Poliziotta trovata morta in carcere a Venezia: «Sesso tra agenti e detenute: ecco perché è stata uccisa»
Non finisce di riservare sorprese la vicenda relativa alla morte di Maria Teresa Trovato Mazza, Sissy, l’agente di polizia penitenziaria ventottenne, originaria di Taurianova, il cui corpo fu rinvenuto in un lago di sangue, il 1. novembre del 2016, in un ascensore dell’ospedale di Venezia (dove aveva visitato una detenuta), con un proiettile che le aveva trapassato il cranio.
Nell’autunno del 2019 la Procura ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sostenendo che si è trattato di un suicidio e che non vi è alcun mistero da chiarire (la morte della giovane è avvenuta il 12 gennaio del 2019, dopo due anni di calvario). Ma, lo scorso gennaio, una detenuta del carcere della Giudecca, ha rivelato all’allora comandante della polizia penitenziaria, alcuni episodi a sua conoscenza che indicano una collega di Sissy come possibile responsabile dell’uccisione, su mandato di alti vertici del carcere.
Droga e amori fra detenute e agenti
Il tutto perché la ventottenne sarebbe stata considerata una presenza scomoda, alla luce delle ripetute segnalazioni presentate ai superiori su giri di droga nelle celle, ma anche e soprattutto su rapporti sentimentali (e sessuali) tra detenute e agenti di custodia.«Vidi la lite per un bacio», la Cacco parla dell’agente che si è sparata
Da allora il pm Elisabetta Spigarelli ha eseguito una serie di accertamenti alla ricerca di eventuali conferme e riscontri, senza trovarli, e la detenuta è finita sotto accusa per il reato di calunnia per aver accusato l’agente di polizia penitenziaria di omicidio pur sapendola innocente. La donna è già stata interrogata alla presenza del suo difensore, l’avvocato Mauro Serpico, e ha spiegato di non aver voluto accusare nessuno, limitandosi a riferire avvenimenti a sua conoscenza. La Procura ha già chiesto il suo rinvio a giudizio: tra le cose da chiarire al processo vi è il perché la detenuta abbia deciso di fare le sue rivelazioni a distanza di oltre due anni dal fatto. Nel frattempo era uscita dal carcere grazie ad alcuni permessi.
Dal racconto della detenuta esce un quadro a tinte fosche di quanto sarebbe avvenuto all’interno del penitenziario femminile veneziano, contraddistinto da forti tensioni esistenti tra varie agenti penitenziarie a causa di gelosie per relazioni sentimentali tra loro e con detenute. Sissy sarebbe stata mal vista per le ripetute segnalazioni presentate alle superiori, che peraltro non avrebbero avuto alcun seguito.
La detenuta, ora imputata di calunnia, sostiene di aver ricevuto confidenze da Sissy, ma anche da altre agenti, e riferisce di aver assistito a diversi episodi che la portarono a fare la segnalazione finita sotto accusa. In un’occasione ascoltò la guardia da lei indicata come la possibile assassina, dire ad una collega: «A Sissy ci penso io». Successivamente Sissy rientrò alla Giudecca con alcuni lividi e le raccontò di essere stata picchiata proprio da quella collega e da una sua amica. Il 1. novembre del 2016, quella stessa guardia sarebbe rientrata in carcere sconvolta. E, in una successiva occasione, si sarebbe messa in ginocchio di fronte alla detenuta implorandola di non raccontare nulla di quanto sapeva.
Trappola per la presunta assassina
Lo scorso gennaio, dopo aver raccolto la segnalazione, la comandante della Giudecca organizzò una sorta di trappola: la detenuta fu inviata a parlare con l’agente incriminata nella speranza che riuscisse ad indurla a confessare, mentre altre due guardie origliavano da dietro una porta. La presunta colpevole, messa alle strette dalla detenuta, si mise a piangere, dichiarando di non riuscire più a dormire dopo la morte di Sissy e di meditare il suicidio. Da parte sua nessuna smentita sdegnata di fronte alle accuse che le venivano rivolte dalla detenuta, ma neppure alcuna confessione del delitto. Al processo per calunnia ci sarà spazio per chiarire i molti lati ancora oscuri.Nel frattempo, il prossimo 23 luglio, è in programma l’udienza relativa alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla morte di Sissy: i genitori della ventottenne si oppongono e insistono per altre indagini: a loro avviso nell’ascensore con la figlia c’era un’altra persona, ed è stata lei ad ucciderla. A tal fine sarà depositata una consulenza per dimostrare che, se si trattasse di suicidio, ci dovrebbero essere tracce di sangue sulle maniche di Sissy. Tracce invece non trovate. Il caso, dopo quasi 3 anni e 8 mesi non appare ancora chiuso.
Redazione articolo a cura del Messaggero