Polizia, se non hai il vestiario e lo compri, rischi la punizione. Il paradosso della circolare Gabrielli
Con l’arrivo dell’autunno la Polizia è in preda alla febbre da circolare. In pochi giorni si sono susseguite infatti due circolari che hanno destato non poco scalpore. Parliamo di quella su l’ utilizzo dei social network e l’ultima sul divieto di indossare equipaggiamenti e vestiario non fornito dall’amministrazione. Garantire l’uniformità è il principio cui, almeno nelle divise, dovrebbe ispirarsi una forza di polizia, ma in mancanza di assegnazione cosa dovrebbe fare un poliziotto?
Occorre inoltre constatare che non sempre l’equipaggiamento e il vestiario forniti dall’amministrazione sono garanzia di sicurezza per gli operatori e di decoro per l’istituzione. Sempre più spesso si assiste a mancate assegnazioni o addirittura, seppur di rado, a materiale che si logora ai primi utilizzi.
Per non parlare dell’equipaggiamento “particolare” come guanti anti-taglio, giubbotti antiproiettile, torce elettriche portatili, che molte volte i poliziotti acquistano di tasca propria su siti specializzati.
“Tutti i poliziotti sarebbero ben contenti di utilizzare solo il materiale fornito dall’Amministrazione.” È quanto sottolinea Elvio Vulcano, portavoce del sindacato di Polizia LeS (libertà e Sicurezza) in un intervista ad Andriaviva.it.
“Il problema è che il vestiario che viene fornito è quantitativamente insufficiente: a chi mancano le scarpe, a chi mancano i pantaloni, a chi le maglie o le polo, etc. Entrare in un magazzino VECA, ovvero il settore della Polizia che provvede alla vestizione del personale ed uscire con una divisa completa e della propria taglia da molti anni è diventato un fatto eccezionale. Inoltre se ai poliziotti ed alle poliziotte, ad esempio, d’estate viene fornita una sola polo, peraltro fatta di materiale parzialmente sintetico, si immagina in quali condizioni si torna a casa? Ma la polo è una sola e poche ore dopo deve essere indossata nuovamente. Quante sono le colleghe ed i colleghi che possono lavarle e farle asciugare nel giro di poche ore, per poterle indossare quando riprenderanno il servizio? Pochissimi. Da qui nasce l’esigenza di acquistare alcuni capi con i soldi propri.
Il Capo forse non ha tenuto in considerazione che questi indumenti non si vendono liberamente in negozi qualsiasi e nemmeno nelle bancarelle dei mercati rionali ma si vendono negli spacci all’interno delle Questure. Quindi è materiale che, in qualche modo, deve essere stato autorizzato dall’Amministrazione, per cui esso non può essere nemmeno potenzialmente pericoloso. Altrimenti l’Amministrazione, da un lato, dovrebbe vietarne la vendita e, dall’altro, dovrebbe trovare le risorse per fornire un abbigliamento sufficiente a tutto il personale, anche delle giuste taglie, senza costringere i poliziotti a togliere i propri soldi alle famiglie per comperare da sé stessi le divise o parte di esse. Ma anche il materiale comprato all’esterno, si può acquistare solo in negozi specializzati dietro riconoscimento dell’appartenenza. Quindi ribadisco, saremmo tutti contenti, anche perché si tratta di indumenti abbastanza costosi ed i poliziotti e le poliziotte farebbero molto volentieri a meno di comprarli con il loro denaro, se proprio non ne fossero costretti. Chi non ha la divisa completa, come previsto, anche di calze e calzini, farà una relazione di servizio informando il superiore delle eventuali mancanze. Poi sarà il dirigente che dovrà autorizzare formalmente il personale ad utilizzare il materiale non fornito o impiegare lo stesso in servizi con abiti civili. Visto il contenuto della Circolare, consiglieremo a tutto il personale di presentare questa relazione, altrimenti si rischia in caso di infortunio sul lavoro di non veder riconosciuto un eventuale risarcimento, anche se uno ha solo i calzini non forniti dall’Amministrazione.”