Poliziotto vince contro il Ministero: il TAR cancella la macchia sulla carriera dopo 8 anni. ‘Una deplorazione non può durare per sempre’
(di Avv. Umberto Lanzo)
Una storia di riscatto professionale che si conclude nelle aule del TAR Puglia. Protagonista un assistente capo della Polizia di Stato che non si è mai arreso davanti a quella “deplorazione” che dal 2016 pesava sulla sua carriera come un macigno. Una sanzione disciplinare che, nonostante l’assoluzione in sede penale e anni di servizio impeccabile, continuava a proiettare ombre sul suo percorso professionale.
Ma la determinazione dell’agente ha avuto la meglio sulla rigidità burocratica: il Tribunale Amministrativo Regionale ha infatti accolto il suo ricorso, annullando il decreto ministeriale che gli negava la riabilitazione. Una sentenza che non solo restituisce dignità al poliziotto, ma stabilisce un importante precedente per tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine.
La sanzione della deplorazione
La vicenda prende le mosse da una “deplorazione” – una dichiarazione scritta di formale riprovazione nell’ordinamento della Polizia di Stato – inflitta nel 2016.
I fatti
Come riportato in sentenza, il ricorrente aveva subito un procedimento penale “per il reato di cui agli artt. 56, 624, 625, comma 2 c.p. – perché, in data 3 aprile 2012, mediante violenza sulle cose, rappresentata dall’aver rimosso il sistema antitaccheggio, si impossessava di beni per un valore di 51,94 euro”. Il procedimento si concluse “con sentenza di assoluzione in quanto lo stesso dipendente è stato dichiarato non punibile per la particolare tenuità del fatto”.
Le motivazioni del TAR
Il Tribunale ha accolto il ricorso evidenziando specifiche carenze:
- “Non risultano essere stati prese adeguatamente in considerazione le valutazioni favorevoli della Questura di Bari circa la condotta tenuta dal ricorrente nel periodo di osservazione successivo alla sanzione”
- “Il diniego del beneficio non può essere fondato sul mero rilievo della non sufficienza del tempo trascorso a dimostrare un ravvedimento operoso, ma deve basarsi su una puntuale valutazione del contegno complessivamente tenuto nell’assolvimento degli obblighi di servizio”
- “Non è possibile comprendere come a fronte del consistente lasso di tempo trascorso dai fatti, del giudizio positivo di ‘ottimo’ riportato dal ricorrente nel periodo successivo alla irrogazione della sanzione, della archiviazione del procedimento penale, il ricorrente non risulti meritevole della riabilitazione disciplinare”
Considerazioni sull’autostima
Il TAR ha posto particolare attenzione anche agli aspetti personali, evidenziando che il diniego della riabilitazione può comportare “profili morali e di lesione dell’autostima, che pure potrebbero derivare da una situazione come quella in esame con possibili riflessi sulla stessa attività di servizio”.
Decisione
Il TAR ha accolto il ricorso annullando gli atti impugnati e condannando il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in € 2.000,00 oltre oneri di legge.
L’Amministrazione dovrà riesaminare la posizione del ricorrente alla luce delle considerazioni espresse nella sentenza.
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