PENSIONI, STOP DELLE RIVALUTAZIONI FINO AL 2021. ECCO COME FUNZIONA
Durerà un triennio, fino al 2021, ma garantirà oltre dieci miliardi di risparmi in dieci anni. Il nuovo schema di rivalutazione delle pensioni che scatterà a gennaio sale a sette fasce, rispetto alle quattro attuali, con la conferma della copertura al 100% per gli assegni fino a tre volte il minimo (1.521 euro mensili).
La misura, prevista nel maxiemendamento alla manovra, arriva dopo sei precedenti blocchi, uno dei quali giudicato incostituzionale nel 2015. Al termine del triennio, la schema dovrebbe decadere per tornare alle tre fasce previste dalla legge 388/2000. Ma dai sindacati arriva subito uno stop contro quello che viene ritenuto un taglio al potere di acquisto dei pensionati.
Insieme con il taglio alle pensioni elevate (circa 24mila soggetti, cui si dovrebbero aggiungere altri 1.600 pensionati l’anno nei prossimi cinque anni) la misura dovrebbe garantire una compensazione parziale (non più del 10%) alla nuova spesa innescata con “quota 100”. Il fondo previsto dalla legge di Bilancio dopo la correzione governativa della settimana, cifra 4 miliardi nel 2019, 8,3 miliardi nel 2020 e 8,7 miliardi nel 2021. Per conoscere lo schema attuativo delle nuove pensioni di anzianità bisognerà aspettare il decreto di gennaio, che porterà anche le proroghe di Opzione donna e Ape sociale per un altro anno. Stando agli impegni governativi l’uscita con 62 anni e 38 di contributi minimi partirebbe ad aprile con una finestra mobile di tre mesi per dipendenti privati e autonomi e di sei mesi per gli statali.
Pensioni, ecco come cambiano con i sette scaglioni di rivalutazione
Tornando alle nuove rivalutazioni, la Relazione tecnica che accompagna il maxiemendamento informa che il nuovo schema di indicizzazione raffreddato riguarderà la maggioranza delle pensioni vigenti, vale a dire il 58,6%. A queste si aggiungerà buona parte di quelle dei “quotisti”, almeno 3.500 dei quali, secondo l’Inps, avrà un assegno lordo superiore ai 100mila euro e, dunque, debutterà con il taglio orizzontale di solidarietà. Nel maxiemendamento, che nella serata di ieri era ancora atteso dall’Aula del Senato, dovrebbe essere inserita la mini-flat tax al 7% quinquennale per favorire il trasferimento nelle regioni del Sud di pensionati stranieri.
Venerdì il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, intervistato a Radio24 ha difeso il prelievo di solidarietà sulle pensioni elevate: «si tratta di un provvedimento temporaneo, anche perché se non lo fosse sarebbe incostituzionale – ha affermato -. Si chiedono un po’ di sacrifici ma non molti. Quando si fa una redistribuzione del reddito, siccome non si creano soldi dal nulla, bisogna fare una scelta politica». Il taglio riguarda la parte retributiva degli assegni e non toccherà le invalidità, i trattamenti pensionistici riconosciuti ai superstiti e i trattamenti riconosciuti a favore delle vittime del dovere o di azioni terroristiche.
Contro le nuove indicizzazioni all’inflazione, si diceva, si sono schierati i sindacati. «Dopo oltre 6 anni di blocchi, la rivalutazione delle pensioni è una questione di equità, che il Governo deve garantire. Da uno studio della Uil si evince che, per una pensione lorda pari a 6 volte il minimo, la mancata ripresa dell’indicizzazione si traduce in una perdita di 167 euro annui dal 2019 e per il resto della vita del pensionato» ha dichiarato Domenico Proietti, segretario confederale Uil. È «inaccettabile ridurre la rivalutazione delle pensioni per finanziare altre misure» e per questo «siamo pronti alla mobilitazione per cambiare la norma» hanno dichiarato Annamaria Furlan e Gigi Bonfanti, segretaria generale della Cisl e segretario generale dei pensionati della Confederazione di via Po. Anche lo Spi Cgil, in una nota, parla di mobilitazione:«i pensionati faranno sentire la propria voce per denunciare l’ipocrisia del Governo che con una mano sembrerebbe dare ma con l’altra certamente toglie». (Fonte il sole 24ore)