparto Sicurezza e Difesa novellando l’articolo 1393 del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) che disciplina i rapporti tra procedimenti disciplinari e procedimenti penali riguardanti il personale militare. Tale norma ha esteso, infatti, al personale delle Forze armate le norme sul procedimento disciplinare dei dipendenti della Pubblica Amministrazione prendendo provvedimenti disciplinari nei confronti dei militari anche se il processo che riguarda questi fatti non si è concluso.
Una norma che ha destato sin da subito non poche polemiche circa l’azzardata realizzabilità di tale provvedimento per gli uomini e le donne che vestono l’uniforme, soggetti ad un particolareggiato e specifico codice disciplinare e facilmente esposti, per la natura del servizio (specialmente per chi svolge compiti di polizia) ad eventuali violazioni del codice penale.
Oggi a suffragare le preoccupazioni iniziali “l’l’inversione di tendenza” desumibile da una recente nota del Comando Generale dell’Arma dei carabinieri. Evidentemente troppi procedimenti disciplinari, troppe archiviazioni in sede penale, poche (pochissime) garanzie per il destinatario del provvedimento ed il rischio di compromettere il segreto istruttorio.
“Il primo periodo di applicazione del testo novellato dell’articolo 1393 del Codice dell’Ordinamento Militare (COM) – si legge nella nota – rielaborato per consentire l’immediato avvio di procedimenti disciplinari in presenza di comportamenti penalmente rilevanti, ha fatto registrare un numero notevole di rinvii “a soddisfatta giustizia” (tendenzialmente nel 90% dei casi).
I rinvii sono disposti, oltre che per fatti posti in essere nello svolgimento delle funzioni istituzionali o in adempimento a obblighi e doveri di servizio, in molte situazioni in cui le verifiche disciplinari rischierebbero di violare il segreto delle indagini in corso. Questo perche l’Arma – come Amministrazione – viene assai spesso a conoscenza di fatti di rilevanza disciplinare allorché procede nella qualità di organo di polizia giudiziaria, dunque in una fase eccessivamente anticipata rispetto alla possibilità di rendere i fatti conoscibili agli interessati.
Ne deriva un disallineamento rispetta agli altri dipendenti pubblici, o agli appartenenti delle altre Forze Armate, le cui Amministrazioni vengono a conoscenza della vicenda penale solo all’atto della richiesta di rinvio a giudizio, o in presenza di un atto “garantito” (informazione di garanzia, provvedimento cautelare. perquisizione, sequestro. interrogatorio, avviso di conclusione o di proroga delle indagini, etc )
Per ovviare a tale oggettiva discrasia, è necessario sottolineare come l’articolo 1393 COM, al 1° comma, preveda espressamente che il procedimento disciplinare sia avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale per fatti “in relazione ai quale procede l’autorità giudiziaria “.
A partire da tale nota, dunque, i procedimenti disciplinare saranno instauranti a seguito di un atto formale dell’autorità giudiziaria (sopra menzionate) preservando il segreto investigativo e consentendo un’attività più completa e libera da condizionamenti, anche a maggior garanzia del militare coinvolto.