Poliziotto assolto: è innocente. Ma lo Stato gli richiede i soldi
Ci sono due assurdità, in questa storia. La prima: i tempi dei processi e delle decisioni sui vari ricorsi. L’altra, il merito della vicenda. Il “c’era una volta” risale al lontano agosto del 2001 (poco prima degli attentati a New York, capite?) e il finale ad appena a un mese fa.
Sono i diciotto anni di calvario di un poliziotto prima accusato, poi assolto, infine beffato da quella stessa amministrazione cui presta servizio dal 1990.
Luca Olivieri è un vice ispettore di polizia. Sul curriculum vanta due conflitti a fuoco, una serie di lodi, encomi solenni e pure una promozione per merito straordinario. Prima in servizio alla sezione Catturandi (quella che dà la caccia ai latitanti), poi a quella anti-rapina, è anche grazie a lui se due big mafiosi come Michele Zagaria e Marco Di Lauro sono finiti in manette. Con un pedigree così, direte, che problemi potrà avere mai avuto?
Tutto inizia il 12 agosto del 2001 a Napoli, quando Olivieri e due colleghi notano un’auto su una corsia preferenziale. Lo invitano ad accostare, gli chiedono i documenti e gli contestano alcune violazioni del codice della strada. Un caso come tanti. Un mese dopo, però, l’autista del mezzo decide di sporgere querela nei confronti dei tre poliziotti che, a suo dire, l’avrebbero insultato con frasi del tipo “scurnacchiato”, “mettiamo il pesce in bocca a tuo fratello”, “guardo a ‘sto ricchione” e via dicendo. Gli agenti vengono indagati e poi rinviati a giudizio con l’accusa di ingiurie e minacce con abuso di potere e violazione dei doveri. Un processo che impedisce loro di partecipare a concorsi per l’avanzamento di qualifica. Nel 2008 (sette anni dopo i fatti) arriva finalmente la sentenza: assolti “perché il fatto non sussiste”. Il giudice, come si legge negli atti, ha considerato la ricostruzione del querelante “non convincente”, perché basata su dichiarazioni “equivoche e mosse dallo specifico e ben determinato interesse di evitare il pagamento delle sanzioni amministrative”. Dunque “prive di quel rassicurante grado di attendibilità che consenta di fondare un sicuro giudizio di colpevolezza”.
Il dramma è che un processo costa. Molto. L’ispettore all’inizio del calvario chiede al ministero dell’Interno l’anticipo delle spese di difesa, ottenendo 2.500 euro. Poi però i costi lievitano e alla fine la parcella degli avvocati sfiora quota 20mila euro. Come previsto dalla legge, tutti i dipendenti delle forze di polizia hanno diritto al rimborso delle spese legali “sostenute a seguito di procedimenti giudiziari instaurati contro di loro per attività connesse al servizio”. Basta che alla fine la sentenza ne escluda la responsabilità. Olivieri viene assolto, quindi si aspetta di non doverci rimettere i risparmi di una vita e invia l’istanza al Viminale. Nel 2009, però, la doccia gelata: l’Avvocatura dello Stato risponde “picche”, negando il sostegno economico. Il motivo? Il giudice ha sì assolto l’agente, ma le motivazioni della sentenza non consentirebbero di “ritenere esclusa la responsabilità dell’imputato”.
In sostanza Olivieri è innocente per i giudici, ma potenzialmente colpevole per lo Stato. Quindi niente rimborso. Così, dopo la battaglia in Tribunale, ne inizia un’altra contro il Viminale. L’ispettore si rivolge al Tar, che però rigetta il ricorso. Nel 2012 viene chiamato in causa il Consiglio di Stato: le toghe amministrative valutano il caso, passa il tempo e intanto il ministero rivuole indietro pure i 2.500 euro anticipati qualche anno prima. Oltre al danno, pure la beffa.
Sette anni dopo (!), cioè pochi mesi fa, la svolta: in sede giurisdizionale i giudici si pronunciano a favore di Olivieri, condannando il ministero “al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio” (3mila euro) e alla liquidazione delle parcelle degli avvocati per il processo penale originario (circa 17mila). L’assoluzione “dubitativa” ipotizzata dall’Avvocatura, infatti, è stata ormai rimossa dal nostro ordinamento perché in contrasto con la Costituzione. Tradotto: Olivieri è stato assolto e non possono esserci dubbi. Ha diritto al rimborso. Intanto, però, ha dovuto lottare con i denti per anni, investendo cifre importanti. Forse si potevano evitare 10 anni di liti tra un servitore dello Stato e chi avrebbe il compito di tutelarlo.
Articolo a cura di Giuseppe De Lorenzo per il Giornale.it