Omicidio Niccolò Ciatti, il ceceno Bissoultanov condannato a 23 anni
Per l’omicidio di Niccolò Ciatti, il 22enne di Scandicci (Firenze) morto in Spagna nel 2017 a causa di un calcio alla testa ricevuto senza alcun motivo durante una serata in una discoteca spagnola, il ceceno Rassoul Bissoultanov è stato condannato a 23 anni. La decisione dei giudici arriva, nell’aula bunker di Rebibbia, dopo tre ore di camera di consiglio. Bissoultanov, già condannato in Spagna a 15 anni per l’omicidio volontario del giovane, risulta latitante. Per questo efferato omicidio il pm aveva chiesto l’ergastolo.
I giudici hanno ribadito l’accusa di omicidio volontario ma hanno escluso nei confronti dell’imputato, attualmente latitante, le aggravanti.
Il padre: “Contro Niccolò una crudeltà unica”
“E’ stata riconosciuta una pena di 23 anni. Sicuramente non è l’ergastolo che pensavamo potesse arrivare per questo assassino. E’ sicuramente una condanna più significativa di quella spagnola. Credo che la corte abbia riconosciuto della attenuanti che sinceramente comprendo poco”. Lo ha Luigi Ciatti, padre di
Niccolò, dopo la sentenza. Trattenendo le lacrime a stento ha spiegato: “Quello che Bissoultanov ha fatto nei confronti di Niccolò credo sia di una crudeltà unica. Con quel calcio lo ha volutamente colpito per uccidere. Questo è il nostro pensiero fin dal primo giorno, da quando abbiamo visto quel video e dobbiamo continuare a cercare di fare quello che è giusto, cioè dare giustizia a Niccolò”.
Quindi Luigi ha detto: “Valuteremo se presentare un ulteriore ricorso anche qui in Italia come stiamo facendo in Spagna. Tanto la nostra non e mai soddisfazione né contentezza. Il vero condannato, innocente, è stato in primo luogo mio figlio e di conseguenza noi che sopravviviamo a lui con quella amarezza che può avere solo un genitore che perde un figlio”.
Pm: “Ergastolo è l’unica pena che merita”
“Condannare all’ergastolo Rassoul Bissoultanov per l’omicidio di Niccolò Ciatti. Riconoscere la penale responsabilità dell’imputato e comminare il massimo della pena, quella dell’ergastolo. E’ l’unica pena che merita. Questo non restituirà Niccolò ai genitori, ma ci darà un senso di giustizia. Non dovrete concedere circostanze attenuanti”. Questa la conclusione della requisitoria con cui il pm Erminio Amelio si è espresso davanti ai giudici della corte d’assise della Capitale.
“Quella notte picchiavano come forsennati”
Il pm Amelio nella sua arringa aveva ripercorso quanto avvenuto nella discoteca di Lloret de Mar (Spagna) in cui fu colpito Niccolò. “Sia Bissoultanov che gli altri suoi compagni ‘picchiavano come forsennati’ hanno spiegato più testi. I ceceni hanno usato ‘forza disumana’, una ‘violenza cieca che distribuivano a destra e manca’”. Il pubblico ministero ha poi spiegato: “I testi sono attendibilissimi. Le loro dichiarazioni sono genuine, dettagliate, circostanziate. Riportano fatti accaduti sotto la loro diretta percezione. Non hanno parlato per fare un piacere a Niccolò o ai suoi genitori. Hanno parlato per amore della verità”.
E “gia’ questo racconto dei testimoni basterebbe per fondare una sentenza di condanna”, ma il video del circuito interno alla discoteca è talmente eloquente che non lascia dubbi”. Il magistrato aveva poi invitato a guardare le immagini leggendo insieme le testimonianze. “C’è una totale sovrapposizione, è lo stesso film”. Bissoultanov, comunque, ha agito come “un toro impazzito, con lo sguardo fuori dalle orbite”. Ed il calcio dato alla testa di Niccolò quando il giovane di Scandicci era già a terra, è stato sferrato con il collo del piede, con cieca ferocia ed una tecnica tipica da combattimento Mma”.
Niccolò non aveva fatto nulla
Il pm Amelio ha ricordato che agli atti del processo ci sono documenti che comprovano come Bissoultanov fosse un atleta di lotta Mma. “Lui ne era cultore e praticante di questa tecnica di combattimento”, ha aggiunto. “Un suo allenatore ha spiegato che l’imputato era un un ottimo atleta, ed non aveva potuto partecipare alle Olimpiadi per la Francia a causa di problemi connessi alla cittadinanza”. E la vittima cosa ha fatto? – si è chiesto Amelio – “Niccolò ed i suoi amici avevano bevuto solo qualche bicchiere, ma il valore dell’alcool nel sangue permetteva di guidare tranquillamente. E va sottolineato, guardando il video del pestaggio, Niccolò Ciatti non ha insultato o aggredito nessuno. Non era ubriaco o sotto l’impulso di sostanze stupefacenti”.
“Il ceceno ha volutamente colpito alla testa per fare male”
“L’imputato ha voluto uccidere? Il calcio sferrato è stato assolutamente gratuito. Niccolò era inerme a terra. Perché gli ha datto un altro calcio? Perché alla testa? Andate a vedere il fermo immagine. Perché quel calcio alla testa esprime la precisa volontà di fare male. Andate a vedere quelle immagini nella loro crudezza”. Poi ha sottolineato: “La volontà di fare male si capisce anche dal tentativo di litigio con gli addetti alla sicurezza del locale. Quel calcio è un gesto definitivo”.
“Niccolò ucciso come Willy”
“L’imputato voleva uccidere Niccolò, io una risposta me la sono data. Nell’imputato c’era la volontà di realizzare in concreto quello che è avvenuto. Anche sotto la formula del dolo eventuale, Bissoultanov ha accettato il rischio che con la sua condotta si potesse verificare”. Il magistrato ha poi ricordato il caso di Willy Monteiro Duarte. “Anche lui è stato vittima di una azione violenta, in un pestaggio, e con colpi preparati grazie alla tecnica Mma”.
ci hanno condannato a 23 anni di reclusione Bissoultanov per aver ucciso il 22enne nel 2017. L’uomo era già stato già condannato in Spagna in appello a 15 anni. Dopo la sentenza aveva fatto perdere le sue tracce ed è ancora latitante.
Niccolò Ciatti è stato ucciso nella notte tra l’11 e il 12 agosto 2017 fuori da una discoteca di Lloret de Mar, in Spagna. Rassoul Bissoultanov, l’uomo giudicato colpevole di aver ucciso il 22enne di Scandicci, era stato già condannato a 15 anni di reclusione in Spagna. Ma dopo la prima sentenza ha fatto perdere le sue tracce ed è latitante.
La sentenza
La decisione dei giudici della Corte d’Assise di Roma arriva dopo tre ore di camera di consiglio. Per Bissoultanov, condannato a 23 anni di reclusione, il pm Erminio Amelio, al termine della sua requisitoria nell’aula bunker di Rebibbia, aveva sollecitato la condanna all’ergastolo per omicidio volontario.