Poliziotto morì per il fumo passivo in carcere a 44 anni: un milione di euro di risarcimento alla famiglia
Una battaglia umana e civile condotta per dodici lunghi anni e ora, per la prima volta, il ministero della Giustizia è stato condannato a risarcire con un milione di euro i familiari di un agente penitenziario, deceduto nel 2011 a causa degli effetti del fumo passivo, inalato mentre lavorava in carcere, che lo aveva fatto ammalare di tumore.
Il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria è ben cosciente che la sentenza non elimina le gravi problematiche connesse al fumo passivo e che non si può togliere la possibilità ai detenuti di fumare del tutto, ma alla luce della recente sentenza, che rinvigorisce la propria battaglia a tutela dei diritti, torna a chiedere con urgenza l’installazione, nelle sezioni detentive, del maggior numero di aeratori possibile, di riconoscere tutte le patologie contratte dai lavoratori connesse con il fumo passivo dipendenti da causa di servizio con categoria; di dotare i poliziotti di presidi sanitari (mascherine) per una maggiore protezione dal fumo; di prevedere un’indennità specifica per i poliziotti che lavorano a contatto con la popolazione detenuta, per compensare il rischio sanitario a cui vanno incontro.
In riferimento al caso specifico invece il Sappe ha chiesto al Presidente della Repubblica Mattarella di intervenire presso il ministro Carlo Nordio affinché non proponga nessun appello poiché “le responsabilità sono chiare e dimostrate, per cui un ricorso servirebbe solo per perdere tempo e non per fare giustizia, uccidendo un’altra volta il collega morto, e impegnandosi a presentare le richieste del sindaco già al prossimo consiglio dei Ministri, come primo atto di risarcimento per i danni causati a migliaia di poliziotti, costretti a lavorare in ambienti altamente inquinati per anni”.
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