Perequazione previdenziale militari e forze di polizia: “se non si interviene in pensione con il 60% dell’ultimo stipendio”
I sindacati militari e di Polizia sollecitano l’approvazione del disegno di legge (AS N. 2180), recante “Norme di perequazione previdenziale per il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico”. Tale disegno di legge, come si legge nella sua relazione, ha “lo scopo di adattare l’attuale normativa pensionistica alle specificità del personale del comparto difesa e sicurezza”, specificità riconosciuta per legge al Comparto Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico dall’art. 19 della Legge 4 novembre 2010, n. 183.
Si sottolinea come, il vigente limite ordinamentale (cd “vecchiaia”) per gli appartenenti al comparto Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico, fissato per legge per la quasi totalità e in ragione della peculiarità delle funzioni svolte a 60 anni, produce una evidente penalizzazione, ancor più aggravata dal mancato avvio di alcuna forma di previdenza complementare per il personale in questione.
COSA PREVEDE IL DISEGNO DI LEGGE
Gli ordinamenti del personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, prevedono, per il pensionamento cosiddetto « di vecchiaia », limiti di età diversi, in relazione al grado rivestito, ma comunque più bassi rispetto a quelli previsti per la generalità del pubblico impiego. Anche restando in servizio fino al massimo di età previsto dal proprio ordinamento, questo personale non riesce a raggiungere i coefficienti di trasformazione più favorevoli, che la legge fissa al raggiungimento di età avanzate.
Questa circostanza, aggravata dalla mancata istituzione di alcuna forma di previdenza compensativa, crea una situazione di estremo svantaggio per il personale del comparto nel momento del pensionamento, dopo una carriera professionale dedicata alla difesa dello Stato e dei suoi cittadini. Il personale che accede attualmente alla pensione, essendo stato assunto prima del 1996, può ancora godere di una parte del trattamento pensionistico calcolato con il metodo retributivo, circostanza che in parte allevia la penalizzazione prodotta dal meccanismo di calcolo contributivo. La componente calcolata col sistema retributivo è però destinata, negli anni, ad assottigliarsi sempre di più, rendendo la penalizzazione sempre maggiore. Per i «nuovi assunti », in servizio dal 1° gennaio 1996, cui sarà applicato il calcolo « contributivo puro », la situazione si farà davvero difficile, considerando che non sarà a loro garantita neppure la percentuale del 60 per cento dell’ultimo stipendio già individuata dalla legge finanziaria del 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) quale limite minimo insuperabile nel rapporto tra pensione e ultima retribuzione percepita (cosiddetto « tasso di sostituzione »). Non è d’altro canto ipotizzabile prevedere un innalzamento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia, che sarebbe incompatibile con la peculiarità delle funzioni svolte dal personale del comparto. Risulta pertanto urgente e non più rinviabile ridefinire i coefficienti di trasformazione applicabili per questo personale all’atto del pensionamento « per vecchiaia », in modo da renderli aderenti agli attuali limiti ordinamentali. Si tratta quindi di intervenire con una norma di equità contributiva, equiparando il coefficiente di trasformazione indicato per il pubblico impiego al momento di accedere al pensionamento per limiti di età.
L’articolo 1 del disegno di legge introduce una specifica modalità di computo della pensione annua per il personale di cui all’articolo 19, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, che cessa dal servizio per il raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito dall’ordinamento dell’amministrazione di appartenenza. In particolare, per tale personale, l’importo della pensione annua è determinato, nella parte contributiva, moltiplicando il montante individuale dei contributi per un coefficiente di trasformazione più favorevole, che coincide con quello previsto per l’età anagrafica utile all’accesso alla pensione di vecchiaia della generalità dei dipendenti pubblici.
L’articolo 2, con lo scopo di mantenere il necessario adeguamento del coefficiente introdotto per il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico rispetto alla generalità del pubblico impiego, prevede un aggiornamento automatico in caso di rideterminazione dei requisiti anagrafici per l’accesso al pensionamento per la generalità dei dipendenti pubblici, nonché della misura dei coefficienti stessi definiti dalle tabelle di riferimento.
L’articolo 3 individua la copertura finanziaria del provvedimento
Di seguito il comunicato sindacale
Recentemente, in data 15 aprile u.s., i Senatori Roberta Pinotti, Daniela Donno, Maurizio Gasparri, Cataldo Mininno, Fabrizio Ortis e Vito Vattuone hanno presentato il disegno di legge (AS N. 2180), recante “Norme di perequazione previdenziale per il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico”.
Tale disegno di legge, come si legge nella sua relazione, ha “lo scopo di adattare l’attuale
normativa pensionistica alle specificità del personale del comparto difesa e sicurezza”, specificità riconosciuta per legge al Comparto Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico dall’art. 19 della Legge 4 novembre 2010, n. 183.
Il personale appartenente al nostro comparto, nel quale vige un inderogabile limite ordinamentale (60 anni fino alla qualifica di Primo Dirigente/Colonnello e, quindi, la quasi totalità degli appartenenti) risulta da sempre penalizzato rispetto al coefficiente di trasformazione, introdotto con la Riforma Dini (Legge 335 del 1995), il cui parametro aumenta in proporzione all’età di pensionamento.
Inoltre, fino al 2011, il coefficiente di trasformazione è stato parametrato fino al limite pensionistico della generalità dei dipendenti pubblici (65 anni) e successivamente, in forza delle
modifiche introdotte dalla riforma Fornero (D.L. 6 dicembre 2011 n. 201), al limite pensionistico di 70/71 anni, con un’ulteriore penalizzazione. All’atto pratico, con il sistema contributivo, l’importo annuo lordo del trattamento pensionistico si ottiene moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione, con una evidente penalizzazione per gli appartenenti al nostro comparto.
Come si può desumere dalla predetta tabella e come riportato anche nella relazione al DDL 2180, il vigente limite ordinamentale (cd “vecchiaia”) per gli appartenenti al comparto Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico, fissato per legge per la quasi totalità e in ragione della peculiarità delle
funzioni svolte a 60 anni, produce una evidente penalizzazione, ancor più aggravata dal mancato avvio di alcuna forma di previdenza complementare per il personale in questione.
Tutto ciò premesso, siamo ad auspicare l’approvazione del DDL AS 2180, attualmente assegnato in sede redigente alla 11a Commissione, con pareri anche della 1a, 4a e 5a Commissione, al fine di poter perequare il trattamento pensionistico delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e dei Vigili del Fuoco.